giovedì 20 ottobre 2022

Franco Astengo: Sinistra e linee di frattura

SINISTRA E LINEE DI FRATTURA di Franco Astengo Negli anni'60 un grande studioso norvegese, Stein Rokkan, collegò la peculiare fisionomia politica dei diversi paesi dell'Europa Occidentale ai differenti modi in cui essi avevano saputo ricomporre le fratture che attraversavano la società (ne ha scritto nei giorni scorsi Marco Almagesti sulle colonne di "Domani"). Tali linee di frattura contrapponevano diverse parti della società, ma al contempo le conferivano ordine e direzione orientandone le culture politiche. Tra le linee di frattura delineate da Rokkan in Italia hanno svolto un ruolo preponderante quelle generate dai processi di costruzione dello Stato e della nazione, di origine politico - culturale fra Stato e Chiesa e fra Centro e Periferia (non a caso l'analisi gramsciana sul "Risorgimento incompiuto" sull'esclusione dei contadini dalla formazione del nuovo Stato). Queste contrapposizioni avevano forza simbolica e aggregatrice tale da riassorbire almeno in parte e ridefinire la frattura provocata dalla rivoluzione industriale fra Capitale e Lavoro ( specialmente nell'interclassismo del partito cattolico). Sulla frattura centro/periferia si sono poi intrecciate le diverse eredità che i partiti incontravano nei contesti territoriali, dando origine a società locali differenziate ma integrate nel più ampio contesto nazionale (il Veneto"bianco", l'Emilia "rossa"). Tale ancoraggio territoriale dei partiti di massa è risultato determinante per il consolidamento della democrazia repubblicana. Negli anni '90 il collasso del sistema dei partiti si è intrecciato con una nuova linea di frattura che stava già affermandosi in molte democrazie consolidate: quella del "sopra" e del "sotto", fra partiti "anti-establishment" e partiti "dell'establishment". La faglia avente per oggetto la critica della politica tradizionale nella sue forme di rappresentanza e mediazione. La crescita dell'estrema destra in Europa (così come l'elezione di Trump negli USA e la Brexit) è attribuita a un tratto accomunante una forte componente anti-establishment, basata sul risentimento circa gli esiti negativi della globalizzazione per una parte consistente dei ceti sociali e incanalata verso quelle classi dirigenti che l'avevano promossa e che non sembrano ancora averne compreso l'entità delle conseguenze Esempio tipico di questa incapacità di comprensione rimane il PD italiano, in un contesto che ben analizzato dovrebbe porre in discussione anche il rapporto con il M5S. M5S del quale paiono essersi smarrite le analisi sulle origine, chiaramente contigue a una imposta di destra anti-sistema. La rapida obsolescenza delle forze politiche interpreti della frattura "sopra" - "sotto" (Lega di Bossi, partito - azienda e personale di Berlusconi, M5S, Lega "nazionale") indotta dal sistema dei media sta all'origine di quel fenomeno di volatilità elettorale e di crescita dell'astensionismo che corrisponde a una vera e propria "vacuità di sistema". A sinistra l'opera di costruzione può allora avviarsi, nel vuoto attuale, recuperando l'intreccio tra la frattura capitale/lavoro e la faglia territoriale con l'elaborazione di una strategia che individui l'allargamento del campo a una rinnovata centralità dei temi "economico - sociali" tenendo assieme ad essi una sussunzione dei diritti sociali e dei diritti civili. Attenzione però ! Non serve una sinistra generica dai tratti marcatamente movimentisti: si tratta invece di riferirsi prima di tutto a una strutturazione organizzativa e a una visione che guardi alla dimensione della socialdemocrazia europea, assieme al complesso della tradizione , della storia, del riferimento alla democrazia rappresentativa: occupare lo spazio della frattura "economica - sociale" collegandola con il tema dei diritti sociali e civili nel profondo rinnovo della la frattura "capitale/lavoro" deve significare anche l'allargamento verso istanze ecologiste e liberali in una strategia delle alleanze capace di misurarsi nel concreto con una concezione dell' egemonia ben diversa da un'idea limitata di vocazione maggioritaria meramente fondata sul potere del governo e semplicisticamente imperniata sull'autonomia del politico.

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