martedì 21 giugno 2022

Paolo Zinna: Ucraina verso un'estate senza pace

Dopo quattro mesi di guerra, alcune verità spiacevoli sono diventate evidenti. È il momento di prenderne atto: farci guidare dall’emotività contro la ragione ha portato gli “Occidentali” in un vicolo cieco e ci rende difficile guardare ai fatti e ricercare una via d’uscita e di efficace difesa dei diritti degli aggrediti. Gli assunti Baso il mio ragionamento su alcune premesse e ne traggo conseguenze. Chi non concorda, dovrebbe dire esattamente quale punto non lo convince ma, soprattutto, quale soluzione diversa ci indica. Mi pare: 1. Che Putin non sia malato (di mente né davvero gravemente di corpo). Che non sia isolato. Che non stia fronteggiando vasto malcontento, né nel popolo né nelle élites russe. Stiamo contrastando Mosca, non “Putin”. 2. Che le sanzioni avranno forse effetto in prospettiva di anni, non di settimane. Per ora danneggiano più l’Europa occidentale che la Russia. Che i clamori di riprovazione mediatica in Occidente causino irritazione a Mosca – ma nessun danno reale. 3. Che il mondo ragioni diversamente da Washington. Recente dichiarazione di Xi Jing Ping (fonte: Open): le «azioni della Russia per la difesa dei suoi interessi nazionali di fronte alle sfide esterne sono legittime» e si rafforzerà, di comune accordo, «la cooperazione nei settori energetico, finanziario e industriale alla luce delle illegali sanzioni occidentali». Del resto, non è la prima dichiarazione cinese in tal senso. A Teheran, Khamenei attribuisce il conflitto in Ucraina alla volontà del West di espandere la NATO. 4. Che, sul terreno, sia pure a costo di perdite pesanti e lentezze poco comprensibili, le forze russe continuino ad avanzare. La guerra sembra simile più alla prima che alla seconda guerra mondiale, con effetti che sarebbero insopportabili per le nostre opinioni occidentali di oggi. Ma ricordiamoci che Lugi Cadorna faceva la guerra così e ci volle Caporetto per farlo silurare. Del resto, i russi resistettero tre anni in Leningrado assediata e, prima di vincere la “grande guerra patriottica”, sopportarono ben 25 milioni di morti senza rivoltarsi. Che gli anglosassoni (e tanto più gli europei, per quel che contano) non intendano proprio intervenire in prima persona, né usare l’arma atomica (per fortuna del mondo!). Così, non sembra facile rovesciare il corso della guerra. In conclusione, mi chiedo come potremmo contrastare questa “evoluzione per inerzia” dei fatti e, con sgomento, non so darmi risposta. Uno sguardo analitico Siamo in una situazione di negoziazione verso la Russia. È “negoziazione” qualunque “processo di interazione in cui due o più parti cercano di accordarsi su un risultato reciprocamente accettabile, in una situazione di conflitto tra interessi” D. Druckman, Negotiations: social-psychological perspectives. 1977. Il processo si svolge comunque, esplicito o implicito e, ovviamente, prescinde dall’accettabilità etica degli interessi in conflitto. Il negoziato formale ne è solo la fase esplicita. Oggi non ne stiamo venendo a capo. La controparte pian piano raggiunge una parte dei suoi obbiettivi e noi non sappiamo che fare [ si veda sul terreno https://liveuamap.com/ ] Non si tratta soltanto di un gioco a somma zero, come potrebbe superficialmente apparire. Per noi europei (e anche per la controparte russa) sono in campo anche interessi convergenti: il controllo di porzione dei territori contesi (gioco a somma zero) la fine del conflitto armato: morti, distruzioni, costi spaventosi la ripresa economica e degli scambi il quadro geopolitico risultante: multipolarità o due blocchi contrapposti, nel mondo? cioè Nordamerica contro Cina e amici, Russia compresa? b. c. e d. sono interessi complementari, ci sarebbe perciò un potenziale “spazio di accordo” ma non si sono visti, né si vedono, progressi in quella direzione. Cristallizzare il non–accordo, com’è ovvio, favorisce chi si sta avvantaggiando. Vedo due fattori di debolezza e confusione, dal “nostro” lato del tavolo, che è quello che ci interessa (gli errori e le debolezze della controparte russa sono anzi benvenuti): pluralità e disaccordo fra i “negoziatori” potenziali. Gli “Occidentali” non esistono, esistono almeno tre blocchi con interessi e priorità differenti: gli anglosassoni, Kiev (con alcuni stati d’Europa Orientale), gli europei d’Occidente. La Russia è una sola. l’approccio emotivo e non razionale al tema. La ferma condanna dell’aggressore è giustificatissima (“c’è un aggredito e un aggressore”, verissimo!) ma è con l’aggressore che dobbiamo trattare, non possiamo sceglierci la controparte. Se poniamo fra i nostri obbiettivi quello di “insegnare al malvagio a non comportarsi più così” o addirittura quello di “ridimensionare la Russia”, abbiamo già annullato ogni possibile lo spazio di accordo I diversi “occidente” Kiev ha priorità logiche e comprensibilissime: la conservazione e/o rioccupazione dello spazio dell’Ucraina 1991 viene al primo posto. Non è chiaro a cosa sarebbero disposti a rinunciare per por fine alla guerra. [Se la “giustizia politica” avesse ancora qualche importanza oggi, direi che sarebbe “giusto” permettere ai cittadini di ogni regione di scegliere con chi vogliono stare, per mezzo di referendum controllati dai neutrali e senza