Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
mercoledì 31 ottobre 2012
Eurovisioni.Tributo a Massimo Fichera. Introduzione di Stefano Rolando (Villa Medici Roma, 31.10.12)
Eurovisioni.Tributo a Massimo Fichera. Introduzione di Stefano Rolando (Villa Medici Roma, 31.10.12)
Franco Bartolomei: 1 dicembre- Gli stati generali del socialismo
Gli Sati Generali del Socialismo- Roma Sabato 1° Dicembre 2012 - Centro Congressi Cavour n° 50 /a.
pubblicata da Franco Bartolomei il giorno Mercoledì 31 ottobre 2012 alle ore 8.05 ·
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Noi della Sinistra Socialista e della Lega dei Socialisti siamo Socialisti convinti che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia ormai assunto i caratteri di una vera e propria crisi di sistema, in grado di minare la fiducia collettiva in unfuturo caratterizzato dai livelli di garanzie sociali finora conosciuti, e di minacciare la stessa tenuta democratica delle società occidentali.
Riteniamo che le forze Socialiste di tutta europa di fronte all'esaurimento definitivo delle idee-forza liberiste attorno a cui l’occidente ha consolidato gli equilibri di potere che hanno guidato i processi economici, finanziari e sociali, responsabili della crisi, devono a nostro parere necessariamente rivedere la propria impostazione culturale e programmatica, non più adeguata alla profondità della crisi che sta coinvolgendo il capitalismo finanziario a livello globale.
La Lega dei Socialisti si è costituita quindi per lavorare ad una ristrutturazione di tutta la Sinistra Italiana , anche allargando di molto se necessario lo stesso positivo processo in atto , sopratutto tra i Socialisti Francesi ,di rifondazione a sinistra del Socialismo Europeo, che possa costruire una nuova sintesi tra le grandi e tradizionali identita' storiche della Sinistra europea e le nuove realta' di movimento che sovente negli ultimi 15 anni hanno assunto spesso una funzione di supplenza politica di fronte alla confusione ed alla subalternita' ai poteri forti che la sinistra ufficiale ha purtroppo interpretato , sulla base di una debolezza di analisi e di interpretazione dei processi che si andavano consolidando a partire dalla fine degli anni '80.
La Sinistra Socialista e la Lega dei Socialisti ritiengono al contrario , e da qui le ragioni del nostro progetto all'ordine del giorno della assemblea nazionale dei 1° Dicembre , che debba essere recuperata appieno ,anche e sopratutto dalla cosidetta sinistra " di governo " ,una concezione dell'azione della Sinistra nuovamente proiettata a perseguire una trasformazione strutturale degli assetti economici e sociali che possa consentire di individuare un diverso modello di sviluppo, diversi parametri di riferimento della qualità della vita della società, e nuove regole di controllo sociale delle variabili economiche.
La Sinistra Socialista e la Lega dei Socialisti esprimono una grande preoccupazione per la complessiva subalternita' della sinista italiana , e di tutti i paesi deboli dell'Unione Europea, ai processi economicoi e sociali indotti dai tentativi di ristrutturazione in atto del modello finanziario bancario e monetario che regola attualmente i rapporti economici dell'occidente sviluppato , e ritiengono indispensabile la riassunzione a sinistra di una nuova progettualita' fondata sulla individuazione di un progetto di modello di sviluppo e di crescita qualitativamente diverso ed alternativo fondato su un pieno recupero di sovranita' degli stati fino al completamento definitivo della ricostruzione di istituzioni europee di tipo federale e democratico in cui la sovranita' sui processi economici e sociali ed i percorsi normativi tornino nelle mani dei cittadini .
In questo senso ci appare evidente che Il fiscal compact , blindato dall'obbligo di pareggio di bilancio , e dal rischio commissariamento nell'ipotesi di ricorso alla copertura BCE sui bond pubblici ,incastri tutte le politiche economiche del prossimo quinquennio entro binari pressoche' predeterminati , e quindi pensare che una alleanza della sinistra fondata su quella carta d'intenti possa fuoriuscire, durante una sua ipotetica esperienza di governo nella prossima legislatura , da questo schema di gestione del quadro di bilancio ,attraverso una politica economica e fiscale autonoma , sia illusorio.
Pertanto anche volendo ipotizzare che in quella alleanza ci si debba , e/ o possa ,stare perche' , o non esistono alternative , o non si e' in grado di farle maturare ad oggi , questo giudizio politico di fondo sul quadro che si sta determinando a sinistra dovrebbe comunque costituire un ineludibile punto di valutazione del processo in atto , da cui ripartire per riaprire inevitabilmente un fronte critico anche all'interno dello schieramento maggioritario a sinistra.
Il 1° dicembre , a Roma ,vogliamo invece tentare di evitare questo approdo , discutendo insieme a tutti i Socialisti un progetto per la costruzione di un nuovo soggetto politico della sinistra , autonomo ed alternativo , in grado di dare rappresentanza ad un nuovo grande blocco sociale interessato ad una trasformazione democratica e socialista dei rapporti sociali, ed ai movimenti reali che nella societa' ne costituiscono una anticipazione ,in grado di riunificare , attorno ad un progetto di alternativa al modello di sviluppo liberista e finanziario che ha portato al collasso le economie sviluppate e sta minacciando alle radici la nostra democrazia , tutte le forze della sinistra che intendono opporsi al programma politico di cui e' espressione il Governo Monti, e, piu' in grenerale, vogliono contrastare le politiche recessive , padronali , e monetariste che attuano i dettami delle tecnostrutture economiche e finanziarie che gestiscono i mercati e gli equilibri economici dell'economia globalizzata.
Il 1° Dicembre a Roma agli " STATI GENERALI DEL SOCIALISMO ", presso la sala grande del Centro Congressi Cavour - via Cavour n° 50 - ragioneremo insieme sui temi chiave di questo progetto " possibile " di ricostruzione della Sinistra Italiana. che costituiranno il filo conduttore delle communicazioni introduttive dell'assemblea .In particolare cercheremo di impostare il dibattito su questi 4 punti nodali :
1) La individuazione di un progetto di modello di sviluppo economico alternativo , fondato sul governo della qualita' e degli obiettivi della crescita possibile .
2) L'analisi della crisi di rappresentativita' dei sistemi politici , e la possibile ricostruzione del tessuto della rappresentanza della sinistra italiana attorno ad un progetto di rinascita democratica ,fondato sulla difesa dei valori cotituzionali .
3) L'analisi della crisi della struttura neo liberista del sistema finanziario e bancario .
4) Il progetto su cui l'universo del Socialismo Italiano puo' ridefinire un nuovo percorso costituente aperto a tutta la sinistra italiana , sulla base della riconferma di un processo di rifondazione a sinistra del Socialismo Europeo .
martedì 30 ottobre 2012
Aldo Penna: Rosario Crocetta
Il ciclo si è confermato. La Sicilia ogni venti anni si desta, molla un
> gran pugno sul tavolo, qualcuno si impaurisce, poi si guarda in giro e
> capisce che è soltanto un gran rumore che non ha scalfito neanche la
> superficie.
>
> Il 16% al Movimento 5 stelle è l'identica percentuale che le urne hanno
> regalato nel 1947 e nel 1971 prima ai liberalqualunquisti e poi ai
> missini. La Rete di Leoluca Orlando nel 1991 ebbe un'affermazione minore
> nei numeri, ma di eguale intensità per i timori suscitati.
>
> Il Movimento 5 stelle manderà una pattuglia robustissima che potrà operare
> un forte controllo sulle folli spese clientelari, ma che non inciderà,
> purtroppo, sul solido intreccio che sta dietro l'alleanza vincitrice
> bifronte.
>
> La vittoria di Giancarlo Cancelleri avrebbe avuto la stessa eco dello
> sbarco dei marziani sulla terra, ma sembra che in questo piccolo sistema
> solare siamo soli e quindi dovremo ancora attendere. Gli exit poll ieri
> sera hanno fatto trascorrere una brutta notte a tanti. Sapere che gli
> alieni arriveranno nel Parlamento siciliano, ma non ne avranno le chiavi,
> li ha rassicurati. Tirato un respiro di sollievo, la seconda testa finora
> in ombra potrà mostrarsi alla luce e l'alleanza vincitrice, ma minoritaria
> in assemblea, si ritroverà autosufficiente anche nei numeri.
>
> La maggioranza che ha retto le sorti della Regione negli ultimi quattro
> anni si presenterà con nuove insegne, ma con parecchi degli identici
> inquilini. Eppure, se Rosario Crocetta è l'uomo che abbiamo conosciuto
> come Sindaco di Gela non tutto filerà liscio come previsto. L'elezione
> diretta gli affida un grande potere e un'enorme responsabilità. Nel
> labirinto del bilancio regionale si annidano giganteschi interessi che
> hanno strozzato la Sicilia, dilapidato risorse, favorito l'accumulo di
> grandi ricchezze.
>
> Se il presidente della Regione uscente, Raffaele Lombardo, è stato il lato
> oscuro della forza che ha governato la Sicilia, Crocetta da uomo libero e
> forte potrebbe essere Gandalf il bianco che ricaccia indietro il popolo
> delle tenebre. Negli uomini e nelle donne del Movimento 5 stelle potrà
> avere una valida sponda. Chiunque voglia modernizzare questa Regione non
> può che cominciare disboscando i privilegi.
>
> Lo farà? Qui si misura la forza delle sue radici. La storia reale e il
> mondo della fantasia sono pieni di personaggi positivi che divengono
> negativi.
>
> La scelta spetta solo a lui. Se pensa di governare per i partiti che lo
> hanno sostenuto è facile proonosticare che lo imbriglieranno in mille
> lacci trasformandolo nella bandiera da esibire per nascondere i meccanismi
> di sempre.
>
> Se invece vorrà governare per i siciliani, tutti i siciliani, si aprono
> davanti a lui praterie immense, avvincenti e pericolose, le uniche da
> percorrere se si vuole dare marcia alla rivoluzione annunciata.
