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venerdì 15 novembre 2013
Lorenzo Borla: I numeri dell'economia
I numeri dell’economia
(lb) E’ molto difficile estrarre dai giornali cifre affidabili riguardanti l’economia, perché ne girano in tutte le salse. Un po’ meglio va con l’Istat (diceva Luigi Einaudi: bisogna credere ai numeri ufficiali). Comunque, con un po’ di pazienza sono riuscito ad aggiornare alcuni dati. Pare assodato che il debito pubblico in Italia abbia raggiunto il 134% del Prodotto interno lordo. Questo significa (essendo il debito pubblico all’ultima conta di 2075 miliardi) che il Pil è per il 2013 di 1550 miliardi. A fronte di questo dato, la previsione di spesa pubblica nel 2013 risulta essere di 808 miliardi, ovvero il 52% del Pil. La composizione di questa spesa è la seguente: pensioni, 255 miliardi; personale dipendente (che si calcola all’incirca in 3.200.000 unità) 164 miliardi (il che significa un costo medio unitario di 51.000 euro); consumi intermedi, 130 miliardi; spesa sanitaria, 111 miliardi. La differenza per arrivare a 808 sono gli interessi sul debito pari a 84 miliardi, e infine spese varie per 50 miliardi. A fronte della spesa totale di 808 miliardi, le entrate previste per il 2013, sono di 759 miliardi. La differenza fra questa cifra e il totale delle spese è di 49 miliardi, ovvero circa il 3% di deficit rispetto al Pil. Per completare il quadro parliamo di occupazione (con i numeri Istat). Gli occupati a settembre 2013 erano 22.349.000, ovvero il 55,4% della popolazione in età di lavoro. I disoccupati, a settembre 2013 erano 3.194.000, in crescita di 490.000 sull’anno precedente. I disoccupati in età 15/24 anni erano 654.000, pari al 10,9% di quella fascia di età (e non il 40% come si afferma erroneamente nei media). Infine, di recente, è saltata fuori una nuova categoria (non Istat) quella degli “inoccupati”: che non sono disoccupati, in quanto non lavorano e il lavoro non lo cercano (scoraggiati?). A questi si aggiungono quelli che non sono disoccupati ma che potrebbero cercare lavoro a breve termine. In queste due categorie ci sono altri 3 milioni di persone. In tutto, quindi, 6 milioni. Insomma, in questo Paese potrebbero lavorare 28,5 milioni di persone … se ci fosse lavoro.
Una riflessione sui numeri
(lb) Quando si dice che lo Stato centrale (includendo Regioni, Province, Comuni) spende 808 miliardi di euro all’anno, bisogna chiarire un punto, forse non del tutto scontato: lo Stato preleva i soldi attraverso le tasse e li ridistribuisce all’interno della nostra economia per fornire servizi: pensioni, scuola, sanità, esercito, polizia, burocrazia, magistratura, eccetera. Poi lo Stato spende 130 mld per consumi intermedi (es. carta, computers, armamenti). E’ necessario chiarire che tutti questi denari spesi dallo Stato non escono dalla nostra economia; contribuiscono invece ad alimentare il ciclo economico; per esempio con stipendi e pensioni che verranno destinati a consumi, a beni durevoli, a risparmio; oppure con l’acquisto di beni intermedi che andranno a beneficio dei fornitori (pagati però con enorme ritardo). Allora, quando si
dice che lo Stato deve tagliare le spese per poter diminuire le tasse, in realtà si sta parlando di una diversa destinazione del denaro. Per esempio, c’è chi suppone che lasciando più denaro nelle tasche dei cittadini, questi sapranno spenderli meglio, in maniera più gratificante per loro e più produttiva per l’economia. Particolare non trascurabile, questa è una tesi tipica della destra liberale. Mentre invece la sinistra sostiene che il denaro ridistribuito attraverso la spesa pubblica protegga meglio i più deboli: se lo Stato non provvedesse alla scuola o alle spese sanitarie, potrebbero studiare solo i ricchi oppure essi soli curarsi, mentre i poveri verrebbero lasciati a se stessi. Allora, dove è il problema? Il problema è che viene messo sotto accusa il modo di spendere dello Stato (dalla destra, ma anche da una parte della sinistra): cioè un modo improduttivo, inefficiente, parassitario, che non alimenta la crescita dell’economia ma la deprime. Per fare un esempio su mille: Yoram Gutgeld, deputato del Pd, consigliere economico di Renzi, sostiene che Israele, con la metà degli uomini nell’esercito rispetto a noi, ha il doppio della potenza di fuoco delle forze armate italiane. Io sono per la ridistribuzione effettuata dallo Stato a favore dei più deboli. Oggi ce n‘è infinitamente bisogno. Tuttavia è innegabile che i servizi forniti dal nostro sistema pubblico siano in buona parte poco efficienti: se vogliamo fare un altro esempio macroscopico, basti pensare alla scuola, dove l’Italia si trova in coda (Ocse ecc.) in tutte le classifiche di performance dei nostri studenti rispetto a quelli di altri Paesi avanzati. Qui non si tratta di spesa. A meno di credere che la nostra intelligenza media nazionale sia più bassa della media europea, è chiaro che il nodo sta nel manico: organizzazione, materie di insegnamento, metodo di insegnamento, capacità di insegnare: in una parola, è necessaria più efficienza.
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