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Due liste per due progetti politici diversi
di Arturo Scotto*
Lun, 09/03/2009 - 22:54
Ho partecipato all'assemblea promossa da Ferrajoli, Marcon ed altri sabato mattina a San Bartolo a Cintoia. Una riunione convocata in seguito ad un appello che chiedeva ai partiti di sinistra di fare un passo indietro rispetto ai processi politici avviati e promuovere una lista unitaria di tutti.
Il ragionamento di base era: la costituente dei comunisti di Ferrero come la futura Sinistra per la Libertà rischiano di non superare lo sbarramento del quattro per cento, privando anche il parlamento europeo di una rappresentanza istituzionale della variegata galassia della sinistra italiana. Suggerimento saggio, ma fuori tempo massimo. Ferrero ormai viaggia spedito verso la costituente dei comunisti.
Il massimo dell'apertura che propone è una lista con coloro che aderiscono a sinistra europea. Fuori i verdi, fuori i socialisti europei. Scelta legittima, ma che si assume la responsabilità di una divisione storica. Tuttavia, il tema non è questo: mi pare che l'analisi dei firmatari dell'appello per le europee non guardi in faccia la crisi che ha attraversato la sinistra all'indomani delle europee. Ciò che ha diviso quelle forze non è la malattia atavica della frammentazione, piuttosto una diversa lettura della sconfitta. E conseguentemente progetti politici che si sono rivelati - almeno in questo
passaggio - inconciliabili. Chi brandisce l'identità come un vessillo immodificabile e chi ha scelto di buttarsi in mare aperto, scommettendo su un nuovo soggetto politico della sinistra. Mi sembrano sfide non di poco conto. Lo ha detto anche Nichi Vendola intervenendo all'assemblea: il presidente della Puglia, che pure ha auspicato un largo accordo elettorale, ha definito la cifra nuova della sinistra come qualcosa che si pone il problema dell'orizzonte nuovo che si è aperto con la presidenza Obama. Puoi anche dichiararti comunista, ma se non scegli di confrontarti con la modifica degli assetti politici del mondo, le spinte che vengono dalla Cgil per la difesa della civiltà del lavoro, il grande tema dell'ambiente e della difesa della biosfera non vai da nessuna parte.
Paul Ginsborg in un intervento assai applaudito si è richiamato al cammino della nonviolenza intrapreso da Rifondazione di Bertinotti ed ha aggiunto che è necessario più che mai mettere mano ad un decalogo dei valori della sinistra. Tra cui il primo e necessario è riprendere la pratica della tolleranza reciproca e dell’ascolto.
L’assemblea è scivolata via su un equivoco: la completa rimozione del dibattito in campo dentro e fuori le forze politiche. Qualcuno ha detto che le due liste sono un ricatto sugli elettori. Quei milioni di elettori che non condividono la divisione e rischiano di astenersi. Credo che gli elettori in realtà vogliano chiarezza piuttosto che un guazzabuglio di sigle che si uniscono al puro scopo di salvare se stessi. E partecipazione. Su questo punto l’elaborazione avanzata soprattutto da Marcon e Pianta è apparsa convincente. Ha ragione il presidente di Lunaria quando dice: attenzione, l’antipolitica si annida anche e soprattutto nel popolo di sinistra e non bisogna sottovalutarne gli effetti. Diamanti ha parlato di esuli del Pd, di sicuro gli esuli della sinistra sono tanti di più. Insofferenti verso le liturgie, allergici alle formule ritrite della politica organizzata. E soprattutto molto più esigenti nei confronti dei propri dirigenti. Esigenti sulla qualità della democrazia interna a quei partiti ( anche se puo’ apparire una parola grossa…), molto sensibile rispetto alla sobrietà di chi ha un ruolo istituzionale. Torna il tema che ha sempre attraversato la sinistra: come evitare che si scavi un fossato enorme e incolmabile tra dirigenti e diretti. Su questo Marcon ha concluso chiedendo un passo indietro ai soggetti politici in campo, una reale apertura delle liste alla società ( non attraverso una semplice cooptazione di indipendenti di sinistra) e un modo di comporre le stesse partecipato e democratico. Cosa che mi sono permesso di sostenere, avanzando la proposta di sottoporre ad una consultazione del territorio almeno i due terzi delle liste. Concludendo, Marcon ha ribadito l’esigenza di attendere ancora, di prendere tempo per un estremo tentativo unitario, di cui i firmatari dell’appello si sarebbero fatti promotori nei prossimi giorni.
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