>
> I prossimi mesi diranno se vincerà il bianco Gandalf o l'oscuro Saruman.
>
> Aldo Penna
>
Per un manifesto della politica industriale in tempo di crisi
PER UN MANIFESTO DELLA POLITICA INDUSTRIALE IN TEMPI DI CRISI FISCALE
La politica industriale italiana non esiste: crisi di idee e crisi di strumenti (oltre alla crisi finanziaria) rendono difficile parlarne e, ancor di più, essere presenti sui principali media. L’affermazione prevalente viene riassunta in una espressione: “la migliore politica industriale è quella che non c’è”.
Si tratta di una espressione tanto gradita in alcuni ambienti intellettuali (e facilmente divulgabile sui mezzi di comunicazione di massa), quanto del tutto infondata nella realtà. Lo scenario internazionale non vede –e non ha visto in epoca moderna- nessun paese al mondo (con poche e trascurabili eccezioni) disinteressato alle sorti della propria struttura produttiva e dei suoi comparti più qualificanti. Tutti (dagli USA alla Cina, dalla Germania alla Francia, dal Giappone al Brasile, dall’India alla Gran Bretagna) intervengono con risorse finanziarie, con servizi di accompagnamento, con sostegni alla ricerca, con domanda pubblica e con ogni strumento possibile fino al limite consentito dalle regole e dagli accordi internazionali.
Contrapporre a questa realtà mondiale un’Italia in cui la capacità di rimuovere qualche freno istituzionale possa divenire l’unica funzione dello Stato per riportare il paese su un sentiero sostenuto di crescita, appare riduttivo e fuorviante. La specificità storica del sistema produttivo italiano, costituita, da un lato, dalla presenza nel Sud di una vasta area con significative debolezze del contesto socioeconomico e, dall’altra, dalla marcata caratterizzazione territoriale dei sistemi di imprese (così come della vasta platea di PMI dinamiche), richiede risposte adeguate.
Confinare il legittimo intervento della policy solo ad alcune tra le aree in cui si manifestano i “fallimenti del mercato” (in un mondo che vede pochi esempi di corretti funzionamenti degli stessi mercati) non consente di ragionare diffusamente sui reali problemi di policy. Questi ultimi riguardano, in primo luogo, la costruzione di un disegno strategico di ampio respiro. declinato in obiettivi dettagliati, concreti, verificabili; e, in secondo luogo, la necessità di approfondire i “fallimenti dello Stato” intesi non come l’impossibilità congenita dei Governi a funzionare, ma piuttosto come gli effetti di politiche mal disegnate e mal gestite del passato che devono essere corrette, identificate e ben amministrate.
L’accezione delle politiche industriali come inevitabilmente inefficienti è frutto di una visione ideologica che condanna tout court ogni misura di intervento pubblico per le imprese. Il quadro analitico e valutativo presenta evidenze di segno diverso. la fragilità della base informativa e la capacità spesso ridotta di fornire informazioni utili ai policy maker richiedono approfondimenti e non possono costituire un supporto sufficiente per decretare la cancellazione di ogni politica.
Esiste uno spazio rilevante per l’intervento pubblico aggregabile intorno alla definizione di Politica
Industriale nel contesto europeo.
La capacità di indirizzo delle attività private (in forma individuale o associata) da parte dei governi si realizza principalmente attraverso tre vie: l’erogazione di premi monetari o di riduzione del rischio per i soggetti che sviluppano azioni ritenute meritorie; la gestione attiva della spesa pubblica; la regolazione e l’indirizzo in senso stretto. E’ tempo di riflettere su questi aspetti e di intervenire su tutti i fronti. Gli interventi devono tenere nella debita considerazione le disponibilità di finanza pubblica (dobbiamo parlare, nella migliore delle ipotesi, di politiche a risorse date) e l’efficienza amministrativa.
Il modo in cui gli interventi possono essere declinati deve essere oggetto di grande cura: come sempre, saranno i dettagli che definiranno la qualità delle politiche. Non è questa la sede per approfondirli, tuttavia si possono individuare alcune precondizioni che sono alla base di un necessario cambiamento di operatività.
I tre criteri guida devono essere: selettività, informazione/conoscenza, responsabilità.
Con vincoli di bilancio stringenti si è obbligati a selezionare, con estrema cura, obiettivi coerenti con le risorse disponibili e con gli strumenti. Sia pure con problematiche diverse, la selezione va operata nel campo degli interventi diretti, dei servizi e in quello dell’orientamento della spesa.
L’informazione corretta è premessa indispensabile di ogni politica (e anche della selezione), ad essa sono dedicate attenzioni troppo modeste, mentre, con una certa disinvoltura, si “pubblicano” cifre prive di rigore e di attendibilità. Gli stessi numeri sbagliati possono tramutarsi facilmente in verità “acclarate” e orientare in modo distorto il dibattito politico ed economico. Una parte non marginale di tale informazione riguarda la necessità di rispettare criteri sostanziali di trasparenza delle amministrazioni, si tratta di predisporre database pienamente informativi, accessibili a tutti e che consentano anche esercizi indipendenti di analisi e valutazione.
Infine, la responsabilità degli amministratori costituisce un tema ineludibile. Per molti anni si è cercato di definire meccanismi e regole alla ricerca di modelli di intervento neutrali ed efficienti seguendo procedure meccanicamente riprodotte a tutti i livelli di governo e cercando di sottrarre intelligenza agli operatori pubblici. La responsabilizzazione dei dirigenti pubblici è un fattore determinante per il recupero di una qualità amministrativa standard ed essenziale per qualsiasi politica efficiente. Non si tratta di attribuire responsabilità legali (che già esistono in abbondanza), ma di fondarsi sulla ricerca di competenze e meriti che devono potersi esprimere e operare.
Riteniamo che esistano spazi per una Politica Industriale efficiente ed efficace seguendo un disegno accurato e coerente che tenga conto dei vincoli esistenti, valorizzi gli strumenti potenzialmente a disposizione, impari dalle esperienze positive, nazionali e internazionali.
I promotori
Adriana Agrimi, Alessandro Arrighetti, Giovanni Barbieri, Elisa Barbieri, Marco Bellandi, Silvano Bertini, Paolo Bonaretti, Raffaele Brancati, Massimo Bressan, Albino Caporale, Domenico Cersosimo, Francesco Crespi, Alfredo Del Monte, Amedeo Di Maio, Antonio Di Majo, Marco Di Tommaso, Sergio Ferrari, Massimo Florio, Francesca Gambarotto, Adriano Giannola, Andrea Ginzburg, Anna Giunta, Claudio Gnesutta, Gian Maria Gros-Pietro, Donato Iacobucci, Sandrine Labory, Pietro Masina, Pietro Modiano, Augusto Ninni, Riccardo Padovani, Daniela Palma, Mario Pianta, Gustavo Piga, Stefano Prezioso, Pietro Rostirolla, Lauretta Rubini, Margherita Russo, Domenico Scalera, Marina Schenkel, Roberto Schiattarella, Grazia Servidio, Alberto Silvani, Stefano Solari,
Alessandro Sterlacchini, Gianfranco Viesti, Alberto Zazzaro, Alberto Zuliani.
Per aderire, inviate una
Email a Raffaele Brancati, r.brancati@met--‐economia.it.
Nell’oggetto scrivere riportando il proprio riferimento di posta elettronica (e se si ritiene anche altri recapiti) e “ Aderisco al MANIFESTO PER LA POLITICA INDUSTRIALE”.
Su questi temi – per parlarne e per avviare una definizione di strategie – si terrà un incontro il 10 dicembre 2012 a Roma ore 9,30, Università di Roma3, Facoltà di Economia “Federico Caffè”, Via Silvio D’Amico 77, Roma).
Siete caldamente invitati a partecipare. Per discussioni e informazioni rivolgersi a:
Raffaele Brancati r.brancati@met--‐economia.it;
Anna Giunta agiunta@uniroma3.it;
Antonio Di Majo dimajo@uniroma3.it
Franco Astengo: Elezioni siciliane
ELEZIONI SICILIANE: UN ANTICIPO DI ANALISI
di Franco Astengo
A scrutinio in via di ultimazione mi permetto di anticipare alcune valutazioni politiche di massima, attorno all’esito delle elezioni siciliane.
Tutti i commentatori hanno già fatto rilevare come il dato più evidente e importante che esce dai numeri di questa consultazione riguarda la crescita esponenziale dell’astensionismo: un fenomeno che dura ormai da molti anni, in progressiva espansione, del quale le forze politiche si occupano soltanto nei giorni immediatamente seguenti le diverse tornate elettorali, per poi tornare tutti tranquilli alle proprie esercitazioni di “tempeste in un bicchier d’acqua” (leggi primarie) convinti, in quel modo, di realizzare chissà quali mirabolanti aperture verso la partecipazione democratica.
Verrebbe da rispolverare Mao: mentre sarebbe necessario guardare alla luna (leggi: astensionismo) si preferisce guardare il dito (primarie).
Astensionismo ,beninteso, che ormai da molto tempo la scienza politica non considera più come un “rifiuto della scelta”, bensì come una vera e propria “scelta” composta di diversi fattori e che, quando assurge a numeri così rilevanti come nel caso che stiamo esaminando, colpisce trasversalmente tutti: certo alcuni più di altri, ma appare del tutto stonato celebrare, in queste condizioni, la propria vittoria come “storica”.
Infatti, punto più, punto meno il nuovo Presidente della Giunta Regionale Siciliana sarà eletto con il 13% dei voti dell’intero corpo elettorale: pensate nella primavera scorsa fu giudicata pessima la “performance” del nuovo sindaco di Genova, Doria, che – al ballottaggio- risultò eletto dal 22% dell’elettorato (più o meno la quota con la quale è eletto il Presidente degli USA: il paese delle più grandi diseguaglianze sociali nel pianeta) e adesso siamo a livelli ai quali, a mio giudizio si gioca la stessa credibilità democratica delle istituzioni.
Allora vediamo qualche numero per rendere più pregnante quest’analisi.
