martedì 28 maggio 2013

Franco Astengo: Amministrative 2013

AMMINISTRATIVE 2013: UN’ANALISI “POLITICISTA” dal blog: http://sinistrainparlamento.blogspot.it La valutazione più sconcertante che è stata sviluppate in queste ore post-elettorali viene da alcuni membri del governo Letta che hanno giudicato positivamente la crescita dell’astensionismo, considerandolo un potenziale “voto di fiducia” allo stesso governo. Un “voto di fiducia” quasi d’attesa verso gli sviluppi che l’attività dell’esecutivo potrà avere, risolvendo i problemi più urgenti che le cittadine e i cittadini si trovano ad affrontare al centro della crisi: disoccupazione, taglio drastico del welfare, riduzione del potere d’acquisto, precarie condizioni di vita per milioni e milioni di persone. Una valutazione, questa dei ministri, che davvero dimostra come non ci renda conto ( o meglio, non ci si voglia rendere conto) dello stato delle cose in atto: quello di un vero e proprio “logoramento” nella trama democratica del Paese, ben oltre il fenomeno già denunciato e analizzato della cosiddetta “disaffezione al voto” (un tempo giudicata come fenomeno di allineamento della democrazia italiana, alle considerate “più mature” democrazie occidentali, quelle dell’alternanza). La affrettata analisi che seguirà in questo testo sarà costruita su di un impianto analitico volutamente “politicista”, non rispettoso prima di tutto della regola aurea del confronto “elezione per elezione”, amministrative con amministrative, politiche con politiche. In questo caso volutamente si è cercata la comparazione tra elezioni politiche ed elezioni amministrative per almeno due motivi: il brevissimo lasso di tempo intercorso tra le due consultazioni e l’esito dirompente che la consultazione politica aveva avuto, presentando un tasso di volatilità tra i più alti della storia repubblicana, che aveva portato alla rottura dello schema bipolare su cui si erano attestate le forze politiche negli ultimi quindici anni. Adesso si dirà che si è verificato un ritorno a quello schema: tutti i ballottaggi saranno tra centrodestra e centrosinistra (con quest’ultimo schieramento in netto vantaggio) ed il “terzo incomodo” rappresentato dal M5S appare già fortemente ridimensionato. Il calo di consensi del M5S c’è, indubbiamente, e sarà analizzato più avanti. Ma il bipolarismo non è tornato in auge: il “terzo incomodo” c’è, ben consistente, e con il quale l’intero sistema dovrà fare i conti. Si chiama astensionismo. Un astensionismo di notevolissima portata, con un risultato che solidifica ed amplia da questo punto di vista quello già molto rilevante delle elezioni politiche. Andiamo per ordine. Allo scopo di realizzare questo primo abbozzo d’analisi sono stati, infatti, presi in considerazione 33 comuni: quelli capoluogo più altri considerati i più importanti tra quelli presenti nella lizza elettorale. Anche in questo caso ci saranno obiezioni, sia rispetto al metodo, sia rispetto alla scelta specifica: ma era necessario poter avere, infatti, dei dati “politici” sui quali lavorare nel più breve tempo possibile e questa è stata considerata l’opzione di lavoro maggiormente opportuna. Sarà presente nel dibattito anche un’altra obiezione: quella relativa al peso del risultato di Roma rispetto all’intera analisi, ma si tratta di un dato inevitabile comunque e quindi da accettare considerandolo come elemento del beneficio d’inventario che, in