martedì 17 marzo 2020

Il rischio che l'Italia si senta abbandonata

Financial Times Il rischio che l’Italia si senta abbandonata: come l’irresponsabilità europea e quella dei sovranisti si alimentano a vicenda (Gianluca Mercuri) «Senza il supporto della Banca centrale europea, più italiani - non solo l’estrema destra - si chiederanno se debbano lasciare l’eurozona e riassumere il controllo del tasso di cambio e dell'inflazione. Gli italiani hanno ragione a sentirsi abbandonati da Lagarde e dall’Ue (...) L'Italia non ha dimenticato la riluttanza degli altri Stati membri ad accogliere i profughi che sbarcavano sulle loro spiagge. L'Italia riemergerà dall'incubo del Covid-19 in un mondo diverso. È bene che l'Ue non finisca per inimicarsi uno Stato fondatore». Finalmente un allarme serio dalla stampa europea. Da parte di Wolfgang Münchau, in realtà, non è una novità. La grande firma del FT - un tedesco che ragiona da europeo, con la razionalità che gli deriva dal primo requisito e la visione ampia che gli assicura il secondo - ha sempre disperatamente descritto il corto circuito che rischia di travolgerci tutti, italiani ed europei. C’è un’Europa passiva, inerte, prigioniera dei suoi egoismi e delle sue paure, tra cui spicca quella di un'Italia insolvente e in preda a un sovranismo che la porti prima o poi a un'uscita dall'euro che sarebbe devastante per tutti. E c'è un'estrema destra italiana che gioca ambiguamente sul tema dell’Italexit ed è pronta farci la prossima campagna elettorale, se annuserà tra gli elettori la percezione che l'Italia è stata abbandonata. In un classico circolo vizioso, le due irresponsabilità — quella dell’Ue e quella dei sovranisti italiani — si autoalimentano. E il rischio è gigantesco. Lo spunto stavolta a Münchau l'ha dato l'ormai celebre gaffe della presidente della Bce Christine Lagarde, che la scorsa settimana ha distrutto con una frase - «Non è nostro compito regolare lo spread» - il fortino costruito in otto anni da Mario Draghi. La ritrosia degli Stati membri a coordinare le politiche fiscali - anche nell'emergenza virus - ha fatto il resto. Forse il giornalista sottovaluta l'importanza dello sforzo della sua connazionale Ursula von der Leyen, che con le sue parole - «Daremo all’Italia tutto quello che chiede» - ha fatto capire che nel buio degli egoismi nazionali la Commissione europea può essere un faro. Münchau non la cita nemmeno, preoccupato com'è dalla corsa impazzita dei singoli governanti a fare ognun per sé, cosa che finirà per ampliare i deficit di Italia, Spagna e Francia e dunque anche il gap tra nordici e mediterranei. Ma al centro di tutto c’è la Bce, perché lì siamo abituati a vederla dal 2012. Forse Draghi - azzarda Münchau - «aveva inavvertitamente fornito ai leader dell'Ue la scusa per non fare nulla sull'unione fiscale». Ma anche lì vale il contrario: con sua credibilità, quella che manca a Lagarde, Draghi aveva rimediato alla paralisi dei leader e salvato l’euro. Il genio italiano, in sostanza, «aveva rimosso una motivazione chiave perché i Paesi prendessero in considerazione l'abbandono dell'eurozona». Ma ora, «senza quel freno, gli argomenti perché l'Italia resti nella moneta unica diventeranno più facili da controbilanciare». Salvini, dopo mesi di digiuno, ha l'acquolina in bocca.

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