martedì 10 maggio 2016

Franco Astengo: La politica al capolinea

LA POLITICA AL CAPOLINEA (DEFINITIVO) di Franco Astengo E’ necessario disvelare senza alcun timore la crescita dei sentimenti e degli umori che ormai comunemente sono definiti, con linguaggio giornalistico, dell’antipolitica. Umori e sentimenti che percorrono ormai gran parte della società, grazie ad una forte pressione esercitata attraverso il complesso sistema della comunicazione di massa. Il riferimento di questo intervento, sicuramente molto schematico e succinto, è comunque relativo soltanto alla situazione del sistema politico italiano. Situazione che pure deve essere sempre inquadrata nell’insieme delle difficoltà che provengono dal cosiddetto “vincolo esterno” sia sul piano delle relazioni internazionali che lasciano vedere – nella loro trama – realtà di guerre in via di espansione, sia rispetto alla crisi dell’economia “globalizzata” nel cui quadro si sviluppano fortissime diseguaglianze a tutti i livelli, intese non soltanto in senso quantitativo ma anche qualitativo. Ciò premesso non è possibile sottovalutare la pericolosità degli elementi attraverso i quali si cerca di riempire il vero e proprio vuoto nella capacità di rappresentanza e di costruzione politica e sociale che stanno minando alla base i fattori determinanti della convivenza civile. Un sistema politico quello italiano laddove sfiducia e indifferenza si coniugano strettamente al fine di lasciare spazio da un lato a fenomeni di vera e propria demagogia e dall’altro a sviluppi di pericoloso autoritarismo. Tutto questo ben al di là degli specifici atti istituzionali e politici compiuti dai principali protagonisti di questa rincorsa verso l’abisso della disgregazione. Due soli esempi che riguardano le maggiori forze politiche o almeno quei simulacri di forza politica che si presentano come gli attori capaci di riempire mediaticamente il vuoto cui si accennava. “Forze politiche” che pretendono di esercitare, al centro come in periferia, una governabilità sempre meno considerata, da un gran numero di cittadine e cittadini, come parte della propria vita quotidiana e risolutrice dei problemi politici, sociali, culturali di una società complessa. Una governabilità vista come astrazione dal senso comune. Il primo punto da analizzare riguarda la tendenza (apparentemente inarrestabile) al personalismo e al conseguente superamento delle normali dinamiche istituzionali in funzione del governo. L’emblema di questa situazione in nome delle velocità nelle scelte, è impersonificata da un presidente del Consiglio che ormai usa esclusivamente la TV e i social network come elementi fondamentali d’annuncio non soltanto delle scelte che via via sono compiute, ma proprio dal punto di vista dell’indirizzo politico complessivo, superando di colpo ogni possibilità di dibattito e di confronto. Non bisogna stancarci di denunciare questo dato, anche prendendo atto che la crisi in corso deriva da enormi responsabilità accumulate dai soggetti precedentemente protagonisti del sistema. Il secondo elemento è relativo al dato di pericolosissima demagogia esercitata dall’altro soggetto che contende al Presidente del Consiglio (e ai suoi accoliti) la prospettiva di un potere reso senza contradditorio dai meccanismi elettorali maggioritari e presidenzialisti che reggono il sistema, sia al centro come in periferia. Demagogia allo stato puro (demagogia retta da un demagogo nel senso aristotelico di “adulatore del popolo” come indicato nella “Repubblica") è quella, ad esempio, indicata dal Movimento 5 Stelle in occasione delle prossime elezioni amministrative allorquando, in regime di elezione diretta dei Sindaci, si annunciano bandi pubblici per la nomina degli assessori. Si escludono quindi la competenza e la militanza politica, la sintonia al riguardo di idee collettive: si pensa agli assessori come impiegati del Sindaco (eletti con un meccanismo che, a questo punto, può essere indicato come plebiscitario), revocabili quali semplici funzionari. Non ci si accorge (o non ci si vuol accorgere) di creare a questo modo una nuova casta di sacerdoti difensori dei beni di un Tempio intoccabile. Una nuova casta di mandarini. Una proposta che certamente coglierà nel segno del consenso misurato sulla logica della sottrazione ulteriore nella potestà di espressione democratica realizzata in cambio di un’apparente semplificazione delle procedure. Un prezzo che una parte dell’elettorato residuo accetterà sicuramente di pagare illudendosi così di fronteggiare l’apparente inarrestabile “questione morale”. Si tratta, invece, di una sorta di illusione ottica anche perché così si evita di andare alla radice dei problemi che compongono davvero la “questione morale”, almeno a livello di Enti Locali, le cause risiedono invece nelle logiche perverse delle “partecipate” fintamente agenti in regime privatistico e nelle forme errate di suddivisione tra politica e amministrazione disegnate dalle cosiddette “Leggi Bassanini”: questo soltanto per fare due semplici esempi fra i tanti possibili. Demagogia, personalismo deteriore, sottrazione di democrazia proprio nel senso di ulteriore diminuzione di partecipazione e di rappresentanza politica: sono questi i mali di fondo di un sistema politico che si sta muovendo alla deriva in un mare di pesantissime contraddizioni sociali.

Nessun commento: