Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
sabato 19 luglio 2025
Franco Astengo: Modernità e concezione del potere
MODERNITA' E CONCEZIONE DEL POTERE di Franco Astengo
Lo scontro aperto tra il Governo e la Magistratura rappresenta in questo momento il punto più delicato emergente dalla crisi della nostra democrazia costituzionale e dal presentarsi di quello che potremmo definire tranquillamente "spostamento a destra" del contesto istituzionale.
Altri elementi appaiono di fronte stridore in un contrasto che oltrepassa il riferimento politico e investe in pieno quello ideologico sul terreno della concezione dello Stato: ad esempio quello dell'educazione.
Da qualche parte nell'affrontare questo tema della concezione dello Stato si tende ad assimilare l'iniziativa della destra oggi al governo in Italia ad un classico "ritorno all'indietro" analizzando i fattori (che pure si presentano studiando i diversi passaggi) che ci richiamano alla tradizione politico - culturale patrimonio del partito di maggioranza relativa: quella del fascismo (anche se qui ci sarebbe da distinguere essendo la matrice missina legata alla Repubblica di Salò mentre nell'immaginario del partito di maggioranza relativa si sommano altri elementi abbastanza inquietanti come quelli esoterici).
Per affrontare questo stato di cose non basta però riflettere sul presentarsi di elementi di indubbio "pragmatismo di governo" intesi quali punti di contrasto con una visione rivolta all'indietro accreditando così l'azione di governo alla "modernità" e relegando in secondo piano la visione ideologica.
Il punto di partenza per un ragionamento di merito riguarda proprio la Magistratura che ha svolto sempre di più funzioni di supplenza al riguardo della determinazione degli equilibri politici e degli stessi orientamenti legislativi, intervenendo addirittura su temi di diretta pertinenza al riguardo delle fonti stesse di legittimazione delle sedi legislative: si pensi al tema della legge elettorale senza addentrarci in temi di stretta attualità.
Inoltre i confini del potere politico appaiono confusi rispetto a quelli del potere economico: su questo punto è avvenuto, sempre per restare nell’ambito dell’Occidente e ancor più in specifico del “caso italiano”, una surrettizia (e non completata) “cessione di sovranità” verso le istituzioni monetarie e finanziarie dell’Unione Europea (queste, tra l’altro, prive di una legittimazione politica complessiva che dovrebbe essere proprietà soltanto del Parlamento Europeo, provvisto però di una capacità d’incidenza concreta molto limitata, come abbiamo ben verificato nel corso degli ultimi episodi di fortissima crisi internazionale).
Questa labilità dei confini tra l'economico e il politico è tra l'altro tra le cause di una situazione post-globalizzazione che sta generando quella realtà contrassegnata da eventi bellici e di nuova guerra commerciale che troviamo all'ordine del giorno.
Uno spunto di riflessione ulteriore può essere suggerito, a questo punto, da un aggiornamento d’analisi al riguardo della teoria della “microfisica del potere” elaborata a suo tempo da Michel Foucault per rispondere proprio all’evidenziarsi di quella “confusione tra i poteri” cui si è appena accennato.
La teoria del filosofo francese considera il potere come una risorsa che circola attraverso un’organizzazione reticolare.
Il potere non si concentra più al vertice ma si disperde nella società attraverso gli individui: è la tesi della “inflazione del potere” cui Luhmann risponde considerandola come fonte dell’ingovernabilità con la teoria della riduzione del rapporto tra politica e società, e di conseguenza con una sorta di ritorno a forme “decisionistiche” di tipo quasi assolutiste.
Si tratterebbe in sostanza di prendere atto della necessità di un potere sovraordinato rispetto al venir meno di confini netti tra potere economico, politico, ideologico, tra poteri costituenti e poteri costituiti oppure ancora tra esecutivo, legislativo, giudiziario.
Sorge però a questo proposito una domanda cruciale: come potrà costituirsi, nel concreto, questo potere sovraordinato?
Una possibile risposta può venire proprio dall’analisi dell’attualità del caso italiano.
La risposta può venire dalla finzione, dalla messa in scena di un potere esclusivamente immaginario esercitato in via personale da un attore capace di interpretare il flusso degli strumenti mediatici (orientati, tra l’altro, sempre più verso il consumo individuale di notizie e di fittizi rapporti sociali e di trasmissione di idee).
Nel "caso italiano" è già stato tentato (e fallito) il salto diretto dalla presidenza del consiglio a quella della repubblica che potrebbe essere ritentato nella prossima occasione utile considerate le difficoltà che l'ipotesi di premierato sta incontrando sia nelle valutazioni di merito sia sul piano più propriamente politico.