questi casi, deve essere sempre e comunque richiamato. Oltre ai comuni capoluogo sono stati quindi presi in considerazione anche i comuni di: Cinisello Balsamo, Sestri Levante, Sarzana, San Donà di Piave, Imola, Monte Argentario, Viareggio, Massa, Sabaudia, Velletri, Maddaloni, Grumo Nevano, Molfetta, Monopoli, Bisceglie, Locri, Castellamare di Stabia e Scafati. Nella sua crudezza il dato dell’astensionismo sta riassunto in queste due cifre: elettori vanti diretto 3.817,384; voti espressi validamente 1.888.328. Nella sostanza la maggioranza assoluta degli aventi diritti non si è espressa attraverso la non presentazione alle urne, la scheda bianca o quella nulla ( esattamente 1.929.056 elettrici ed elettori). Altro che “fiducia preventiva”! Il “non voto” è quindi cresciuto, tra il 24 Febbraio ed il 25 Maggio di 689.737 unità per quanto riguarda ovviamente i 33 comuni presi in considerazione ( tutti omogeneamente hanno fatto segnare un calo, in questo senso). Il calo del M5S è evidente e vistoso: il 24 Febbraio raccolse, in queste realtà, 684.227 voti; il 25 Maggio ridotti a 186.685 con un meno 498.542. Si potrà discutere sulla “qualità” di questa flessione, ma sulla sua consistenza credo proprio che non risultino obiezioni da apportare. Tutte le altre aree politiche risultano in calo, rispetto al “campione” preso in considerazione. L’area di centrosinistra (PD,SeL, Centro democratico) aveva ottenuto 859.514 voti, mentre alle amministrative lo stesso schieramento (anche se Sel in alcune occasioni, come ad Imperia e a Siena ha preferito lo schieramento di sinistra) oltre alle liste civiche apparentate si è fermato a 744.789 voti, con un calo di 114.725 unità. E’ andata peggio al centrodestra (PDL, Lega Nord, Fratelli d’Italia e La Destra): alle politiche 651.082 voti, alle amministrative (comprese le liste civiche apparentate) 475.844 (con una crescita in valori assoluti di Fratelli d’Italia che, grazie al buon risultato di Roma hanno acquisito circa 14.000 suffragi in più) con un calo di 175.238 voti. Al centro il trio Scelta Civica-UDC- FLI a Febbraio si era attestato su 271.173 ( i dati delle politiche che sono stati considerati sono quelli relativi alla Camera dei Deputati), adesso pur con l’ausilio di liste civiche (comprese quelle cui faceva capo il candidato sindaco di Roma, Marchini) siamo a 148.467 voti, con un calo di 123.706 consensi: una cifra davvero rilevante. Infine l’area che aveva dato vita (si fa per dire) a Rivoluzione Civile che, nei 33 comuni presi in considerazione si era fermata a 75.475 voti, ridotti adesso a 49.129, con un meno 23.346. Da notare che a Liste Civiche non classificabili d’acchito sono toccati, nella tornata amministrativa del 25 Maggio, ben 283.434 voti. Sono state usate le cifre assolute e non le percentuali proprio per rendere immediata l’idea della consistenza dei vari risultati: se ne evince, ad esempio, che il M5S nei 33 comuni presi in considerazione ha ceduto poco meno dei ¾ dell’elettorato acquisito alle elezioni politiche. La conclusione non può essere altro che quella di ribadire la realtà di un vero e proprio “logoramento” del tessuto democratico e del quanto appaia illusionistica l’idea di un improvviso ritorno di fiamma del bipolarismo. La situazione è grave e, contraddicendo Flaiano (anche con il pensiero rivolto agli effetti drammatici della gestione capitalistica della crisi) anche seria. Franco Astengo

15 commenti:

luciano ha detto...

Mi riallaccio all'analisi dei dati elettorali fatta da Astengo, che
condivido, per aggiungere una breve riflessione, ancor più "politicista"
della sua.

La protesta degli elettori può manifestarsi essenzialmente in due forme:
votando un movimento protestatario oppure disertando le urne (diserzione che
può estrinsecarsi anche con le schede bianche e nulle).

Nelle elezioni politiche di febbraio, con grande sorpresa di tutti,
l'astensionismo non è esploso e la protesta si è incanalata prevalentemente
nel voto al M5S, movimento che è entrato per la prima volta in parlamento
con un clamoroso 25,5 % alla Camera.

Come era evidente, questa enorme massa di consensi era solo in una parte
esigua frutto di una condivisione dei programmi del M5S. L'elettorato
grillino era formato in prevalenza da persone che pur avendo una conoscenza
scarsa o nulla della proposta del movimento avevano deciso, spesso negli
ultimi giorni o nelle ultime ore (di qui il fallimento dei sondaggi), di
utilizzare il voto al M5S semplicemente per urlare il proprio "vaffa ..."
nei confronti dei partiti tradizionali ritenuti corresponsabili della crisi,
del degrado morale e infine delle politiche antipopolari del governo Monti.

Poiché il quadro del tutto inatteso uscito dalle urne ha scardinato il
bipolarismo imperniato su PD e PDL ed ha consegnato al M5S una sorta di
golden share per la formazione di un governo (per intenderci)
antiberlusconiano ed anti-austerity, è logico ritenere che soprattutto
questa parte non ideologica dell'elettorato grillino avrebbe gradito che
quella golden share non venisse sprecata, ma venisse usata proprio per
invertire quelle politiche contro le quali si era indirizzata la protesta.

Di questo desiderio diffuso tra gli elettori (quasi tutti ex PD, ex PDL ed
ex Lega) che erano saliti sul tram del M5S vi sono state ampie
testimonianze sia sui blog sia nelle piazze.

Come sappiamo, non solo questa aspettativa è stata gelata dalla stolida
"coerenza" scelta dal M5S, degna delle barzellette sui carabinieri, ma è
stata perfino sbeffeggiata da Grillo, il quale ha detto a questi elettori
"avete sbagliato a votarci, la prossima volta non fatelo" (cfr.
http://www.repubblica.it/politica/2013/04/03/news/camera_scontro_su_avvio_de
lle_commissioni_asse_m5s-sel_boldrini_sollecita_i_partiti-55858337/ ).

Ed ecco che alle elezioni amministrative dei giorni scorsi i 2/3 degli
elettori di Grillo lo hanno preso in parola.

Ha ragione Astengo a definire sconcertante l'analisi dei partiti, e
soprattutto del PD, che hanno accolto con sollievo il risultato.

Quei voti, infatti, non sono tornati all'ovile dei partiti d'origine, ma
sono finiti nell'astensione. Astensione che è cresciuta molto al di là del
travaso del voto ex-grillino, divenendo un fiume in piena.

La protesta, insomma, continua a montare. E non c'è peggior sordo di chi
non la vuole sentire.



Luciano Belli Paci

Dario ha detto...

grazie ad Astengo che riporta alla cruda verità dei numeri l'illusione che il centro sinistra abbia "vinto" le elezioni, i dati REALI narrano un'altra storia fatta di crescente distacco di tanti cittadini dai Partiti, è questo un pericolo che non possiamo e non dobbiamo sottovalutare, sono cittadini che cercano una risposta forte ai morsi che la crisi economica infligge alla società italiana, che si sono illusi che Grillo fosse la medicina ed oggi rilevano che invece era solo il termometro che segnava la febbre ed hanno deciso di tornare all'astensione.
Il PD si è salvato in corner grazie ad uno zoccolo "duro" di voti di appartenenza che peraltro si assottiglia elezione dopo elezione, mentre il PDL continua nella lenta agonia del berlusconismo (già visibile dai dati di ascolto, fondamentali per un tycoon dei media com'è SB, del programma di Canale 5 sul processo Ruby che si fermarono ad un misero 4%), un segnale preciso del disinteresse degli italiani verso i problemi che lo angustiano di più.

Solo un nuovo modo di fare politica, attento ai bisogni ed agli interessi dei cittadini e che prescinda dai partiti attuali, potrà far ripartire un nuovo feeling tra italiani e partecipazione, l'alternativa sarà una progressiva deriva verso la ricerca dell'uomo forte.
Fraterni saluti
Dario Allamano

lanfranco ha detto...

Premetto che non ho guardato molto i dati. ma la mia impressione è che questa sia una delle tante tornate intermedie amministrative da cui la sinistra anche nel passato è parsa uscire vincitrice, salvo poi la botta alle elezioni più importanti. io credo che bisognerebbe guardare ai voti assoluti. l'alto livello di astensioni segnala una crescente e preoccupantissima sfiducia e distacco della gente dalla politica. da situazioni come queste la sinistra e la democrazia hanno sempre da perdere.Il proseguimento senza fine della crisi economica sta lavorando come una lima ( per ora sorda) sul morale del paese. in altri contesti geografici e temporali ci sarebbe da temere per la tenuta delle istituzioni


alberto ha detto...

Ripropongo ai compagni questa intervista di Vendola sul IL MANIFESTO di
Daniela Preziosi del 29.05.2013
VINCE L'ALLEANZA SENZA MASCHERE

Intervista a Nichi Vendola:
«Per Letta premiate le larghe intese? Vorrebbe una Roma Marino-Alemanno?».
«Il dato più clamoroso è l'astensionismo, la fuga dalla politica». «Al Pd
dico: ripartiamo da una piattaforma comune, taglio degli F35 e difesa della
Costituzione». «Le contraddizioni nel Pd sono gigantesche. E sono le stesse
che attraversano il campo progressista in tutta Europa»

«Voglio subito mettere in guardia dal coro della galline pavloviane,
politici e politologi, che accreditano che ha vinto il governo. Una tesi
risibile, goffa e propagandistica che cancella il primo clamoroso dato del
voto: la crescita travolgente della fuga dalla politica. In una metropoli ad
alta intensità di partecipazione, com'è Roma, un astensionismo al 50% deve
indurre saggezza nelle analisi e nei giudizi».

