lunedì 5 gennaio 2009

Ziparo: l'urbanistica da bonificare

L'urbanistica da bonificare
Data di pubblicazione: 04.01.2009

Autore: Ziparo, Alberto

Firenze e l’emergere di una profonda incultura dell’attuale ceto politico italiano, di tutti gli schieramenti, rispetto ai modelli di sviluppo. Il manifesto, 4 gennaio 2009 (f.b.)

Lo «scandalo» urbanistico di Firenze era prevedibile: troppe le scelte discutibili negli ultimi tempi. Il nuovo strumento urbanistico, il Piano strutturale, e diversi grandi progetti (ipermercati, aree commerciali, poli turistico residenziali, infrastrutture) non solo non rispondono alle domande sociali e ambientali della città, ma appesantiscono i problemi sul campo; come gli urbanisti della locale Università hanno illustrato nella rivista del dipartimento, Contesti. L’ex assessore comunale al ramo, tra i primi dimissionari all’esplodere dell’inchiesta, qualche mese fa apostrofava impudentemente tutto ciò come «bischerate! ». Si è anche formulata una teoria ad hoc, distorta, dello sviluppo fiorentino per giustificare una serie di macrostrutture per lo più turistico terziarie e, per l’alta velocità, il megatunnel e la grande stazione.
A fronte di un passaggio assai difficile e problematico per il sistema economico-finanziario internazionale appare, infatti, inspiegabile - secondo criteri di accettabile razionalità tecnica, programmatica e sociale - la «febbre veteromodernista» che sembra aver «investito i sistemi decisionali regionali e comunali, toscano e fiorentino».

Le ultime vicende dimostrano che questa è una pericolosa illusione, oltre che uno strumento per accentuare l'ingovernabilità del sistema socio-economico e per favorirne il crescente controllo da parte delle grandi lobby finanziarie e speculative. In questa logica si inquadra la necessità di puntare sul turismo «a alta intensità di consumo» e sulle opere pubbliche(!) per rispondere alla crisi del secondario e del terziario - settori portanti dell'economia regionale e metropolitana nel recente passato. Tale modello si istituzionalizza e informa addirittura i diversi strumenti di programmazione - tra cui il Pit e la Pianificazione locale, strutturale e strategica - e appare sbagliato. Specie per una realtà come quella toscana e fiorentina in cui - nell'era della sostenibilità e dell'high tech - sembra logico che si debba puntare sulle peculiarità esistenti - arte e scienza, storia e cultura, turismo ecosociale e paesaggio - per prospettare un'economia sostenibile e una società vivibile.
La proiezione spaziale dell'aporia economica rappresentata dal modello «Rimini più Gioia Tauro» - turismo di consumo e opere pubbliche - proposto per città e regione, comporta grande consumo di suolo e alto impatto ambientale, con intasamenti per comparti urbani già congestionati. Le «grandi opere», impattanti quanto avulse dal tessuto urbanistico, rappresentate emblematicamente anche dal sottoattraversamento, trascinano una serie di trasformazioni di aree, soprattutto ex ferroviarie e prossime alla linea (così «valorizzate»): contenitori che ampliano cementificazione e volumi edificati, inducendo degrado ulteriore nell'assetto territoriale, paesaggistico e ambientale dell'area metropolitana. Laddove servirebbero reti di verde e sostenibilità, per legare strutture culturali, artistiche a luoghi «cospicui» della città e avviare la ricomposizione del paesaggio urbano nonché la riqualificazione urbanistica dell'assetto.

Il suggello di queste tendenze critiche è rappresentato dalla proposta di nuova variante al piano strutturale per cancellare il parco di Castello, un'area di cerniera e di riequilibrio ambientale, strategica per le relazioni tra la città e il suo hinterland e per ridare «senso estetico e funzionale» all'espansione diffusa verso Sesto e dintorni.
Gli attuali problemi amministrativi possono fornire l'occasione per una svolta, a patto che essa muova dall'abbandono di scelte che sembrano dettate da una logica opposta a quella della corretta programmazione e appaiono spiegabili solo da esigenze evidentemente estranee alla buona gestione della cosa pubblica. La bonifica urbanistica può prospettare un orizzonte politico di nuovo attento ai bisogni della città.

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