Le sezioni scrutinate, nel momento in cui scrivo, sono 4.483 su 5308, ne mancano quindi 825 per un totale presumibile di circa 412.000 voti validi.
E’ dalla comparazione dei voti validi che, infatti, si può comprendere meglio la dinamica del voto, tra un’elezione e l’altra.
Dunque, in questo momento per i vari candidati si sono espressi 1.676.683 voti validi, ai quali se ne aggiungeranno, ripeto, circa altri 412.000 per un totale di 2.090.000 voti validi totali.
Ebbene, nel 2008, i voti validi per i candidati presidenti (che erano cinque) furono 2.845.793: ne mancano all’appello – più o meno – 800.000: davvero un’enormità.
Così come, ed è l’altro esempio che mi permetto di fare in questo momento, rispetto ai voti utili per eleggere il nuovo presidente, registriamo questo dato, nel 2008 Lombardo fu eletto con 1.859.821 voti, in quest’occasione Crocetta dovrebbe, approssimativamente, toccare quota 650.000, essendo così eletto con circa 1.200.000 voti in meno del suo predecessore.
Certo ci sono le specificità siciliane: a qualcuno, maliziosamente, è venuto in mente di pensare che forse in determinati ambienti, nei quali si è storicamente sempre lavorato per “contribuire” all’esito elettorale, questa volta l’esito non interessasse più di tanto: un altro segnale non semplicemente di disinteresse, ma di “scadimento” nella possibilità vera per la politica di determinare assetti economico-sociali.
Poiché questo disinteresse verrebbe da ambienti sempre molto “sensibili” all’esercizio del potere, allora questo calo di tensione, se davvero ci fosse stato, sarebbe da analizzare assai attentamente.
Il risultato del candidato del Movimento 5 Stelle appare comunque impressionante, ma va inquadrato in questo stato di cose: presumibilmente il Movimento 5 stelle ha compiuto un’operazione di “abbordaggio” rispetto alle altre liste, piuttosto che di fronteggiamento dell’astensione che, come si è visto, è crescita a valanga. Al massimo il candidato di Grillo ha fatto la parte del bambino che copriva con un dito il buco nella diga dello Zuiderzee.
Ancora un’annotazione al riguardo del Movimento 5 Stelle: credo che sia l’ora di finirla di definirlo come “antipolitica”. Il Movimento 5 Stelle è per intero dentro alla politica, tanto è vero che – proprio in Sicilia – quattro anni fa presentò già una candidatura alla presidenza della Regione, con la persona di Sonia Alfano che ottenne 68.970 voti pari al 2,42%.
Il Movimento 5 Stelle non è di facile collocazione, non lo si può neppure definire come “qualunquista” seguendo i modelli di Giannini e Poujade: in ogni caso si può definire come si vuole, ma non certo come “antipolitica”.
Infine la sinistra: il risultato è fortemente negativo, direi del tutto negativo: la sinistra paga l’incapacità di cambiare registro, di affidarsi o ai vecchi schemi oppure a seguire gli schemi dell’avversario (vedi personalizzazione).
Questo è sicuramente il momento di una forte riflessione da aprire subito, dal basso, al di fuori dagli steccati di appartenenze veramente ormai superate.
Le ragioni di questo vero e proprio “tracollo di sistema” , in generale, possono essere rintracciate in questi quattro punti:
1) La sofferenza popolare nella crisi, cui sono state date risposte in tutt’altra direzione;
2) L’emergere, nel ceto politico, di una “corruzione sistemica” che, tra l’altro, pare aver coinvolto anche quei soggetti che della “questione morale” avevano fatto la loro stessa ragione sociale;
3) Un’errata valutazione, da parte delle forze politiche, nell’uso dei mezzi di comunicazione di massa tra TV e nuove tecnologie. La forzatura delle diuturne apparizioni in TV, al di là della qualità dei personaggi, potrebbe aver già cominciato a provare fenomeni di vero e proprio rigetto;
4) Il logoramento nel meccanismo della personalizzazione, che sta entrando in una vera e propria crisi da quando il suo inventore e dominus lo usa per esaltare un proprio incredibile “ridotto della Valtellina”.
A sinistra risulta così ancor più decisivo porre, ancora una volta, il tema dell’agire politico, di una nuova soggettività capace di riannodare i fili tra progetto e programma e tra rappresentanza politica e partecipazione.
Occorre far tornare in campo un soggetto collettivo, direi un partito, che rialzi la bandiera (ricordate la metafora del rialzare dal fango le bandiere lasciate cadere dalla borghesia?) dell’integrazione sociale.
Esiste, ancora, per fortuna anche se limitata una capacità di rapporto tra politica e movimenti: dobbiamo verificare subito se questa rappresenti una base sufficiente per ripartire.
Certo che i tempi sono molto stretti.
Franco Astengo
lunedì 29 ottobre 2012
domenica 28 ottobre 2012
sabato 27 ottobre 2012
Felice Besostri: Dal Congresso del PSF
Vi scrivo dal Congresso di Tolosa del PS, dove mi trovo a rappresentare da solo il PSI. Ieri mi sono ascoltato in diretta Bersani, cui è stato dato un posto di rilievo all'inizio del congresso dopo Sigmar Gabriel e il Presidente del Partito Socialista portoghese. Bersani ha parlato in francese, con il suo accento emiliano, ma di ottimo livello. Un nuovo esempio di socialismo transalpino, mentre, tra l'altro è della provincia di Piacenza, avremmo bisogno di un socialismo Cisalpino, anche come antidoto al leghismo Cispadano. Ebbene nel testo francese le parole Sinistra e Socialismo o socialisti ricorrono più volte, almeno tante quante progressisti e/o democratici. Insomma per sentire quelle parole, che non ricorrono nemmeno una volta nel Documento d'Intenti ITALIA BENE COMUNE di PD-PSI-SEL, bisogna venire all'estero. Bersani, che qui può essere presentato come camarade, senza colpire la sensibilità della Bindi, non si è dimenticato di essere il segretario del PD, di cui è segretario da 3 anni, infatti ha voluto sottolineare che a fronte dei 150 anni della SPD( detto per inciso alla SPD si è riferito più volte, in perfetta sintonia con i francesi, perché tutti sanno che senza una vittoria Socialdemocratici/Verdi in Germania, non cambierà la politica europea) il suo partito è un "bebé" di appena 5 anni, ma malgrado ciò è il primo partito italiano. Questa parte del discorso, insieme con la valorizzazione di Monti, ma sempre declinato al passato, è la parte meno convincente. In un contesto socialista poteva ricordare i concetti espressi nel suo messaggio di saluto al Convegno del Gruppo di Volpedo sul 120° della Fondazione del Partito dei Lavoratori, cioè che in quella storia e in quei valori ha una parte delle sue radici. Detto di passaggio vi è anche l'accenno ad una nuova organizzazione che possa raggruppare in Europa progressisti e democratici: una vecchia concezione che basta cambiare il nome, come fosse substantia rerum, per risolvere problemi che sono politici. Di fronte alla crisi planetaria che attraversiamo il problema non è più quello di coniugare il socialismo con la democrazia, questo dopo il fallimento del comunismo sovietico, è un dato acquisito, ora il problema è di convincere i democratici conseguenti di rapportarsi con l'esigenza di sconfiggere la minaccia alla democrazia , che implica la fase attuale del capitalismo. Per raggiungere l'obiettivo di smantellare il welfare, controllare la dinamica salariale verso il basso, mantenere le diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza, anzi accentuarla a favore di quel 1% di privilegiati, che anche quando hanno una nazionalità, questa non coincide con quella dei loro capitali, che stanno in paradiso...fiscale, non possono permettersi la democrazia, né quella rappresentativa con parlamenti che controllano gli esecutivi, né le forme di partecipazione diretta e popolare alle decisioni di politica economica: il principio una testa un voto alla lunga dovrebbe far prevalere il 99%, o quantomeno c'è questo rischio, se finisse il monopolio informativo a profitto delle classi dominanti, che resta uno strumento di intossicazione dell'opinione pubblica, anche quando sono minoranza politica in Parlamento.
Un Congresso come raramente si svolge in Italia. Con tempi contingentati per tutti, un Congresso dove si sono confrontate ben 5 mozioni, ma in cui il segretario sostenuto da una mozione con il 66% dei voti, è stato eletto con il 77%. Emotivamente spostato a sinistra, il più grande applauso è stato tributato ad un discorso di un delegato dei lavoratorei del Gruppo PILPA in lotta, quando ha concluso con un attacco a "quelli che non rispettano il valore del lavoro, la ricchezza deve tornare ai salariati", che fa il paio con l'attacco alla finanza, tout court, non alla finanza neo liberista o sregolata indicata come "il nostro nemico" da Segolenè Royale attuale Vicepresidente dell'Internazionale Socialista. Si potrebbe fare dell'ironia sull'estremismo verbale come copertura di una politica governativa ancora incerta, ma sarebbe facile. Accanto a un Gerard Filloche approdato da tempo al Partito Socialista, dopo essere stato il stato il segretario di un Gruppo della Galassia comunista la più settaria, rispetto al quale Ferrero farebbe figura di un socialdemocratico di sinistra, vi è Manueo Valls, ministro degli Interni, ugualmente applaurito quando si riferisce alla Repubblica bene supremo( “E’ la sinistra che ha inventato la Nazione)), quando annuncia la masima durezza nei confronti delle bande giovanili, che siano espressione di gruppo estremisti religiosi o di criminalità di quartiere. “Non tollereremo nelle nostre periferie alcun ordine di mafie o jjhadisti, il solo ordine è quello repubblicano” Ricchezza delle diversità più che contraddizioni Come anche è di per sé bello vedere un assemblea multirazziale anche negli oratori o vedere un compagno come Harlem Desire, figlio di una coppia mista, fondatore di SOS Racism diventare Segretario Generale o dopo un Forni, di origine piemontese , presidente dell’Assemblea Nazionale al tempo di Jospin, ritrovare alla presidenza in Bartolone, di origine siculo-maltese nato in Tunisia.