Il punto di una possibile saldatura nell'azione di governo tra una sorta di "ideologia dell'immaginario" e un "pragmatismo della modernità" si troverebbe invece in un cambiamento radicale nella concezione del potere rispetto alla tradizione liberale: ed è un punto di assoluta pericolosità per l'avvenire della democrazia ( nella fattispecie di quella repubblicana sancita dalla Costituzione del 1948).
Forse vale la pena riflettere al meglio su questi elementi di novità al fine di comprendere davvero ciò che sta accadendo attorno a noi.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di attrezzarci al meglio sul piano teorico: sicuramente, sotto quest’aspetto il concetto e la conseguente percezione esterna del potere sono mutati nella valutazione di larga parte dell’opinione pubblica, almeno in Occidente.
Un elemento sul quale, con ogni probabilità, il fattore globalizzazione ha inciso in maniera inferiore rispetto ad altre tematiche come, invece, quelle riguardanti la finanziarizzazione dell’economia, la standardizzazione dei meccanismi comunicativi, l’apertura ai flussi di migrazione: tutti fenomeni che nell’ultimo ventennio hanno registrato un forte incremento nel loro peso specifico sulla realtà politica, economica, sociale.
Nello sviluppo del pensiero umano il concetto di potere è sempre stato suddiviso in “comparti” (per così dire).
Nella modernità attorno al concetto di potere abbiamo trovato espressi fattori come potenza, forza, influenza tutti utilizzati al fine di realizzare il condizionamento sociale per trovare obbedienza a un comando che contenga un determinato contenuto.
Su queste basi era maturato il concetto fondamentale di separazione dei poteri (Locke, Montesquieu, Sieyès) destinata a diventare il cardine dello Stato di diritto.
In particolare l’abate Sieyès, con la sua teorizzazione dei rapporti tra potere costituente e poteri costituiti, pone le basi per la teoria moderna della Costituzione.
Il testo della Costituzione deve essere così inteso come atto normativo mirante a definire e disciplinare la titolarità e l’esercizio del potere sovrano.
Da questa concezione del potere e del suo esercizio che, a questo punto, potrebbe essere definita come “classica” è derivata concretamente l’attuazione del principio della separazione dei poteri: tra potere legislativo e potere esecutivo da un lato, e tra potere giudiziario e potere legislativo dall’altro.
Su questi basi prendeva corpo l’idea della Centralità del Parlamento, che sovraintende – tra l’altro – all’intero impianto istituzionale previsto dalla Costituzione Italiana del 1948.
Oggi, non soltanto in Italia, questo schema si sta rapidamente modificando.
Lo Stato legislativo ha ormai lasciato il posto allo Stato governativo che produce una sorta di “inflazione normativa” nella forma di decreti e decisioni particolaristiche (è sufficiente esaminare il lavoro del Parlamento Italiano nel corso degli ultimi trent’anni).
In questo quadro l'azione del governo di destra trova il suo spazio non semplicemente riferito al"ritorno all'indietro" o a una mera concezione totalitaristica: il tema è quello della "concezione dello stato" e l'opposizione non può limitarsi al semplice terreno politico, occorre "cercare ancora" e molto più a fondo.
venerdì 18 luglio 2025
mercoledì 16 luglio 2025
martedì 15 luglio 2025
domenica 13 luglio 2025
sabato 12 luglio 2025
venerdì 11 luglio 2025
giovedì 10 luglio 2025
Franco Astengo: Cultura e politica
CULTURA E POLITICA di Franco Astengo
Nei giorni scorsi Gianfranco Pasquino attraverso un suo intervento ha risollevato il tema del rapporto tra cultura e politica rivolgendosi alla sinistra italiana nella sua complessità e rilevando un vero e proprio deficit nella riflessione strategica e nella stessa dimensione della ricerca di valori le cause delle imperanti divisioni non risolvibili attraversi meccanismi di alleanza appoggiati semplicisticamente sulla dimensione politicista.
Sulla base di questo importante stimolo abbiamo allora provato ad entrare un poco nel merito della delicata (e annosa) questione.
La sinistra italiana, quella “storica” che aveva contribuito in maniera determinante alla Liberazione e nell’Assemblea Costituente, è stata da molto tempo colpita al cuore da fenomeni di vera e propria involuzione dell'agire politico.