.

alberto ha detto...

Vendola, ce l'ha con il premier Letta, per il quale il voto delle
amministrative premia le larghe intese?, o con un commento simile di
Epifani?
Quindi invece del ballottaggio potremmo far nascere un governo
Marino-Alemanno? Se si segue il ragionamento di Letta dovremmo concludere
così. Marino è contro le larghe intese, uno spirito libero, un uomo che ha
portato nella contesa della capitale i diritti, la laicità, liberando il
centrosinistra dalla sindrome d'OltreTevere. E lo stop al consumo di suolo e
all'espansione irresponsabile. In evidente discontinuità con il
centrosinistra che non disdegna i palazzinari.

Il centrosinistra è avanti in tutte le città. Ma, dice, ci vuole anche
discontinuità con il vecchio centrosinistra, di fatto sconfitto dal voto di
febbraio?
Un centrosinistra che non si maschera, che non occulta le ragioni della
propria alternatività alla destra e non affoga nel moderatismo, torna a
vincere. Quando usa un vocabolario forte e comprensibile - diritti di
libertà, beni comuni e civiltà del lavoro - anima una speranza.

alberto ha detto...

Se non è vero che hanno vinto le larghe intese, vuol dire che il voto avrà
una conseguenza sul governo?
No, non c'è nessuna relazione. Il voto rende più inquieti i sonni di
Berlusconi, nel senso che rischia di crollare tutta l'impalcatura
politico-mediatica con cui si è oscurato il fatto che alle politiche il Pdl
non era stato, il vincente, ma il miglior perdente. La sorte del governo
Letta è legata alla efficacia delle risposte alla crisi sociale.

Gianni Cuperlo sul manifesto ha parlato di un 'nuovo centrosinistra'. E
Goffredo Bettini, fondatore del Pd, parla di un nuovo 'campo' del
centrosinistra. Ma Pd e Sel sono uno al governo e l'altra all'opposizione,
in parlamento. Quali possono essere i primi passi per riaprire il dialogo,
in parlamento, visto che nelle città siete insieme e avanti ovunque?
Propongo qui e ora la costruzione di una piattaforma politica.

alberto ha detto...

Altrimenti
finisce che noi facciamo la ricerca teorica sulla sinistra che verrà, e
invece nell'attualità c'è il suicidio permanente del nostro campo. Propongo
di individuare alcuni nodi per sviluppare una battaglia. Il primo? Il taglio
degli F35.

Lo propose Bersani a febbraio, in qualche misura.
Infatti. Propongo di sottrarsi a una vicenda che puzza di corruzione di
lontano, un business irragionevole per tanti governi occidentali e persino
pezzi degli stati maggiori degli eserciti. Suggerisco poi anche una
riflessione pacata su quello che è avvenuto a Bologna con il referendum sui
finanziamenti alle scuole materne parificate. In fondo la battaglia della
buona politica, quella dei comitati, quella dei movimenti, del civismo, dei
cittadini che per 'issues' organizzano una trama d'impegno, ruota attorno
non a un istinto sovversivo o una pulsione antagonista, ma alla difesa della
Costituzione: articoli 1, 3, 11, 33.

Sta proponendo al Pd di praticare alle camere una maggioranza alternativa
alle larghe intese con il Pdl?
Sto dicendo che dobbiamo affrontare la crisi mettendo in gioco tutta la
catena delle subalternità culturali che hanno visto una sequela di
capitomboli da parte del centrosinistra. Le ragioni della sinistra non sono
un indebolimento della lotta della sinistra. Non si vince giocando a
nascondino. Ma dico una cosa anche alla mia sinistra.