Vi consegno un pensiero tratto dal Manifesto UTOPIA che " bisogna avere dei sogni sufficientemente grandi per non perderli di vista"
Felice Besostri, inviato dell’Avvenire dei Lavoratori di Zurigo
Paolo Zanini: Per scacciare la malapolitica
La serata di mercoledì scorso al Circolo De Amicis Per scacciare la malapolitica: centralismo o federalismo? mi ha indotto a inviare per la prima volta alcune considerazioni a questa mailinglist, che seguo da tempo con interesse. Nel dibattito si è parlato di molti temi, ma solo pochi interventi hanno toccato quello che, a mio avviso, è uno dei punti centrali del malfunzionamento delle autonomie politiche in Italia. Mi riferisco all’impossibilità, con le attuali leggi elettorali, per i vari consigli e assemblee elettive di controllare giunte e governi. Le leggi elettorali comunali, provinciali e regionali, pur differenti tra loro, hanno tutte in comune una specie di elezione diretta di sindaci, presidenti e, come si dice con inquietante novità, governatori. Ora, se essi cadono, automaticamente i consigli e le assemblee che erano state elette al momento del voto, vengono sciolte. Accade così che ci siano governatori che sopravvivono a se stessi come Lombrdo, che cambia quattro o cinque giunte e altrettante maggioranze, rimanendo sempre padrone di un’assemblea che non può sfiduciarlo, pena l’autoscioglimento. Ora, poiché non è nelle corde della maggior parte degli uomini, e dei consorzi di uomini, la vocazione al suicidio, è evidente che consigli e assemblee sono sempre molto reticenti a far dimettere sindaci et similia e decretare al tempo stesso il proprio autoscioglimento. Nella cronaca recente ricordo consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose (e pure grandi come Reggio Calabria), regioni sciolte manu militari da dubbie inchieste (l’Abruzzo della giunta Del Turco), innumerevoli maggioranze azzoppate da inchieste e scandali. Ma non una sola giunta di una qualche rilevanza caduta in consiglio (o qualora caduta, come in Sicilia, sempre sostituita da un’altra con identico presidente, il che è perlomeno bizzarro e ricorda il surreale “azzeramento” di Formigoni dove, attorno a un dominus inamovibile si alternano come comparse intercambiabili gli assessori). Di fatto l’elezione diretta, pure apprezzabile per altri versi, specie per quanto riguarda i sindaci, ha reso i consigli ostaggi dei presidenti, togliendo ogni possibilità di controllo e di battaglia, anche a prescindere dalle maggioranze bulgare offerte da leggi che premiano oltre ogni buon senso i vincitori.
Così l’attività dei consigli (parlando in generale) perde il suo ruolo di controllo e diviene, inevitabilmente di sottogoverno. Certamente simile svilimento delle istituzioni rappresentative non rappresenta l’unica causa del malaffare che ha inquinato la politica italiana. Ma a mio avviso nemmeno l’ultimo. Mi chiedevo e vorrei chiedere a tutti se nel mondo occidentale esistano altri sistemi elettorali altrettanto perversi, che mischino presidenzialismo e parlamentarismo in questo modo, traendo da entrambi i sistemi i dati peggiori. Mi ricordo che tempo fa gli israeliani avevano introdotto per il loro premier qualcosa di altrettanto singolare: un sistema che univa elezione diretta e controllo parlamentare (già di per sé un assurdo), ma poi lo abbandonarono presto (da noi ai tempi della sciagurata Bicamerale di D’Alema non pochi rimasero suggestionati da tal esperimento, parlando di “premierato forte”). Io non sono un esperto di sistemi elettorali, ma la ratio delle leggi elettorali locali, provinciali e regionali in Italia mi sfugge completamente: o vi è un’elezione diretta dei presidenti o vi è un consiglio che controlla. Non credo che Berlusconi sarebbe caduto se il Parlamento si fosse immediatamente sciolto votandone la sfiducia.
paolo zanini
Franco Astengo: La crisi di un modello: il partito personale
LA CRISI DI UN MODELLO: IL PARTITO PERSONALE
L’uscita dalla scena politica, certificata anche dai giudici di Milano, di Silvio Berlusconi porta con sé, rispetto alla complessa realtà del sistema politico italiano, alcune novità del tutto fondamentali: prima fra tutte l’evidente necessità di quello che l’editoriale del “Corriere della Sera” di venerdì 27 Ottobre definiva “rimescolamento delle carte” (in termine tecnico “riallineamento sistemico”) e, inoltre, la crisi del modello del “partito personale” imposto proprio da Berlusconi nel 1994 e risultato dominante fino ad oggi.
Il “partito personale” può essere catalogato come frutto di un processo di evoluzione del “partito pigliatutti”, individuato da Kircheimer fin dagli anni'60 quale variante di natura prettamente elettoralistica della categoria dei partiti a “integrazione di massa”: si tratta di una categoria che, all'interno di un sistema politico particolarmente complesso come quello italiano, assume un significato particolare perché si tratta di un modello che nella situazione italiana è stato introdotto in connubio con l'altro modello del “partito-azienda”, per esaltare in maniera esasperata la personalizzazione della politica intesa come funzionale all'uso dei mezzi di comunicazione di massa (in particolare della televisione) in luogo dei meccanismi tradizionali di partecipazione, con gli effetti sul linguaggio, la qualità dell'agire politico, il rapporto tra politica e società, l'uso delle istituzioni che abbiamo tutti davanti agli occhi (altri modelli di “partito personale” all'epoca furono, con diversa fortuna, la Lega Nord che è rimasta ancorata comunque a quello schema fino alla caduta del padre fondatore e adesso molto incerta sulle prospettive da questo punto di vista e il Patto Segni, invece rapidamente esauritosi).
L'utilizzo di Internet come mezzo di velocizzazione del messaggio ha poi completato il quadro di una radicale trasformazione del soggetto collettivo e dell'agire individuale in politica (come in tanti altri campi, compresa l'economia).
La premessa, quindi, è quella che il modello del “partito personale” è un modello che non appartiene alla tradizione della sinistra.
Difatti a onor del vero il filone PDS-DS-PD da un lato e quello PPI-Margherita-PD dall’altro non l’hanno adottato, finendo con l’attrezzarsi (si fa per dire) attraverso una forma di confuso “pigliatutti” e ideando uno schema di “primarie all’italiana” che, fuori dallo specchietto delle allodole della partecipazione democratica (come ha fatto ben rilevare Nadia Urbinati) rende molto complessa la vita interno del partito “ibrido” o della “amalgama mal riuscita” come lo definì a suo tempo Massimo D’Alema.
Altri, invece, a sinistra come a destra (o anche all’interno dello stesso PD utilizzando proprio lo schema delle primarie) hanno adottato il modello che, in questo frangente, mi permetto di definire, pur con un termine giornalistico e non politologico, “berlusconiano”.
Quel modello che, costatata l’impossibilità di ridurre lo schema di riferimento del sistema politico italiano non tanto al bipartitismo (il sogno della messa nel cassetto della “vocazione maggioritaria”) ma almeno al bipolarismo, sarà superato nei fatti obsolescendo rapidamente, com’è nella logica dell’era della velocità dei messaggi e delle comunicazioni di massa: se ne sta accorgendo anche lo stesso leader del Movimento 5 Stelle (o perlomeno i suoi guru) che potrà ancora sfruttare l’onda della cosiddetta ”antipolitica” almeno fino alle elezioni legislative generali del 2013, ma poi dovrà affrontare anch’esso il difficile tema che sto proponendo in questo caso.
Il rischio, vero, è quello di cadere dalla padella nella brace: dal partito personale a un ritorno, in pieno, all’ottocentesco (se non settecentesco) “partito dei notabili”, favorito dalla profondità con la quale la segmentazione individualistica ha inciso sulla struttura delle forze politiche ed anche dalle stesse condizioni sociali ed economiche che paiono ristabilire, in tanti campi, il sistema del “censo” che era appunto quello attraverso il quale, all’epoca si selezionava tra pochi eletti la classe politica: i sistemi di finanziamento, le possibilità di accesso ai “media”, le leggi elettorali (punti che, per evidente economia del discorso non affronto in questa sede) costituiscono tutti elementi sui quale appare già, fin da esso, poggiare un’idea di ulteriore restringimento nel rapporto tra politica e società (il metodo luhmanniano adottato in pieno).
Come può la sinistra d’alternativa, tuttora priva in Italia di un’adeguata rappresentanza politica, rispondere a questo stato di cose, assai preoccupante e negativo?
Muovendosi controcorrente, decisamente controcorrente, lavorando sull’idea del “partito a integrazione di massa”: il modello sulla base del quale si mossero i grandi partiti del ‘900 e sul quale poggiano, ancora, pur con tutti gli opportuni correttivi dettati dal modificarsi dei meccanismi di relazione sociale in particolare sul piano dei mezzi di comunicazione di massa, il PSF e l’SPD (ma anche la Linke) tedesca: si badi bene, non è un problema di numeri, elettorali e /o di iscritti, ma una questione teorica, di modello che può essere adottato proprio in funzione di far crescere anche sul terreno quantitativo una soggettività di sinistra che, pure, deve rintracciare sul piano qualitativo, di una “diversità” di fondo nella dimostrazione quotidiana del proprio agire politico, la ragione per proporsi rappresentativa di vaste masse popolari.
D’altro canto, per identificare la realtà di un partito di massa, basterà muoversi sul piano dell’antica contraddizione capitale/lavoro, quella contrapposizione di classe, per dirla in modo diretto, che mai come in questo momento, ben al di là dell’innegabile complessità sociale, appare evidente in ogni atto dell’insieme delle relazioni sociali in questa parte del mondo.
Savona, li 27 ottobre 2012 Franco Astengo
venerdì 26 ottobre 2012
Peppe Giudice: PD e socialismo largo
Giuseppe Giudice
PD E SOCIALISMO LARGO
Renzi non è un corpo estraneo al PD. E' il PD stesso nelle sue ragioni fondanti. Certo con una ulteriore precipitazione. Sono molto più corpi estranei al PD Epifani. Fassina e lo stesso Bersani che mi pare uno dei pochi dirigenti postcomunisti convintamente socialdemocratico.
Il PD nasce come l'apoteosi del pensiero secondo-repubblichino: il soggetto politico erede a tutti gli effetti dell'ulivismo degli anni 90. La alleanza con DI Pietro non è stata meramente una operazione tattica di tipo elettorale. Corrispondeva invece alla ricostruzione di polo liberal-tecnocratico-giustizialista nell'ambito di una perpetuazione sul medio periodo della contrapposizione berlusconismo-antiberlusconismo. E la sinistra soprattutto quella socialdemocratica doveva sparire o magari ridursi a forza residuale in un partito centrista. Poteva invece restare una sinistra minoritaria inconcludente, neo-comunista o senza aggettivi. Una sinistra che abbaia ma non morde. Sono arrivato a pensare che tra Veltroni e Bertinotti vi fosse un patto per liquidare ogni possibilità di rinascita di una sinistra di governo. Del resto l'espulsione del socialismo dalla II repubblica e la stessa demonizzazione del socialismo italiano erano funzionali al disegno di un bipolarismo fortemente avulso dagli schemi europei ed in cui la politica perdeva ogni forma reale di autonomia, anche culturale, rispetto ai poteri forti ed alle varie tecnocrazie (inclusa la magistratura). Certo oggi la crisi economica investe tutta l'Europa, Ma in Italia si vive la sovrapposizione e l'intreccio di questa crisi con la profonda decadenza della politica di cui il PD è uno dei tasselli. Il PD ha poco a che vedere con il socialismo europeo. Ha una parte di esso che è in sintonia, ma è appunto quella parte che di fatto è estranea alle ragioni fondanti del pd . Una semplice vittoria di Bersani non comporta la vittoria di una posizione socialdemocratica, in quanto con Bersani c'è molta zavorra che non vuole affatto un partito socialdemocratico. Da questo punto di vista una buona affermazione di Vendola (magistratura permettendo- che tempismo, però!) è quindi importante. Ma in prospettiva è il superamento del PD che potrà permettere la possibilità di una rinascita di una sinistra di governo. Che non potrà essere una formazione indistintamente progressista (versione postdalemiana del nuovismo veltroniano) o una sinistra senza aggettivi. Rino Formica, prima del suo infausto innamoramento per Tremonti, usò una espressione molto efficace: socialismo largo. Cioè un soggetto socialista che fosse una infeconda rimpatriata dei soli ex iscritto al Psi, ma il luogo in cui potessero ritrovarsi tutti coloro che convintamente credono nel socialismo democratico nel XXI Secolo. Una sinistra saldamente radicata nel PSE ed in forte sintonia con quelle componenti interne al socialismo europeo che con più decisione intendono marcare una rottura di continuità con le derive neoliberali del blairismo. Solo una chiara collocazione di quadro e di natura strategica può dare un orientamento politico coerente. Chi vede in Chavez o in Syriza il futuro della sinistra non ci interessa. Non possiamo lasciare il campo aperto alle ambiguità. Come non ci interessa Cesaratto. Certo non è facile uscire in breve tempo dal pantano della II Repubblica, con tutte le subculture che ha prodotto. Ma deve essere chiaro l'obbiettivo ed il percorso da conseguire. La crisi del PDL accentuerà la crisi del PD. Dobbiamo tenerci pronti ad un cambio di paradigma. Lo scontro tra Bersani e renzi ha trasformato le primarie in cosa diversa. Lo scoppio delle contraddizioni insanabili del PD. Non basta certo una vittoria di Bersani, occorre anche una seria affermazione di Vendola. Ma poi occorre orientare politicamente e culturalmente verso una Bad Godesberg dela sinistra verso un socialismo largo, il processo eventualmente aperto. Il Network e le altre associazioni socialiste non potranno certo far molto per influenzare gli equilibri politici interni al centrosinistra ma potranno contribuire ad orientare il dibattito se si avranno le idee chiare circa i nostri obbiettivi.
giovedì 25 ottobre 2012
mercoledì 24 ottobre 2012
martedì 23 ottobre 2012
lunedì 22 ottobre 2012
domenica 21 ottobre 2012
Franco Bartolomei: Il paradosso della compatibilità tra Monti, Hollande e la SPD
Il paradosso della compatibilita' tra Monti , Hollande e la SPD ..
pubblicata da Franco Bartolomei il giorno Domenica 21 ottobre 2012 alle ore 10.22 ·
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La scelta della SPD di candidare alla carica di Cancelliere l'ex ministro delle finanze del precedente governo di grossekoalition , presieduto dalla Merkel , costituisce la prova che non esiste nessuna svolta a sinistra da parte dei Socialdemocratici Tedeschi , e come in realta' si vada consolidando in Germaniaci una sostanziale omogeneita' tra le proposte della Merkel e quelle della SPD.
Questo esito era per me gia' implicito nel famoso documento comune di un anno fa' tra SPD e PSF , che accoglieva in pieno il punto di vista BCE dell'europa a due standard di politica sociale , quale frutto logico della accettazione sostanziale dei tassi differenziati tra i diversi paesi del'area Euro e delle politiche di compressione forzata del deficit quale riferimento decisivo nella valutazioni di conformita' dell'operato dei governi .
La cosa triste e' che a ben vedere le politiche di Hollande , quelle prospettate da Steinbruck, e l'agenda Monti , sono assolutamente compatibili e complementari .La dimostrazione di questo assunto , solo apparentemente paradossale , e' costituito dall'introduzione in Francia da parte del governo Hollande del fiscal compact , con conseguente obbilgo di pareggio di bilancio , e dall'abbandono , del tutto prevedibile , delle promesse elettorali su un fortissimo incremento delle tassazioni di natura patrimoniale , e sul divieto di operazioni borsistiche di natura prettamente speculativa ed aleatoria .
Non e' un caso , quindi , Bersani , nel ribadire costantemente il suo riferimento ad Hollande eviti sistematicamente di rivolgere critiche di merito all'operato del governo Monti , limitandosi a lanciare alle autorita' europee il messaggio che un governo a guida PD e' in grado di assicurare lo stesso livello di affidabilita' nella attuazione delle politiche di sterilizzazione del bilancio pubblico finora concordate da Monti .
Penso, al contrario , che una Sinistra ,consapevole della ingiustizia e della inadeguatezza del modello finanziario e speculativo che ha portato al predominio dei mercati sulle scelte di politica sociale dei governi , debba invece rendersi conto di come questo sistema non sia assolutamente in grado di riavviare un processo di crescita dell'economia reale , e come, di conseguenza , una alleanza tra le forze della Sinistra debba essere ricostruita attorno ad un progetto di inversione del rapporto tra politiche di crescita , da persaguire attraverso gli investimenti pubblici ed il riequilibrio fiscale , e rigore di bilancio , da perseguire esclusivamente attraverso l'abbattimento delle spese del sistema politico e lo sradicamento del rapporto corrotto e corruttivo esistente tra gestione amministrativa e rappresentanze politiche . senza piu' alcun intervento di taglio del sistema di Welfare esistente e senza piu' alcuna compressione della massa salariale .
-------------In realta' il processo di ridefinizione a sinistra del Socialismo europeo , che per tutti noi costituiva un elemento essenziale del possibile riferimento politico ad esso di tutti i nuovi processi costituenti nella sinistra italiana , pare essersi esaurito .
In particolare emerge come l' impostazione della Spd si sia nuovamente riallineata alla normale dialettica destra-sinistra possibile all'interno di un paese euro in condizioni di rapporto deficit-pil di non emergenza .La candidatura alla cancelleria di uno Schroederiano puro segna infatti l'abbandono di ogni possibile riferimento programmatico, nella azione della SPD ,a quella possibile alternativa di modello che sulle prime la segreteria Gabriel aveva vagheggiato .
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Questa "normalizzazione" politica della SPD ha trovato appoggio sulla accettazione da parte della sig ra la Merkel del progetto di Draghi , ispirato dalla Fed e dall'FMI , di garantire interventi BCE a copertura e scudo dei bond dei paesi in difficolta' .Su questa nouova base di riferimento delle politiche di difesa dell'euro la Spd ha perfettamente condiviso, con la cancelliera, anche attraverso il recente voto unitario al bundestag su cui la sola Linke ha sollevato il ricorso alla corte costituzionale tedesca recentemente deciso , che qualora questo intervento BCE a protezione avvenga su richiesta degli stati in emergenza debbano scattare interventi di commissariamento sostanziale delle loro politiche di bilancio, diretti al controllo cogente della rigorosa osservanza dei vincoli generali del fiscal compact , e di tutte le nuove ulteriori misure che venissero dai commissari ritenute necessarie a garanire la solvibilita' futura della anticipazione della BCE .
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Gli stessi elementi programmatici innovativi che permangono nella proposta Socialdemocratica rientrano perfettamente all'interno di una continuita' di modello , ed anzi puntano a costituire fattori di rafforzamento e protezione di un sistema finanziario che si punta a riattivare , considerandolo sempre l'elemento strutturale principale della tenuta economica dell'occidente sviluppato .
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La Germania , cosi'come la Francia , ha infatti una tradizione di correttezza e responsabilita' fiscale molto radicata nella propria borghesia nazionale che porta nei momenti di emergenza alla adozione senza traumi di un rafforzamento del prelievo fiscale sulle classi agiate senza alcun trauma , e questo in genere avviene all'interno di una dialettica tra destra moderata e sinistra moderata , quali sono la CDU e la SPD , senza traumi e scontri , a differenza nostra dove la classe politica vive in uno stato di assoluta autoreferenzialita' , dove 4 regioni sono in mano alla criminalita' organizzata , e dove la borghesia e' debole e irresponsabile .