tener conto dei desideri di Mosca, di Kiev o di Washington]. Il consenso popolare al governo di Kiev sembra per ora molto forte, anche se ne sappiamo veramente poco (la messa al bando di formazioni politiche e i processi per tradimento lasciano intuire qualche crepa). Il vero problema sono gli anglosassoni: per Londra e Washington (lontanissime dalla linea del fronte, anche economico) “ridimensionare la Russia” è il vero obbiettivo. Sembra che, anzi, per gli anglosassoni, il mancato raggiungimento degli obiettivi economici (c.) o geopolitici (d.) sia un valore positivo, al quale, con bella indifferenza, non esitano a sacrificare la possibile pace. Anzi, fanno dire all’inqualificabile Stoltenberg: “la guerra potrebbe durare per anni”. Gli europei del nucleo storico? Stanno pagando prezzi molto alti, avvitandosi in una crisi economica grave, con stagflazione quale non si vedeva da decenni. I loro governi, tradizionalmente deboli e incerti in politica estera, non sembrano capaci di parlare con assertività nell’interesse delle loro nazioni (con la parziale eccezione di Macron). Occorre anche uscire da un equivoco: l’Unione Europea, i suoi vertici veramente “piccoli” e il parlamento di Strasburgo non rappresentano l’Europa Occidentale, rappresentano piuttosto la faticosa mediazione, entro i 27, fra stati dell’Est (polacchi, baltici) e dell’Ovest – spesso, anzi, sembrano sensibili più ai primi (più rumorosi e vocianti) che ai secondi. Nell’opinione pubblica degli stati fondatori (e iberici), in base ai sondaggi, la guerra non sembra affatto popolare, nonostante l’appoggio massiccio dei media, ma non nascono movimenti attivi di contrasto, come sarebbe accaduto in passato. Probabilmente ce lo spiegano la stanchezza post pandemia, il distacco da una politica non rappresentativa, la sfiducia in qualunque prospettiva di cambiamento. Alcune frazioni delle classi dirigenti sembrano invece aver introiettato la propria stessa propaganda: a forza di propalare bufale, hanno finito per crederci. La condotta delle negoziazioni Conoscere i veri interessi della controparte – concentrarsi sugli interessi profondi e non sulle posizioni espresse – non rimanere prigionieri delle proprie dichiarazioni – non trasformare il conflitto tra interessi in conflitto tra persone – allargare la negoziazione a tutti i possibili campi di interesse comune: sono le regole fondamentali del negoziare (ad es. E Biliotti Teoria e tecnica della Negoziazione, ma anche Ury, Raiffa ed altri molti…). Purtroppo, finora noi abbiamo fatto esattamente il contrario. Non abbiamo costretto Mosca a dichiarare con precisione i suoi “scopi di guerra”, preferendo dar credito a interpretazioni mitologiche (“difendere la libertà dei polacchi, dei baltici,” persino “di svedesi e finlandesi” …). Abbiamo finto di credere all’obbiettivo di “denazificare Kiev” (i.e. insediare un governo fantoccio) e non abbiamo preso sul serio la richiesta di garanzie di sicurezza di Mosca. Acuti commentatori italiani hanno scritto che Mosca non doveva temere nulla, visto che confinava solo con cinque paesi NATO su 14 confinanti. “Nessuna soluzione diplomatica può prescindere dalla volontà di Kiev” dichiara Draghi anche due giorni fa. Letteralmente intesa, questa frase equivale a dire che Kiev negozia anche per noi e noi ci adegueremo. È una sciocchezza che non crede neppure Draghi, in realtà vuol dire che non si può fare un accordo contro la volontà di Kiev (affermazione ragionevole), che se ne deve tenere conto. Ma domani sarà usata contro di lui, quando occorrerà spiegare a Kiev che non può avere tutto quel che vorrebbe. “Putin è criminale di guerra, genocida, sarà trascinato al Tribunale dell’Aia …. “ Non importa che l’affermazione sia giustificata, lo sarà anche. Gridarlo oggi però significa soltanto allontanare l’accordo: qualche centinaio di morti in più. E tutti coloro che hanno attentamente tagliato ogni rapporto con il mondo culturale, politico e scientifico russo? Hanno scientificamente ridotto il numero dei campi sui quali negoziare accordi, cercare compensazioni, ecc. (Meglio non approfondire i moventi di questi “eroi da salotto”). Trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha In Italia, finora, troppi commentatori, anche politicamente e intellettualmente stimabili, non sembrano essersi posti le questioni che ho cercato oggi di mettere sul tavolo. Pare che si pensi che il confronto attuale sia a tal punto decisivo da esaurire tutti i nodi della politica internazionale, sia attuali che di prospettiva futura, e che, tecnicamente, l’appoggio incondizionato alle giustificate posizioni di Kiev sia la condotta migliore. Ma siamo consapevoli che, se l’evoluzione militare continua sulla linea attuale, le trattative future sanno più difficili e dolorose? Che, proprio perché dall’altra parte non ci sono dei gentiluomini, ci troveremo presto a dover difendere territori oggi impensabili? Cosa si propone per uscire dal vicolo cieco? Avrei scritto qui alcune cose da fare, ma le trovo espresse in larga parte in una bella intervista del gen .Bertolini https://www.ilriformista.it/bene-andare-da-zelensky-ma-ora-andate-a-mosca-il-consiglio-del-generale-bertolini-a-draghi-e-macron-306067/?refresh_ce Mi piacerebbe che se ne potesse discutere razionalmente.

Nessun commento: