martedì 17 maggio 2016

Franco Astengo: Impegno politico, partecipazione elettorale

IMPEGNO POLITICO, PARTECIPAZIONE ELETTORALE di Franco Astengo Il dato della partecipazione al voto costituirà sicuramente, almeno dal punto di vista dell’analisi, l’elemento più interessante di valutazione al riguardo dell’esito della tornata elettorale amministrativa prevista per il prossimo 5 Giugno. Sulla base della quantità dei votanti sarà possibile, infatti, tracciare seriamente una prima “mappa” di previsione in vista del referendum sulle deformazioni costituzionali previsto per Ottobre. Referendum che rappresenta il vero “clou” di questa stagione politica: un appuntamento dal quale può discendere un indirizzo piuttosto che un altro per l’intero sistema politico italiano per un periodo non breve. Un segnale evidente dell’importanza di questo passaggio si è già avuta registrando l’indeterminatezza da parte del Governo nel fissare i tempi di partecipazione al voto: alla fine la scelta è caduta su di un calendario maggiormente restrittivo, concentrando la possibilità di voto nella sola domenica. Nella sostanza 16 ore a disposizione di elettrici ed elettori per recarsi alle urne. Sull’argomento è intervenuto, in questi giorni, l’Istituto IXE analizzando le prospettive di partecipazione al voto, sia in occasione delle amministrative di Giugno, sia del referendum di Ottobre. Secondo le rilevazioni di questo istituto le amministrative, nonostante il gran darsi da fare dei candidati e l’importanza delle città nelle quali si vota, il quadro d’interesse appare molto ristretto: si prevede, infatti, una presenza alle urne attorno al 50% degli aventi diritto. Restando comunque l’Italia un paese molto politicizzato (se non altro per la tradizione derivante dalla fase contraddistinta dalla presenza dei grandi partiti di massa) la previsione è per un innalzamento di questa quota fino al 60% in occasione del referendum sulle deformazioni costituzionali. La ragione di questa crescita deriverebbe, sempre secondo le analisi sviluppate dai ricercatori di IXE, dall’entrata in ballo della questione del governo: nel senso, cioè, del plebiscito invocato – almeno in un primo tempo – da Renzi, sul permanere della sua persona alla guida dell’esecutivo. Una motivazione sottoposta comunque ad alcuni elementi di vera e propria fluttuazione derivanti, prima di tutto, dall’esito delle amministrative stesse e –di conseguenza – dalla probabilità che già s’intravvede di un abbassamento del tiro e di conseguente “declassamento” nella valutazione di importanza dell’esito referendario, da parte degli esponenti di un governo che appare in ogni caso in forte di difficoltà sul piano della tenuta del consenso. Deve essere considerato, inoltre, il dato della commistione tra PD e governo: un fattore che non appare come del tutto positivo, considerato l’alto grado di corruzione presente in molte sedi locali del PD (come dimostrano una serie impressionante di inchieste della Magistratura : magistratura che rimane, comunque e purtroppo, l’unico effettivo contropotere all’interno del nostro ordinamento) e le forti divisioni interne allo stesso partito di maggioranza relativa. Tanto più che, sempre per restare all’analisi dello scenario possibile in vista del referendum, da altre sedi arrivano dati diversi da quelli indicati da IXE: circolano infatti prospetti che segnalano come il 48% circa degli aventi diritto avrebbe già deciso di disertare le urne referendarie e soltanto il 25% sarebbe attualmente nelle condizioni di scegliere tra il Sì e il No. Tutti gli elementi fin qui indicati, che trovano sicuro riscontro nella partecipazione popolare all’evento elettorale in corso laddove l’interesse pare ristretto ai tanti candidati (100.000 in tutta Italia) e ai diversi clan di loro sostenitori e non certo alla grande massa di elettrici ed elettori ridotti piuttosto a spettatori passivi di una molteplice catena di show televisivi. L’inchiesta di IXE tocca però altri punti sui quali vale la pena di riflettere. Soprattutto attorno a tre punti: 1) Il primo riguarda la profondità delle ragioni del non voto: molti, infatti, ritengono che l’offerta politica risulti del tutto insufficiente nello stabilire l’effettiva possibilità che la scelta di un’opzione piuttosto che di un’altra produca effettivo cambiamento. L’offerta politica viene, infatti, considerata omologata nei diversi soggetti che si propongono e non provoca quindi sufficiente reazione. Un elemento, questo, da valutare attentamente, in particolare da parte del M5S che proclama una propria diversità di comportamento, ma non realizza l’effettiva prospettiva di un mutamento nella concretizzazione di contenuti, anzi. E’ per questo motivo che la presenza, formalmente innovativa, del M5S non ha prodotto, all’interno del nostro sistema politico, un qualche recupero di partecipazione elettorale. Al contrario la presenza del M5S e l’assunzione da parte della Lega Nord di connotati più fortemente populistici ha prodotto soltanto un rimescolamento delle carte e la fuga di altre centinaia di migliaia di elettrici ed elettori (nell’occasione delle elezioni politiche del 2013 la partecipazione si collocò al 75,19% diminuendo con le europee 2014 al 58,68%). 2) Il secondo elemento riguarda la cosiddetta “riduzione del demos”. La scomposizione sociale (la cosiddetta “società liquida)in atto da tempo nel segno della “modernità” e dell’individualizzazione rispetto all’innovazione tecnologica in materia di comunicazione, ha prodotto – oltre al fenomeno dilagante e crescente dell’individualismo consumistico – l’illusione che la politica non tacchi più la vita delle persone, ma si tratti di fenomeno riservato soltanto a coloro che intendono vivere “di” politica, scalandone i gradini in termini di cursus honorum considerato soltanto nell’ambito ristretto del concetto di governabilità; 3) In aggiunta (ma questo punto riguarda esclusivamente la specifica combinazione che si presenterà sul tavolo del referendum) esiste una connessione stretta tra deformazioni costituzionali e nuova legge elettorale. E’ su questo punto che Renzi e il “giglio magico” che dirige oligarchicamente governo e PD rischia di più. Perché nella quota ancora parzialmente politicizzata dell’elettorato sembra essere forte l’idea del non concedere poteri “quasi assoluti” a chicchessia. La resistenza (con la r minuscola per carità!) che è stata portata avanti nel decennio precedente di fronte al fenomeno che era stato definito del berlusconismo sembra proprio essersi quasi completamente trasferita sul fronte anti legge elettorale e anti deformazione costituzionale. Un elemento del quale tener conto in ogni caso. Tutti questi elementi forniscono, se li si vogliono cogliere nel loro significato più profondo, molti argomenti di riflessione a chi pensa ancora alla necessità di ricostruzione di una soggettività politica di sinistra, per l’opposizione e per l’alternativa, capace di esprimere una propria autonomia di pensiero e d’azione non collegata all’esasperata ricerca della governabilità ad ogni costo. Anzi tenendo ben presente la necessità di operare su tempi non brevi: anzi nella consapevolezza che, nel medio periodo, sarà difficile realizzare un ricasco concreto in termini politico – elettorali e di presenza istituzionale. Tempi non brevi perché si tratta di lavorare per mutare un ethos di fondo (una “capacità morale” come indicato da Aristotele) allo scopo di trasferire l’io al noi, recuperando il senso del collettivo come stava alla base delle grandi formazioni di massa del ‘900 (ho scritto di ethos e non di organizzazione politica: si tratta di distinguere bene da questo punto di vista e di non equivocare). L’altro punto sul quale riflettere (e spingere per trovare la strada di soluzioni operative in tempi ragionevoli) è quello dell’allargamento del demos: la sinistra deve farsi carico di una “progettualità delle contraddizioni” tra moderno e post – moderno, per dimostrare e far sentire a larghe fasce di popolo che la politica interessa, e deve interessare, la vita quotidiana di tutti e di ciascuno. E’ necessaria una fortissima operazione culturale per fermare i corifei della sopraffazione, del dominio, dell’individualismo proprietario esercitato non sole sulle cose ma anche sulle persone e sulla loro vita.

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