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Inoltre il governo Schroeder -Steinbruck ha stanziato a copertura dei deficit bancari tedeschi dopo il 2009 la somma impressionante di 300 miliardi di Euro , tratti tutti dal bilancio dello stato , e corrisposti senza alcun disegno a monte di pubblicizzazione del sistema , per cui e' evidente che ora venga quantomeno sostenuta , non solo dalla Spd per la verita', la necessita' della separazione tra banche d'investimento e banche di raccolta credito , sulla base di un orientamento di fondo , sostanzialmente autorizzatorio , che certo non viene dalla fondazione Ebert , ma dalla Federal Reserve , che tutto e' fuorche' un tempio socialdemocratico mondiale , che sta ragionando sulla reintroduzione delle precedenti cautele previste dealo Steagall act di introduzione roosveltiana , abolito da Clinton con il plauso di Blair e di Prodi .
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Inoltre la germania e' oggi nelle condizioni di poter fruire di un dividendo generale derivante dal rafforzamento dei tassi differenziati tra i paesi euro , conseguente agli inasprimenti degli spread di tutti i paesi ogetto di esportazioni di merci tedesche , che consente alla germania quella politica di rafforzament della domanda interna , a spese dei piggs e dei paesi slavi ex comunisti , che in modo lungimirante , e molto ipocrita e vampiresco , la SPD ha posto come obiettivo nel famoso documento stilato due ani fa' assieme al PSF , che costituisce la base politica della compatibilita' di cui ho parlato tra le politiche attuali di Francia e Germania da una parte e di Monti dall'altra .
■Compatibilita' tra una politica di possibile riequilibrio sociale dei ricchi e una politica di taglio violento della spesa , con tutto quello che ne consegue , nei paesi sotto attacco finanziario , sopratutto qualora dovessero ricorrere al questo nuovo scudo BCE che, capiamoci bene, ha valenza benefica solo nel momento in cui ne viene annunciata l'esistenza , ma diviene terribile per lo stato a cui viene applicato .
■La divisione tra banche di credito e banche d'investimento , cosi come l'innalzamento dei parametri patrimoniali delle banche stabiliti da " Basilea 3" , non costituiscono infine modifiche strutturali di modello , ma solamente protezioni finalizzate a riprodurlo poiche costutituiscono una alternativa , solo apparentemente innovativa , alla introduzione attraverso una nuova Bretton Woods di un generalizzato divieto dei CDS , dei Derivati sui bond pubblici , dei contratti finanziari aleatori e meramente speculativi , dei paradisi fiscali , e delle agenzie di rating private come soggetto regolatore dei mercati , e delle condizioni sociali e salariali minime comuni tra tutti gli stati aderenti al WTO .
■ Franco Bartolomei -segreteria nazionale del PSI .
Documento della sezione socialista indipendente Eugenio Colorni
Documento della sezione Socialista
indipendente “Eugenio Colorni”
Il documento scaturito dalla riunione, del 15 settembre scorso,del coordinamento fra il Network socialista e il gruppo di Volpedo, a cui ha partecipato il Segretario Giovanni Rebechi, noi riteniamo che non possa rappresentare un punto di partenza della nostra volontà di riportare gli ideali socialisti all’attenzione di compagni che si trovano, variamente collocati, o non aderenti a nessuna delle forze politiche presenti nel Paese.
Per questi motivi riteniamo che si tratti di un documento tutto mirato ad inserirsi nella contingenza, schierandosi a sostegno acritico delle posizioni di SEL, senza affrontare l problema di fondo: quello di ricostruire un movimento socialista organizzato. è chiaro che non siamo indifferenti ai problemi posti dalla scadenza elettorale e naturalmente la nostra posizione è alternativa alla destra; ciò, tuttavia, è altro rispetto a quanto noi riteniamo prioritario al fine di condurre ogni sforzo per ridare al socialismo una presenza organizzata degna della migliore storia.
Gli ideali socialisti di giustizia sociale, di democrazia, di partecipazione alla vita politica, per una società più giusta, che emancipi i lavoratori e non li renda schiavi del dio denaro, nelle sue attuali forme degenerative, devono ritrovare spazio nel dibattito politico, e ciò giustifica le nostre idee.
I tecnocrati che si sono mossi in una fase di sospensione della vita democratica, non possono che lasciare spazio al ritorno alla presenza della politica e dei partiti, con la piena attuazione dei dettati costituzionali, e rappresentano un esperienza pericolosa per la democrazia italiana.
Riteniamo che le riforme che servono al Paese non sono quelle di più tasse e meno diritti, di meno tutele e più doveri. è che sia necessario il ritorno ai principi di democrazia, di partecipazione ed etici che hanno guidato i padri fondatori della Repubblica e le ragioni della Repubblica medesima.
Franco Astengo: La destrutturazione del sistema politico italiano
LA DESTRUTTURAZIONE DEL SISTEMA POLITICO ITALIANO
Alla vigilia di una fase che si preannuncia molto complessa, comprensiva anche di appuntamenti elettorali parziali e generali, la sinistra d’alternativa è chiamata ad un compito di analisi, di riflessione, di proposta politica cui mi piacerebbe essere in grado di fornire un serio contributo.
Nel corso degli ultimi anni si sono verificati fenomeni di vera e propria involuzione nella capacità di esprimere un determinato grado di cultura politica, da parte dei principali attori operanti nel sistema.
Sotto quest’aspetto alcune linee appaiono assolutamente meritevoli di approfondimento:
1 Le influenze internazionali. L'Italia è l'unico paese del mondo occidentale che vede il sistema politico destrutturarsi totalmente con la crisi del '92-'94 (fenomeno che va ripetendosi ai giorni nostri). Solo nei paesi latino americani (e ovviamente in termini diversi, nell'Europa dell'Est) è avvenuto un processo analogo. Questo fatto colloca le radici della crisi in una storia di lungo periodo del sistema politico e individua negli anni '70-'80 la conclusione di un ciclo iniziato nel dopoguerra. Allo stesso tempo avvicina (ovviamente solo sotto alcuni aspetti) il sistema politico italiano ad alcuni modelli partitici più fragili e fortemente condizionati dalle linee della Guerra Fredda. Pertanto l'intreccio nazionale/internazionale è un punto di partenza decisivo, anche se solo nel definire la premessa, dello scenario che ha avviato e determinato la crisi italiana.
2 Le influenze dei media. Le caratteristiche della crisi del'93 sono state assolutamente originali. Nel nostro Paese il peso di forze mediatiche ed economiche è sproporzionato rispetto agli altri Paesi e assegna ruoli decisivi a forze esterne al sistema politico (su questo punto è apparsa notevole l'intuizione presente nel documento della cosiddetta "Rinascita Nazionale" elaborato dalla loggia massonica P2 nel 1975). Questo fatto ha implicato una discontinuità con la storia dell'Italia repubblicana ed anche, per alcuni aspetti, della stessa storia dell'Italia liberale. Sono state capovolte gerarchie tradizionali nel rapporto tra sistema politico e forze sociali. Alcuni di questi soggetti sono diventati protagonisti assumendo la leadership o comunque condizionando partiti e coalizioni.
3 Il cambiamento politico-istituzionale. Un cambiamento che ha riguardato tutta l'impalcatura della Repubblica. Il sistema elettorale ha facilitato e accelerato questo cambiamento. Il sistema uninominale (in vigore dal 1994 al 2001) ha consentito l'affermazione di questi nuovi protagonisti e, allo stesso tempo, ha fotografato i rapporti di forza. Inoltre ha consentito a tutte le forze residuali nate dalla frammentazione del 92-94 di giocare una funzione nell'equilibrio delle coalizioni sproporzionata al peso effettivo. La risposta a questo problema, avutasi con l'ulteriore modifica della legge elettorale del 2005, ha ulteriormente aggravato lo stato di cose, riducendo la rappresentatività reale delle forze politiche, ormai ridotte (molto volentieri, dal loro punto di vista) al solo "potere di nomina" (oltre a disporre di un rilevantissimo “potere di spesa” che ho cercato di analizzare più avanti, cercando di occuparmi della nuova qualità della “questione morale”) e provocando problemi molto seri di vera e propria credibilità per le più importanti istituzioni rappresentative. Al tempo stesso il meccanismo si è trasferito sul piano locale, dove appare sempre meno verticalizzato il rapporto tra centro e periferia: è mutato, soprattutto, il ruolo dei vertici istituzionali, Sindaci e Presidenti di Regionale, essenzialmente sul piano politico.
4 In questo ambito ha preso consistenza una nuova qualità della “questione morale”. Oggi la situazione, è cambiata rispetto soltanto a qualche anno fa e la “questione morale 2012” si presenta con caratteristiche ben diverse: per un certo periodo, al centro della scena, ci sono stati pezzi di sistema bancario (o presunto tale, perfettamente in linea con le caratteristiche che stava assumendo la crisi) con l’emergere di un ruolo della Banca d'Italia, da giudicare del tutto inquietante.
Si era aperta quindi una fase di passaggio non trovandoci più dentro alla classica contrattazione di tangenti tra sistema politico e sistema economico, ma alla rappresentazione diretta del sistema economico nella politica: insomma, la politica viene “usata” direttamente, senza intermediazioni, per “fare affari”.
Sotto quest’aspetto chi si era permesso di dichiarare che economia produttiva ed economia finanziaria, al giorno d'oggi, si equivalgono nel giudizio di valore, non ha avuto ben presente la gravità e il peso delle parole che stava pronunciando.
Il quadro è, ancora, in questi mesi ulteriormente cambiato, perché la “questione morale” appare essersi costruita una propria realtà autonoma, all’interno del sistema politico partendo proprio dall’importanza del peso della esasperazione della personalizzazione della politica che ha portato molti ad assumere , in proprio, un ruolo nel concerto economia/politica, se non nel rapporto politica/malavita organizzata.
Su questa basi si è nel frattempo aperto un vero e proprio “fronte” di decostituzionalizzazione del nostro sistema politico.
Stiamo assistendo, in Italia, alla costruzione di un regime personale e illiberale di tipo nuovo, senza precedenti né confronti nella storia, che è il frutto di molteplici fattori di svuotamento della rappresentanza politica.