Forze politiche radicate profondamente sul territorio attraverso ramificate strutture organizzate hanno prima ceduto sul piano culturale (pensiamo alla personalizzazione e alle logiche del maggioritario e della governabilità ad ogni costo) e poi su quello concreto della presenza sociale e politica, lasciandosi dietro di sé un vuoto che prontamente, come vogliono leggi immutabili, è stato riempito con i veleni dell'antipolitica e della sua degenerazioni autocratiche, sovraniste, nazionaliste. Veleni cui hanno contribuito il deficit democratico accumulato dall'Unione Europea e l'arretramento delle democrazie liberali nei loro storici "punti alti".
Il fenomeno, naturalmente, come abbiamo già richiamato ha assunto dimensioni sovra-nazionali (anche in conclusione di un ciclo nel corso del quale era stata accelerata l'idea di cessione di sovranità dello stato-nazione) ma nello specifico del “caso Italiano” (quello delle anomalie positive del ’68 più lungo perché intrecciato tra studenti e operai, e della presenza del più grande partito comunista d’Occidente pilastro della democrazia repubblicana) ha palesato una valenza del tutto particolare, al punto da farci pensare dell’esistenza di rischi seri di involuzione autoritaria mentre si evidenzia una "fragilità degenerativa" dell'insieme del sistema politico.
L’aggregazione dei soggetti agenti all’interno delle grandi contraddizioni della modernità ma anche, e soprattutto, da un recupero nel rapporto tra cultura e politica, dalla ricostituzione di un nucleo intellettuale all’altezza e ramificato in vari settori della vita non soltanto del Paese ma a dimensione internazionale.
Un nucleo intellettuale che recuperi l’idea di una politica considerata anche come oggetto di studio e sede di riflessione sulle grandi prospettive epocali, sulla storia, sull’approfondimento del pensiero politico.
Per questo motivo seguiranno considerazioni di merito rivolte proprio all’aspetto dello studio del pensiero politico, invitando coloro che non intendono abdicare dall’impegno nascondendosi (come sempre più spesso purtroppo accade) dalla loro identità a riflettere attorno a questo elemento.
Dalla “filosofia della prassi” gramsciana va ripresa in pieno l’idea di fondo del ruolo dell’intellettuale: “Elemento vitale del partito politico è l'unità di teoria e pratica. Questo, però, non è un problema filosofico ma, una "quistione" che deve "essere impostata storicamente, e cioè come un aspetto della quistione politica degli intellettuali".
Gramsci si pone quindi il problema di elaborare una teoria generale della funzione e del ruolo degli intellettuali (a essa sono dedicate le note raggruppate nel Quaderno 10), il cui concetto principale è quello di "intellettuale organico". Esso sta a indicare che gli intellettuali, contrariamente a come generalmente si autorappresentano, non costituiscono "un gruppo sociale autonomo e indipendente", ma "ogni gruppo sociale, nascendo sul terreno originario di una funzione essenziale nel mondo della produzione economica, si crea insieme, organicamente, uno o più ceti di intellettuali che gli danno omogeneità e consapevolezza della propria funzione non solo nel campo economico, ma anche in quello sociale e politico" (ibid., p. 1513). Le funzioni degli intellettuali sono eminentemente "organizzative e connettive", e dipendono dal ruolo che essi hanno in rapporto al mondo della produzione, all'organizzazione della società e dello Stato.
L’idea allora è quella di lavorare, con tutti gli strumenti disponibili, intorno al rapporto tra cultura e politica, un rapporto che accusa ormai da molti anni un deficit particolarmente vistoso, ridotto all’assemblaggio di un insieme di tecnicismi, in diversi campi da quello accademico per arrivare a quello istituzionale, laddove la politica appare ormai confusa con l’economicismo e con un giurisdizionalismo astratto nell'esercizio del potere.
Tutti questi elementi sono ancora del tutto validi anche in tempi di IA anche se vanno adattati al coacervo di contraddizioni operanti nella modernità che reclamano un mutamento di paradigma rispetto all'idea un tempo prevalente delle "magnifiche sorti e progressive".
Si tratta di partire per una ricognizione di fondo, anche partendo dal proposito di sviluppare una “ricerca di parte”, con l’ambizione di ottenere il risultato di provocare una riflessione complessiva tale da superare le settorializzazioni, gli schematismi oggi imperanti che, alla fine, hanno danneggiato non soltanto la qualità degli studi e delle ricerche, ma soprattutto la qualità dell’“agire politico” in un contesto nel quale
Il riferimento è rivolto a un pensiero politico in grado di esprimere interessi, finalità aspirazioni ben individuabili che, a partire da precisi punti di vista di soggettività determinate, è capace di interpretare le sfide reali della storia, e vi risponde in base a parametri e a esigenze di volta in volta mutevoli.