Cosa?
La partita è aperta, le contraddizioni nel Pd sono gigantesche. E sono le
stesse che attraversano il campo progressista in tutta Europa e chiedono di
mettere a tema gli effetti del paradigma neoliberale sulla vita delle
persone e delle società. E allora, dico, attenzione: il centrosinistra non è
un destino né una prigione. Può essere un'invenzione, a partire però dal
saper trarre insegnamento dalle lezioni della realtà. Anzi dalle elezioni
della realtà. Non capisco che significa congedarsi da questo campo, certo
ingombro di macerie, immaginando un altrove fatto di retorica
trascendentale, come quella sulla categoria di 'rivolta', immaginando che,
fiore dopo fiore, troveremo il giardino della sinistra nuova. I tentativi in
corso sono tutti insignificanti, ed è curioso che chi battezza quei
tentativi, di fronte al naufragio, sappia diagnosticare solo i mali degli
altri.

Con chi ce l'ha, di preciso, fra le diverse voci della sinistra?
Con quelli che non sbagliano mai. Abbiamo una pletora di maestri in
cattedra, e invece avremmo bisogno tutti di un po' più di umiltà. Io non
mitizzo il nuovo centrosinistra. E spero in una connessione forte con i
movimenti sociali perché vorrei che da lì nascesse la rigenerazione
dell'idea di alternativa.

Il 'flop' di Grillo apre nuovi scenari per la sinistra?
Grillo è vittima di se stesso. Il suo copione è di una fissità che sfiora la
paralisi. Non si pone mai il tema dell'efficacia dell'azione politica. Si
pone il tema del rimbombo della sua voce. Ma ormai resta solo quello. La
piazza di cui racconta le pene, con grande energia comunicativa, ora chiede
risposte. E se non arrivano, il 'vaffanculo' torna indietro. È la prima del
manifesto di oggi (ieri, ndr). Ma il consenso a Grillo non va né mitizzato,
pensando che sia un angelo vendicatore, né demonizzato, pensando che un voto
che li punisce sia un esorcismo. Se no non si capisce qual è la brace che
arde sotto la cenere della politica. E la brace è il senso del fare
politica, quanto conta un singolo cittadini, chi decide, come si accorcia la
distanza fra democrazia diretta e delegata. Era la bellezza del referendum
di Bologna: il corpo a corpo fra elettori ed eletti, diretti e dirigenti.
Un'occasione per le forze del cambiamento, una gara sulle competenze, sulla
Costituzione. Questo è il tema vero: come il centrosinistra smette
finalmente di replicare il copione di un riformismo senza riforme la cui
pulsione fondamentale è l'aggressione della Carta Costituzionale

alberto ha detto...

Riporto l'intervista a Giacchetti. Come dice Felice, il mattarellum non è
la soluzione. Ma se al momento non ho i soldi per la "Mercedes", compero,
visto che lo posso fare, almeno la vecchia "Panda" per non rimanere poi a
piedi. Così abolito il porcellum e ripristinato il mattarellum , chi non lo
vuole si darà da fare per apportare le opportune modifiche alla
Costituzione, invece di fare melina perchè intanto il "porcellum" c'è ed è
vivo e piuttosto vivace in mezzo a noi.
Un caro saluto

>> Onorevole Giachetti, la sua mozione che impegna la Camera a reintrodurre
>> il Mattarellum ha molto irritato il suo partito, il Pd. La ritirerà?
«Nemmeno se mi sparano. Stavolta tengo il punto. Diciamo da mesi mai più col
Porcellum, lo abbiamo detto in campagna elettorale, lo ha detto il premier
nel discorso della fiducia, e adesso che siamo al dunque ricadiamo nel vizio
di sempre? Cioè di parlare e non fare mai nulla?».
La posizione del Pdl, che imbarazza il Pd e il governo, è di fare la legge
elettorale alla fine delle riforme costituzionali. Non è illogico.
«Certo che no. Se alla fine delle riforme costituzionali, sempre che vengano
fatte, avremo anche il tempo di varare una nuova legge elettorale,
variamola. Ma intanto reintroduciamo il Mattarellum così siamo sicuri che il
Porcellum non ci sarà mai più».
La sua collega di partito, la senatrice Finocchiaro, ha detto che il suo
intervento è intempestivo.
«Intempestivo? Il Porcellum c’è dal 2006 e ce lo teniamo stretto. Mi sembra
che intempestivi lo siamo da sette anni» <<

luigi ha detto...