Il fattore principale che ha generato lo stato di cose in atto è rappresentato dalla verticalizzazione e personalizzazione della rappresentanza.
Il fenomeno è presente in molte altre democrazie, nelle quali la rappresentanza si è venuta sempre più identificando nella persona del Capo dello Stato o del governo e si sono indeboliti o esautorati i Parlamenti.
Nel nostro caso però siamo di fronte ad una forte accelerazione verso il compimento di un passaggio verso quella che è stata definita “democrazia di competenza”, rappresentata nel caso dal cosiddetto “governo dei tecnici” che ha operato proprio nel senso appena indicato della già definita “decostituzionalizzazione” del sistema, attorno a tre punti:
1) L’uso della leva internazionale, ed in particolare delle istituzioni economiche europee, allo scopo di affrontare la crisi da un solo, esaustivo, angolo di visuale;
2) Il rimodellamento della struttura dello Stato in senso di un riaccentramento dei poteri. Ovviamente, negli anni scorsi, sul terreno del decentramento dello Stato e del cosiddetto “federalismo” sono stati commessi degli errori, valutando malamente il riaffacciarsi della frattura “centro-periferia”. Si prenda ad esempio la frettolosa modifica del titolo V della Costituzione attuata dal governo di centrosinistra nella fase finale della legislatura 1996-2001 e la messa in moto dell’infernale macchina dell’elezione diretta di Presidenti e Sindaci, fonte di sprechi immensi e di ulteriore distacco tra i cittadini e le istituzioni. Adesso, però, è in atto un tentativo “feroce” di passaggio verso una situazione nella quale le leve del potere principale, quello di erogazione delle risorse, torna in piena potestà del potere centrale che intende usarlo proprio nella logica indicata al punto precedente, al riguardo delle imposizioni che arrivano dalle istituzioni economiche europee;
3) Per via legislativa, approfittando della presunta emergenza imposta della crisi, si sono già modificati quei rapporti tra la prima e la seconda parte della Costituzione Repubblicana che avevamo giudicato intangibili proprio per via del sottile equilibrio esistente tra diritti, doveri e attuazione delle norme in materia delle strutture operative dello Stato e della società. Attraverso l’attacco diretto ai diritti dei lavoratori, esplicitatosi in provvedimenti molto pesanti che hanno posto in discussione lo stesso Statuto dei Lavoratori (provvedimento non incluso in Costituzione, ma sicuramente definibile di rango costituzionale) quell’equilibrio è già stato spezzato in maniera che potrebbe essere giudicata, a prima vista, come irrimediabile. Le cronache sindacali di questi giorni ci indicano con chiarezza la gravità dello stato di cose in atto.
In questo senso il nostro sistema politico ha assunto una connotazione apertamente populista, mai così apertamente in campo attraverso l’apparente “sobrietà” del governo dei tecnici, in particolare contrapposta alla demagogia debordante del precedente governo di estrema destra.
Di populismo comunque si tratta perché come ha scritto Kelsen non esiste "una volontà collettiva" , non essendo il popolo "un collettivo unitario omogeneo" e la sua assunzione ideologica serve solo "a mascherare il contrasto di interessi, effettivo e radicale, che si esprime nella realtà dei partiti politici e nella realtà, ancor più importante, del conflitto di classe che vi sta dietro". La democrazia, ha aggiunto Kelsen, è un regime senza capi, giacché sempre i capi tendono ad autocelebrarsi come esseri eccezionali e come diretti interpreti della volontà e degli interessi popolari.
L'idea presidenzialistico - maggioritaria che presiede al processo di decostituzionalizzazione del sistema politico italiano cui stiamo facendo riferimento è anche radicalmente anticostituzionale, dato che ignora i limiti e i vincoli imposti dalla Costituzione ai poteri della maggioranza riproducendo in termini parademocratici, una tentazione antica e pericolosa, che è all'origine di tutte le demagogie populiste ed autoritarie: l'opzione per il governo degli uomini, o peggio di un uomo, il capo è naturalmente contrapposta al governo delle leggi e la conseguente insofferenza per la legalità avvertita come legittimo intralcio all'azione del governo.
Fu proprio questa concezione che fu rinnegata dalla Costituzione del '48 all'indomani della sconfitta del fascismo, che dopo aver conquistato il potere con mezzi legali, distrusse la democrazia edificando un regime totalitario proprio sull'idea del capo come espressione diretta della volontà popolare. Di fronte a questo stato di cose, qui riassunto schematicamente nei tratti essenziali, la sinistra ha il dovere di contrapporre una chiara e netta linea istituzionale, partendo dalla riaffermazione di fondo della intangibilità della forma parlamentare: non c' nessuna investitura diretta di alcuna figura istituzionale a livello centrale. Il Governo continua (e deve continuare) a ricevere la fiducia da Camera e Senato, il Presidente del Consiglio è incaricato dal Presidente della Repubblica.
E' necessario difendere rigorosamente la suddivisione dei poteri ed in particolare, riaffermata la natura parlamentare della nostra Repubblica, l'indipendenza della magistratura, da qualsivoglia ingerenza del potere politico. Il nodo più controverso riguarda, però, la struttura stessa del sistema politico. E' nostra opinione che la struttura portante del sistema politico debba rimanere, nonostante tutto, formata dai partiti che debbono riprendere un ruolo rispetto alla società, ricoprendo un ruolo di "integrazione di massa", di soggetto "intermedio" di collegamento e non di semplice sede separata meramente garante del mito della governabilità, anzi facendosi promotore di un forte rilancio del ruolo dei consessi elettivi a tutti i livelli (sotto questo aspetto debbono essere sottoposti a forte critica le cosiddette "primarie").
L’idea delle “primarie” si lega, infatti, strettamente all’affermazione del concetto di “partito personale” e di dialogo diretto del leader con il “popolo”, attraverso l’adesione a tutte le pieghe di quel processo di ripensamento totale del sistema politico in senso autoritario, che è stato fin qui descritto.
Il tentativo di analisi che sto cercando di sviluppare attorno alla realtà della crisi del sistema politico italiano e alla possibilità di avanzare una proposta per un nuovo soggetto della sinistra d'alternativa, risulterebbe del tutto monco senza alcuni accenni (molto brevi e, di conseguenza, anch'essi del tutto schematici) alla grave crisi economico-finanziaria in atto a livello globale.
La crisi finanziaria e la recessione economica, partita dagli Stati Uniti e propagata dalla globalizzazione al mondo intero, rappresentano un clamoroso fallimento del neoliberismo e delle sue politiche di "deregulation", ispirate dal culto di un mito chiamato "assoluta libertà" del mercato che è in verità la libertà di una ristretta oligarchia che decide su scala mondiale, la più grande e sconvolgente redistribuzione di capitali, lavoro, risorse.
L'occasione offre una posta alta: l'egemonia culturale e morale nel mondo sviluppato.
La sinistra dovrebbe essere capace di leggere la necessità del cambiamento e trovare la forza di proporre un modello di società all'altezza dei tempi, soprattutto per le giovani generazioni.
Il neoliberismo ha respinto nettamente l'interferenza dello Stato sul Mercato in nome della fede indiscussa nella sua capacità di autoregolazione.
Così si è pervenuti alla conquista di una posizione di forza rispetto allo Stato nazionale (il vero e proprio punto di “cessione di sovranità”), mentre si è verificato un intreccio collusivo tra classe politica e élite capitalistica.
Abbiamo già avuto modo di osservare come le conseguenze economiche e sociali dell'offensiva capitalistica non sono certo quelle promesse dai profeti del neoliberismo, da Friedman a Von Hayek, fino al decretatore della "fine della storia" Francis Fukuyama.
Una crisi di grande portata storica ha, infatti, investito l'economia ed essa rappresenta il segno tangibile di un clamoroso fallimento dell'ideologia (spacciata per "fine delle ideologie") che ha egemonizzato un ciclo, ormai trentennale.
Negli ultimi trent'anni, infatti, la distanza dei redditi dei più ricchi e quella dei più poveri è diventata enorme: la diseguaglianza è il connotato più caratteristico della fase del capitalismo globalizzato.
Si tratta di una tendenza perversa rispetto al bisogno di coesione sociale.
Queste tendenze si risolvono dunque in una polverizzazione della società. Bauman la chiama liquefazione (la "società liquida"), Marx scriveva "dissolvimento".
L'indebolimento dei diritti dei cittadini è insieme un indebolimento della democrazia.
Il libero mercato e la concorrenza spietata fra le imprese hanno spostato l'attenzione sui consumatori e gli investitori invece che sui cittadini portatori di diritti.
Per attrarre i consumatori con prezzi stimolanti, si sono tagliati i costi: il metodo più semplice è stato quello di tagliare salari e diritti dei lavoratori.
Un sistema, però, che sembra essere giunto al capolinea non soltanto negli stati industrialmente avanzati dal punto di vista “storico”, ma anche in quelli delle nuove economie “affluenti”.
Un problema nuovo degli ultimi decenni è la coesistenza in ogni persona di due modi diversi di porsi di fronte alla società: quello del consumatore e quello del portatore di diritti in una democrazia.
La democrazia e il capitalismo hanno rovesciato il loro rapporto: il capitalismo sopraffà la democrazia.
Non è certo possibile, in questa sede, sviluppare una proposta organica di affrontamento di questi grandi temi. Mi limito, allora, a elencare i nodi critici che hanno caratterizzato lo sviluppo capitalistico degli ultimi decenni e rendono conto, con chiarezza, le sue contraddizioni e i suoi limiti:
1 In questo quadro la società mondiale è economicamente molto più instabile. La liberazione dei movimenti di capitale da ogni regola, oltre a sradicare l'economia dalle radici nazionali, ha prodotto un’interminabile serie di terremoti monetari e di recessioni. A livello internazionale è ancora in pieno corso una "tempesta perfetta" che mette a repentaglio un intero modello di sviluppo.
