lunedì 2 marzo 2009

Elettra Deiana: il capo, il corpo, le donne

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Il capo, il corpo, le donne
Elettra Deiana
1° marzo 2009

Il capo del governo italiano ha veramente sussurrato al presidente Sarkozy la frase:“Ti ho dato la tua donna”? L’ha sussurrata, se stiamo all’imbarazzo manifestato dal presidente francese, ma non importa che l’abbia detta veramente. E’ importante che Canal Plus abbia interpretato in quel modo il labiale del fuori onda e abbia sparato la notizia. E che la frase abbia fatto il giro del mondo, sia entrata nelle case degli italiani, si sia aggiunta alla lunga filiera di spiazzamenti semantici che costellano la carriera di vittorioso imbonitore della politica del premier. Berlusconi è proprio questo: un vittorioso imbonitore della politica, iper moderno e post moderno, che, a dispetto di quello che appare, studia ogni mossa, ogni uscita, ogni frase, come in una partita di scacchi. Non sono lapsus, i suoi. Sono mosse.
Nel coinvolgimento mediatico della first Lady francese, di nascita e famiglia italiana, si è manifestato prepotente uno degli ingredienti principali della strategia di potere di Silvio Berlusconi: l’appeal del maschio che dispone di un parterre di donne, che ha a disposizione delle donne. L’attenzione che il cavaliere dedica all’esibizione di sé come esponente di sesso maschile della politica e il modo come tratta le donne sono aspetti che non possono essere catalogati nel capitolo della perdurante tradizione machista. E’ fuorviante pensare a un retaggio della misoginia nostrana o dell’italico gallismo di altri tempi, vista l’età anagrafica del personaggio. Oppure alle cadute di stile di un inguaribile gaffeur. Silvio Berlusconi è invece un maestro della messa in scena degli dispositivi fisici e simbolici che servono al potere; un maestro della costruzione di scenografie mediatiche atte a evocare e suggerire la potenza del potere, mobilitando fantasia e immaginario. Il suo corpo è al centro del gioco e sesso e donne rientrano in questo gioco, con un ruolo di primo piano. Il corpo sessuato del capo, i suoi attributi sessuali, i suoi camuffamenti evocativi di una giovinezza che non c’è più ma non importa, ci sono altri mezzi per far credere che ci sia: tutto questo è alla base del mix di suggestioni ancestrali e input iper moderni su cui Silvio Berlusconi ha costruito e reitera in continuazione, come in una galleria di specchi all’infinito, l’immagine di sé. Un capo a cui tutto è consentito.
Dall’altra parte le “sue” donne, amanti, veline, ministre e quant’altro. Purché “sue” donne, donne a disposizioni. A chi, se non a uno che ha questa concezione del potere e sa il significato che un messaggio intriso di allusioni sessuali assume, potrebbe venire in mente di suggerire a una sconosciuta di risolvere i suoi problemi occupazionali sposando un milionario? Così, in diretta, come se nulla fosse. A chi, se non a lui, potrebbe venire in mente la frase – ingiuriosa come poche - di far accompagnare ogni bella donna da un militare? A chi se non a lui è consentito di scribacchiare bigliettini amorevoli con permessi di uscita a parlamentari di sesso femminile che lui ha portato alla Camera? E vi ricordate il caso della presidente finlandese, quasi un incidente diplomatico? E il corpo “fertile” di Eluana Englaro? Ma non c’è nulla di casuale nelle uscite di Silvio Berlusconi. E’ una scuola di “capismo” politico, la sua. “Capismo” non leaderismo, stiamo attente. Un capo è un capo. Volete mettere col leader? Un capo deve essere gagliardo nel corpo, disinvolto nell’aspetto, camuffato e imbellettato come un giovane, anche se l’età, se fossimo al tempo del politically correct, dovrebbe suggerire un altro stile. Potente sessualmente: questo è il messaggio. Altrimenti che capo è? Non importa poi che lo sia veramente. Si serve spudoratamente delle donne proprio per suggerire qualcosa che ha a che vedere con la prestanza fisica. Parla liberamente, come se le donne fossero materia sua. A disposizione, appunto.
Parla in modo da suggerire collegamenti tra quel parlare e le sue perduranti doti fisiche. Berlusconi è il Capo che cambia le regole del gioco, i presupposti del senso comune, le coordinate dei cerimoniali, la buona educazione istituzionale. “Capismo”, appunto, altrimenti che capo sarebbe? Politicamente non corretto? Il problema non esiste, perché lui è ben oltre, lui ha spiazzato la tradizionale grammatica della politica, tra cui il politically correct, e le pesanti sgrammaticature del suo stile appaiono pacchiane e insopportabili solo a chi, come noi, pensa ancora alla politica come strumento di civilizzazione delle relazioni umane. Palazzo Chigi ha smentito che il capo del governo italiano abbia sussurrato al presidente Sarkozy la frase incriminata su Carla Bruni. Anche questo fa parte del gioco di decostruzione delle regole e di costruzione di un set mediatico dominato dalla figura del capo. Che dice, non dice, lascia intendere, segna il territorio. A quanti nostri “connazionali” lo stile dà fastidio?
Paola Concia, deputata del Pd e Donata Gottardi, europarlamentare dello stesso partito, hanno deciso di citare in giudizio presso la Corte europea dei diritti umani il capo dell’esecutivo italiano. La denuncia è motivata con “le continue e ripetute dichiarazioni di disprezzo sulla vita e la dignità delle donne”.
Un decisione tipica di quel politically correct che oggi arriva fuori tempo massimo e che di suo ha avuto sempre molti limiti. La legge Alfano poi protegge il cavaliere nella sua funzione di capo del governo e gli sherpa di Berlusconi, di stanza a Palazzo Chigi, bonificano in continuazione il territorio dagli incidenti diplomatici del capo. Ho detto che cosa? Ma che dite mai? Ho detto esattamente il contrario. Il vostro è soltanto antiberlusconismo di maniera. Così vanno le cose. Ma, soprattutto, siamo proprio in un’altra epoca storica. O no? Comunque onore al merito delle due parlamentari che perlomeno hanno preso posizione sul “caso Brunì”

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