Preso a se stante come fa subdolamente Napolitano l'art.1 si presta
certamente anche all'apologia del neoliberismo e in questo caso
Napolitano mi pare che abbia superato in doppiezza di linguaggio lo
stesso Togliatti e Moro ... ah i miglioristi del PCI ...
Mica ha citato per meglio chiarire il senso dell'art. 1 anche con
l'art.2 - 3 - 4 e l'art.41 e restenti di cui titolo terzo parte
economica. Macchè !
Almeno ci fosse la Sinistra con collante ideologico chiaramente
definito che potesse rispondere a tono. I cantieri sono aperti e
fuori c'è il cartello "Sinistra" ma tra i tanti "manifesti" e
documenti (ultimo quello di Barca) non si tira ancora fuori il ragno
dal buco. Mi pare che però Settis - persona intellettualmente onesto -
nell'ultimo suo libro "azione popolare" (Cap.5) abbia ben chiarito
di quale manifesto trattasi Un manifesto: la Costituzione.
Basta leggere. Tutto il resto dei manifesti e dei documenti fin qua
letti sono nero di seppia confusivi.
Un dialogante socialista saluto.
Luigi Fasce
PS
Bastasse avere ancora attiva la Costituzione prima c'è una parete di
sesto grado da superare
http://www.circolocalogerocapitini.it/eventi_det.asp?ID=381


luciano ha detto...

Caro Ferrari,
Giachetti è un furbetto e noi non dobbiamo essere troppo ingenui.
Se, seguendo il tuo esempio, mi devo accontentare della Panda per non rimanere a piedi - ergo per non rivotare con una legge incostituzionale se dovessero essere indette elezioni anticipate - basta che mi limiti ad abolire i premi elettorali (quello nazionale per la Camera e quelli regionali per il Senato) e, magari, ad introdurre il voto di preferenza. Su quest'ultimo io personalmente non sono molto d'accordo, ma visto tutto il can can che è stato fatto sul "parlamento dei nominati" (come se prima i candidati nei collegi li scegliessero i cittadini !), immagino che sia inevitabile. Punto. Non abbiamo più il Porcellum ma abbiamo una legge proporzionale con sbarramenti (che sarebbe meglio unificare o almeno razionalizzare).
La scelta più "economica" è questa, anche se non sarebbe di certo la legge ideale - ammesso che esista.
Reintrodurre il Mattarellum non è la Panda, ma è come se al posto della Mercedes volessi comprare una BMW.
Infatti non è vero che l'abolizione di una legge porta al ripristino della legge precedente: occorre che quest'ultima venga appositamente ri-approvata.
Questa idea che esista una sorta di deposito delle leggi morte che rivivono quando la legge che le ha sostituite viene eliminata è una delle balle spaziali che ci vanno propinando da anni (eppure la Corte Costituzionale non ha ammesso il referendum Parisi proprio smentendo questa favola).
La verità è che se malauguratamente dovessero reintrodurre il Mattarellum, poi ce lo dovremmo tenere usque ad mortem.
Il radicale-PD Giachetti e tutta l'ala renziana e veltroniana non l'hanno mai considerato un ripiego, ma proprio un obiettivo.
Perché col Mattarellum si conservano il bipolarismo forzoso, la vocazione maggioritaria del PD e tutto l'armamentario dell'americanizzazione della politica italiana (la linea Segni, per intenderci).
Mi sconcerta lo scivolone di SEL su questo tema. Non è chiaro se non hanno proprio capito il punto o se è tutto un calcolo tattico.
Di tattica si può anche morire ...
Fraterni saluti.

Luciano Belli Paci


martelloni ha detto...

Lucido come al solito Belli Paci fa un po' di luce. Aggiungo solo che i Segni –
e non solo loro – , entrambi amerikani, hanno "geneticamente" un problema
aperto con la democrazia di massa organizzata dai partiti e nei partiti che
l'impianto – non a caso proporzionalista – della Costituzione invece auspica e
garantisce

alberto ha detto...