2 Le diseguaglianze sociali invece di diminuire sono più pronunciate che nel periodo del "welfare state" e del capitalismo democratico. Si è verificata una divaricazione drammatica della distribuzione dei redditi nei paesi in via di sviluppo e un inasprimento delle diseguaglianze nei paesi ricchi, con effetti disgreganti sulla coesione sociale e nel comportamento morale prodotti dalla competitività accesa per soddisfare le gratificazioni individuali.
3 L'inversione delle priorità sociali, che ha portato al declino dei beni collettivi rispetto a quelli privati. I beni sociali fondamentali (salute, sicurezza, ambiente, educazione) che erano al centro dello Stato Sociale, sono ridotti a costi da minimizzare.
4 Il problema della sovranità politica con lo spostamento delle decisioni strategiche dall'area democratica a quella capitalistica. Lo Stato è in gran parte privato della possibilità di definire la sua politica economica in un sistema in cui non ha più senso la distinzione tra il mercato, fondato sulla legge dello scambio, e lo Stato fondato sull'equilibrio della legittimità democratica del potere.
5 La sostenibilità ambientale determinata dalla circostanza incontrovertibile che le risorse naturali non sono di quantità infinita e che le emissioni prodotte dal processo industriale hanno un limite di tollerabilità
6 La fragilità di un sistema basato sull'accumulazione finanziaria di risorse al momento inesistenti, anticipate dall'indebitamento a carico del futuro.
Su quale terreno, allora, collocarci per affrontare questi nodi così intrecciati?
Marx ha dedicato pagine memorabili a descrivere la potenza rivoluzionaria e modernizzatrice del capitalismo e come questo ha travolto le società precedenti, rivelandosi il più grandioso sistema di mobilitazione della ricchezza del mondo sviluppato.
Nello specifico del “caso italiano” (inquadrato, ovviamente, nel già più volte richiamato contesto europeo) appare totalmente insufficiente il ruolo del PD emerso come soggetto compromissorio e "ribellistico, un partito davvero capofila sul piano dell'allontanamento dalle istanze sociali.
Ed è questa la ragione di fondo per la quale appare impossibile una strategia delle alleanze nei confronti di questo partito, al di là delle ragioni tattiche e contingenti derivanti dai meccanismi elettorali e/o dalla sempre strumentalmente evocata necessità di contrapporsi alla destra.
L’attuale conformazione delle forze di sinistra d’alternativa presenti nel nostro panorama politico non risulta all’altezza delle contraddizioni che ho cercato, sia pure sbrigativamente, di enucleare fin qui.
Serve mettere in moto un meccanismo nuovo che punti a costruire una soggettività politica a partire dal basso, dalle presenze territoriali (senza nessuna concessione, però ai movimentismi che hanno caratterizzato , in senso deteriore, il primo decennio del nuovo secolo).
La sinistra, i comunisti, i soggetti rappresentativi delle altre contraddizioni post-materialiste affermatesi negli ultimi decenni, devono poter disporre di un soggetto forte sul piano dell’identità, affermando una presenza che, sia pure nella contingente ristrettezza dei numeri affermi una propria egemonia di contenuti, recuperando un ruolo sul terreno culturale e ponendosi in grado di proporre un’idea complessiva, generale di società alternativa.
Serve un salto nella storia: ma non si potrà fare alcun salto senza prima fare spazio al pensiero di un diverso futuro.
Savona, li 19 Ottobre 2012 Franco Astengo
sabato 20 ottobre 2012
PES Secretary General meets Labor leader Shelly Yachimovich, as Israeli General Election called: “Israel must use this opportunity to go in a progressive direction” | PES
venerdì 19 ottobre 2012
giovedì 18 ottobre 2012
francesco somaini: dialogo tra socialisti sulle primarie
DIALOGO TRA 7 SOCIALISTI SULLE PRIMARIE DEL CENTRO-SINISTRA.
Socialista 1:
- “Un socialista! Candidiamo Spini o un altro nostro compagno! Che si
veda, in ogni caso, che se nessuno osa apertamente pronunciarsi per il
Socialismo Europeo, esiste almeno un’area socialista in grado di farsi
sentire, fosse anche solo come testimonianza!”
Socialista 2:
- “No! Appoggiamo Bersani, e riportiamo una presenza socialista in
Parlamento!”.
Socialista 3:
- “Vendola! Vendola! Così spostiamo a Sinistra l’asse della
coalizione! Il suo outing socialista verrà poi!”.
Socialista 4:
- “Renzi! Così si sfascia il PD, e si rimette tutto in movimento!”.
Socialista 5:
- “Dialogare con quelli di ALBA e farli entrare nella coalizione!”.
Socialista 6:
- "La FED! Ferrero! Apriamo su Ferrero!!!"
Socialista 7:
- “Le primarie? Io pensavo di starmene a casa".
Il frazionismo. Tara storica del Socialismo italiano.
Un saluto,
Francesco Somaini
mercoledì 17 ottobre 2012
martedì 16 ottobre 2012
lunedì 15 ottobre 2012
Franco Astengo: La democrazia regressiva
LA DEMOCRAZIA REGRESSIVA
Se esaminiamo l’intreccio tra la proposta di legge elettorale licenziata dalla Prima Commissione del Senato, il cui orizzonte pare proprio delineato dal “bis” per il governo dei tecnici, e le dichiarazioni del Capo dello Stato, al riguardo della necessità di formare “coalizioni coese adatte per governare”, ritroviamo preciso il quadro di una limitazione di qualità nell’agire politico – istituzionale che potremmo definire proprio di “democrazia regressiva”.
Una “democrazia regressiva” sulla base della quale s’intende chiudere la lunga “transizione italiana” nel corso della quale si era affermata l’egemonia della destra populista: un’egemonia che svilupperà comunque, la sua incidenza sulla realtà politico-istituzionale ancora per lungo tempo dopo aver mutati i caratteri fondativi del modello di democrazia Parlamentare, disegnati a suo tempo dalla Costituzione Repubblicana.
I tratti distintivi di questa egemonia possono essere così riassunti: elezione diretta delle cariche monocratiche, primarie, personalizzazione della politica, svuotamento dei partiti, uso ben finalizzato dei mezzi di comunicazione di massa, somme esagerate messe a disposizione degli “attori della politica”: questo il quadro all’interno del quale sono maturate le condizioni di distacco sociale e di corruttela diffusa nel quale ci troviamo oggi e, al riguardo del quale, la sinistra ha condiviso in pieno gli strumenti della destra, non solo accettandoli ma anche esasperandoli sotto alcuni aspetti significativamente deleteri.
Siamo così arrivati, nell’oggi, a individuare i due pilastri sui quali si vuol far poggiare questa ipotesi di fuoriuscita dalla transizione:
a) L’avvento della cosiddetta “democrazia di competenza” in luogo della “democrazia di dibattito”;
b) La governabilità intesa, come tante volte mi è capitato di denunciare, quale fine esaustivo dell’azione politica, in luogo dell’espressione del concetto di “rappresentanza” la cui espressione pratica viene a trovarsi in una condizione di estrema difficoltà.
La prossima campagna elettorale, al riguardo della quale va sollevata ancora una volta l’attenzione di tutti, sarà caratterizzata allora da questa “frattura decisiva” al riguardo della qualità della democrazia (la “quinta frattura” l’ha definita Ilvo Diamanti, sulla scia di Stein Rokkan).
Proprio l’individuazione di questa “frattura” rende necessario che, nelle forme e nei modi possibili, la sinistra d’alternativa si attrezzi per rientrare in Parlamento: senza enfatizzare un argomento in passato forse già fin troppo usato, la prossima potrebbe essere davvero una legislatura “costituente”.
Servirebbe attrezzarsi in tempo proprio sul piano della proposta politica, come non sembrano invece fare i gruppi dirigenti dei partiti potenzialmente interessati a questa dinamica di schieramento, ancora impelagati in una vecchia logica di aggancio al meccanismo delle coalizioni: oggettivamente chi oggi pensa a una “coalizione di governo” si pone, infatti, davvero dall’altra parte, da quella della “democrazia regressiva”.
Questo fatto deve essere assunto in toto e fatto valere, quando si sviluppa un’elaborazione politica sull’oggi e sull’immediato domani.
Occorre allora, con somma urgenza, aprire un confronto, rivolto non solo e non tanto alle specifiche opzioni programmatiche (“carta d’intenti e quant’altro), ma sui fondamentali della prospettiva democratica.
Su questo punto l’analisi deve farsi realistica individuando la strada di una capacità di autonoma espressione, che recuperi i dati necessari di identità per ciascheduno che intende impegnarsi in questo difficile frangente, stabilendo un punto comune di carattere sistemico, rappresentato dalla riaffermazione forte di quell’ipotesi di “democrazia progressiva” contenuta nel dettato della Costituzione repubblicana.
Savona, li 14 ottobre 2012 Franco Astengo
sabato 13 ottobre 2012
Stefano Rolando: Le dichiarazioni di Giuliano Pisapia
>> Le dichiarazioni di Giuliano Pisapia - con cui giustamente Repubblica apre questa mattina la prima pagina nazionale - arrivano dopo la chiusura di un evento internazionale dedicato ad Expo che ha obbligato i due commissari a convivenza davanti alla platea dei delegati esteri. Ma cadono ancora tempestivamente nell'inspiegabile ritardo di comportamenti netti di un centro-sinistra che, sui banchi del Consiglio regionale della Lombardia, non ha fatto finora quel che hanno fatto i consiglieri di opposizione nel Lazio.
>> Si apre una pagina nuova. La collusione tra interessi malavitosi e organizzazione del potere istituzionale non e' una novità'. Ma se affiora e non si pongono immediate barricate le conseguenze - come dice il sindaco di Milano - sono letali per le istituzioni. Tutte le istituzioni. La pagina "nuova" ora richiede anche metodo nuovo. Un progetto istituzionale e di politiche pubbliche all'altezza di bisogni che vanno ristudiati. Una classe dirigente non improvvisata. Una presenza della società' civile capace di tallonare la politica malata di questi tempi. Grazie al sindaco di Milano per avere dato voce a un pensiero finora politicamente inespresso.
>>
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