mercoledì 4 marzo 2009

Luca Ricolfi: Un assegno che non piace ai politici

Luca Ricolfi sulla Stampa di oggi; il titolo forse non rende giustizia all'articolo che consiglio di leggere integralmente; non si parla di tutti i "politici" e non solo di essi, in realtà.
Comunque la provocazione e lo stimolo a riflettere sono interessanti
Ciao
Francesco Maria Mariotti
http://mondiepolitiche.ilcannocchiale.it/

"(...) In tutta questa discussione, però, resta in ombra - almeno nel dibattito politico - un punto a mio parere assolutamente centrale, e cioè che in gioco non ci sono solo una decina di miliardi di euro (le valutazioni del costo della riforma oscillano fra i 5 e i 15 miliardi di euro) ma anche un principio di enorme portata psicologica: l’automatismo o la discrezionalità del sostegno. Attualmente buona parte dei cosiddetti ammortizzatori si attivano e si prorogano in base a scelte discrezionali della politica, come risultanti di complessi negoziati fra sindacati, Confindustria, governo, amministrazioni locali. Inevitabilmente tali scelte premiano gli attori e i territori forti a discapito di tutti gli altri. Proprio per questo il sistema attuale non dispiace alla politica, intesa in senso lato, e penalizza enormemente gli attori deboli: giovani precari, artigiani, piccole imprese e loro dipendenti. Il sistema alternativo, ossia quello dell’assegno unico e automatico per tutti coloro che hanno perso un precedente lavoro, ha invece il grande vantaggio di codificare un diritto individuale che non andrebbe negoziato con nessuno, e quindi toglierebbe molto potere alle istituzioni e alle lobby che - aprendo e chiudendo infiniti tavoli di trattativa - amministrano l’esistenza dei lavoratori, per lo più tutelando i forti e dimenticando i deboli. Ma c’è un altro preziosissimo vantaggio del sistema dell’assegno unico e automatico: rendendo universale e certo il godimento del beneficio in caso di necessità, l’assegno unico contribuirebbe a ridurre l’incertezza delle famiglie, ossia una delle cause che oggi deprimono la fiducia e per suo tramite i consumi.

Che fare, dunque? Una modesta proposta potrebbe essere questa. Governo e opposizione si diano un termine certo, per esempio il 30 settembre di quest’anno, per approvare in Parlamento un disegno di legge condiviso per il riordino e l’unificazione degli attuali ammortizzatori sociali (molti progetti esistono già, si tratta solo di integrarli e soprattutto di scrivere le norme attuative, fondamentali se non si vuole che l’entrata in funzione vada alle calende greche). Quanto al finanziamento del nuovo istituto, la base minima potrebbe essere costituita dalla somma dei costi degli istituti pre-esistenti, pari a parecchi miliardi di euro. Il resto sia tratto dalla riforma della previdenza, in una misura che potrà aumentare man mano che ci decideremo a ritoccare il nostro sistema previdenziale, rendendolo più sostenibile. Se una certa riforma fa risparmiare la cifra X, mettiamo quella cifra nel «salvadanaio» del nuovo assegno di disoccupazione. Gli iperprotetti pagheranno qualcosina, ma in compenso giovani e fasce deboli avranno finalmente un minimo di tutela.

Naturalmente non se ne farà nulla, perché politici, amministratori locali, sindacati vari preferiranno continuare a sedersi intorno a un tavolo per negoziare tutto. Ma è bello qualche volta immaginare di vivere in un mondo diverso da quello reale. Un mondo in cui la politica, che proprio grazie alla crisi vede continuamente crescere il proprio potere, sia capace anche - per una volta - a fare un piccolo passo indietro. Per il bene dei più indifesi, e forse persino per il bene della politica stessa."

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