Serve legarsi a un filo conduttore, coscienti del fatto che ciò non significa che il pensiero politico si sia rivolto sempre ai medesimi problemi attraverso le medesime categorie.
Al contrario è necessario prestare grande attenzione e insistenza nel mettere in luce che, se è vero che i concetti politici sono la struttura-ponte di lungo periodo, l’asse portante della storia politica dell’Occidente (perché è dell’Occidente che si è chiamati a occuparci, sia pure giocoforza) è anche vero che solo le trasformazioni epocali, il mutare degli orizzonti di senso, il modificarsi catastrofico degli scenari sociali e politici, oltre che intellettuali, hanno consentito ai concetti politici di assumere di volta, in volta, il loro significato concreto.
Insomma, è necessario mettere in rilievo che la concretezza del pensiero politico consiste proprio nel fatto che esso aderisce alle drammatiche discontinuità dell’esperienza storica, e anzi le riconosce, le interpreta, le mette in forma.
Probabilmente quello che stiamo attraversando è proprio uno di quei momenti storici.
Si deve avere fiducia, ed è questa l’unica nota di ottimismo permessa, nell’importanza e nell’efficacia formativa della storia del pensiero politico, nel suo senso più vasto.
Si tratta di tornare alla capacità di fornire strumenti per interpretare lo spessore storico e concettuale, per decifrare i momenti di crescita e di crisi, di dramma e di trionfo, di chiusura localistica e di apertura universale della nostra civiltà intellettuale e politica: tutto il contrario dell’impreparazione improvvisata che appare di scena oggi nell’arena del sistema politico italiano.
mercoledì 9 luglio 2025
martedì 8 luglio 2025
Franco Astengo: Socialismo internazionale
SOCIALISMO INTERNAZIONALE di Franco Astengo
Utilizzo senz'altro in modo arbitrario alcuni interventi apparsi in questi giorni e incentrati attorno al tema della forma politica della sinistra in Italia e altrove.
"Domani" ha lanciato un vero e proprio dibattito impostato sulla base di una lettera inviata da Nadia Urbinati e Carlo Trigilia alla segreteria del PD Schlein, cui hanno già risposto Gianni Cuperlo e Andrea Lorenzo Capussela: dibattito nel corso del quale il tema appare essere quello di una visione alternativa da opporre ai demagoghi, reazionari, moderati o populisti che hanno rinunciato al tentativo di invertire il declino economico e civile dell'Italia e da decenni si contendono la prerogattiva di gestire il potere a vantaggio di diversi interessi particolaristici.
Nello stesso tempo dalle colonne del "Manifesto" Luciana Castellina misura da par suo l'andamento di una assemblea nazionale dell'ARCI svoltasi a Padova e rilancia - in sostanza- l'idea del "partito sociale della sinistra".
Mi permetto di collegare a questi due spunti di discussione anche il contenuto di una intervista rilasciata qualche giorno fa sempre al "Manifesto" da Yannis Varoufakis, promotore del movimento Diem25 (in verità l'unico che utilizza il termine "socialista").
Varoufakis accenna all'idea di ricostruire un internazionalismo socialista europeo (un vero e proprio "Socialismo Internazionale") con l'idea di collegare la lotta al riarmo e il movimento pacifista in un quadro complessivo di prospettiva socialista per la quale, però, mi permetto di aggiungere va compiuto almeno sul piano teorico il salto di un mutamento di paradigma inserendo nel concetto di "sviluppo" quello di "limite" (un tema sul quale mi permetto un accenno ma che credo occorrerebbe approfondire) in una visione di "socialismo della società sobria" affrontando sul piano progettuale i nodi della complessità delle contraddizioni post-moderne poste in relazione alla "frattura" dello sfruttamento (del lavoro, del territorio, del genere).
In tempi di guerra la ricerca di uno strumento utile per avviare la discussione farebbe saltare in mente vecchie storie, risalenti addirittura alla prima guerra mondiale con l'opposizione di alcuni dei socialisti di allora (dopo la tregedia del voto ai crediti di guerra dell'SPD e del Partito Socialista Francese e il pratico scioglimento della Seconda Internazionale) e la convocazione delle conferenze di Zimmerwald e Kienthal.
Fin qui soltanto un accenno ad un itinerario (evidentemente impossibile) riferito soltanto per tracciare un solco non soltanto nella memoria, ma riflettendo che tant'è un tasto lo si potrebbe battere nella passività imperante.
lunedì 7 luglio 2025
sabato 5 luglio 2025
venerdì 4 luglio 2025
martedì 1 luglio 2025
Iscriviti a:
Post (Atom)