Chiarisco. Tutti noi vogliamo una modifica radicale di camera e senato e una
conseguente nuova legge. Ma questo comporterebbe una modifica della
costituzione con tempi forse poco compatibili con l'attuale situazione
politica. Abbiamo nel passato sperimentato il mattarellum, che consentiva
almeno di capire per chi votavamo e poi il porcellum che da tutto il potere
al solo presidente o segretario i ciascun partito e allontana i cittadini
dal voto. Questo è il dato di fatto. L'ottimo è spesso nemico del buono. E
purtroppo la sinistra ha dovuto spesso viverlo sulle propria pelle. Abolire
il porcellum e contemporaneamente riapprovare il mattarellum non impedisce
di mettere poi mano ad una legge elettorale che al momento avvantaggia solo,
o soprattutto Berlusconi, che vuole appunto tenersi il porcellum per
ricattare sempre tutti.
Un fraterno saluto

salvatore ha detto...

Caro Alberto, tu affermi che:

> Chiarisco. Tutti noi vogliamo una modifica radicale di camera e senato e una
> conseguente nuova legge. Ma questo comporterebbe una modifica della
> costituzione con tempi forse poco compatibili con l'attuale situazione
> politica.

mi permetto di dissentire, e fortemente: la riforma che noi vogliamo, cioè eliminare il bicameralismo perfetto, effettivamente richiede una modifica costituzionale, ma la legge elettorale assolutamente NO! Si può fare, e fino ad oggi si è fatto, con una legge in parlamento.
Han già detto bene Luigi Fasce e Luciano Belli Paci: rifacciamoci alla costituzione, che delineava un modello di democrazia parlamentare sostanzialmente proporzionale. Una legge elettorale proporzionale è facilissima da ottenere a parire anche dal Porcellum: basta abolire i premi di maggioranza, gli incentivi alle coalizioni e rendere lo sbarramento "ragionevole" (4%, 5%?) Vorrei ricordare che abolire alcuni articoli lascia in vigore la legge modificata, e quindi non crea un vuoto che potrebbe poi portare ad una pronuncia di inammissibilità da parte della Corte.

D'altra parte questo era l'obiettivo che il referendum Passigli si proponeva: tornare al proporzionale semplicemente abolendo un pezzo di Porcellum. A tal proposito caro Luigi, purtroppo devo dirti che quello di SEL non è uno scivolone: se ti ricordi il voltafaccia che fece Vendola nel luglio del 2012, quando dopo aver appoggiato il referendum Passigli, lo abbandonò in favore del modello bipolare, ti renderai conto che questa è una scelta ben precisa. Scelta a mio pare miope: quella scelta ha costretto SEL ad aderire al modello delle coalizioni e del bipolarismo, e con tutto quello che ne consegue in termini di autonomia per una forza politica che si pone obiettivi che, oggettivamente, sono differenti da quelli del PD. Molto spesso mi sono trovato a discutere con i compagni di SEL a Pavia (e Alberto ne sa qualcosa, visto che con lui ne discutevo parecchio) di sistemi elettorali, e devo con rammarico constatare che su questo punto c'è, in SEL, una tremenda subalternità nei confronti di idee che arrivano da molto lontano: Segni, Veltroni, e tutti i loro amici bipolari (nel senso elettorale del termine, forse anche in quello medico, non so).

Garofani rossi a tutti....

felice ha detto...

Non cedere al ricatto. Il porcellum è morto, a meno di un golpe de Estado di
stile sudamericano non ci sarà più un'elezione con il Porcellum. malgrado tutte
le critiche a Napolitano, che non ho mai condiviso, su questo è una garanzia.
Con la legge rinviata alla Corte non scioglie le camere : al limite impone al
governo con DL di eliminare le 2 di molte incostituzionalità del porcellum ,
cioè il premio di maggioranza e le liste bloccate, per quest'ultime in effetti
ci sono due soluzioni, cioè un'altra oltre che prevedere le preferenze, ma non
la svelo perché son contro le liste bloccate.

Felice Besostri
In allegato una ricompilazione dei miei interventi

alberto ha detto...

Caro Felice, ancora questa mattina Berlusconi dice sui giornali che una
legge elettorale c'è e che quello che serve è una riforma della costituzione
in senso semipresidenzialista, e che se invece si dovesse tornare al voto
prima, va bene il porcellum. E in questo caso neppure Napolitano potrebbe
farci qualcosa se il parlamento, in via di scioglimento non trova più i
numeri per modificarlo. Credo che anche in questo caso valga la lezione di
Nenni che suona più o meno così: c'è sempre uno che si dichiara più a
sinistra di te. Che è un richiamo al realismo delle cose per quello che sono
e per quello che si vorrebbe che fossero.
un caro saluto