martedì 16 gennaio 2018

Paolo Bagnoli: La Costituzione con i piedi per terra

_______________________________________________________________________________________ 70 anni dopo – la biscondola la costituzione coi piedi per terra paolo bagnoli da Non Mollare La Costituzione della Repubblica ha compiuto 70 anni e, oltre ogni retorica, come ha dimostrato il referendum del 4 dicembre 2016, il popolo italiano vi è fortemente attaccato. In un passaggio di grande grigiore della politica democratica, ciò costituisce un fattore forte di consolazione e di fiducia per il nostro malmesso Paese. Lasciamo ai costituzionalisti ogni considerazione riguardante la cultura giuridica della Carta. Ci limitiamo all’aspetto più propriamente politico che ci riporta, giocoforza, all’esito referendario. In esso, infatti, si possono trovare molti motivi che lo giustificano. Tra essi, particolarmente uno considerato che siamo a generazioni cui è estranea l’educazione civica. Quella praticata per prassi quale valore vissuto derivante dalla nascita stessa della Repubblica e senza cognizione alcuna di cosa sia stata repubblica nata dalla Resistenza volgarmente, ormai, appellata, “prima repubblica”. Ora, visto che la maggioranza del voto giovanile si è espresso a favore del “no”, si può ragionevolmente affermare che la Costituzione rappresenta un saldo motivo di unione della stragrande maggioranza del popolo italiano; quanto salda il legame tra le generazioni nonostante la palude rappresentata da quasi mezzo secolo di transizione incompiuta. Se poi volessimo andare più a fondo si rileva che la Costituzione, con l’impianto valoriale su cui si basa, non ha mai rappresentato un ostacolo per la conquista di nuovi traguardi civili e sociali. Essa, infatti, ha sempre accompagnato e giustificato il cammino della politica in tale direzione. La Costituzione, inoltre, esprime un senso alto della democrazia, dei limiti entro i quali deve svolgersi la lotta politica, l’essere e il farsi dello Stato di diritto nonché significato che, in una libera democrazia, deve avere l’esercizio della rappresentanza: sostanza prima della democrazia medesima. Su quest’ultimo punto, ahimè!, la legislatura passata non ha dato una bella rappresentazione. Speriamo che le cose migliorino, ma al momento – naturalmente si tratta di un giudizio di ordine generale nel quale fanno eccezione pure positive testimonianze – l’Italia non ha una classe politica degna di questo nome. Il Paese, sotto il peso del virtuismo giudiziario, ha visto cadere i partiti; ma quello che è più grave; pure le culture politiche e le ragioni ideali fertilizzanti il terreno di tenuta e di crescita della democrazia. La Costituzione assegna alla lotta politica la realizzazione dei suoi valori: quelli di un aperto e progressivo incivilimento democratico poiché la sottende l’idea dell’uomo quale persona, ossia quale mondo morale. Ciò è pure l’alimento della, società. Tutti sanno che il termine politica deriva dal greco polis. Alle origini significa, contemporaneamente, sia Stato che società. In esso si concettualizza il senso dottrinario della politica; vale a dire, la relazione tra le idee che organizzano gli ideali e i valori che ne derivano e la fattualità del loro concretizzarsi nel processo storico. Nella nostra Costituzione il rapporto tra Stato, società, uomo singolo e uomo associato costituiscono un intreccio imprescindibile del significato della Repubblica nonché dell’etica repubblicana della nostra democrazia. Gli ultimi due dati nel quarto di secolo della transizione incompiuta si sono persi, travolti dall’abulia degli ideali e dal prevalere del governismo; dall’affermarsi, in parallelo, del populismo e della demagogia, dall’allontanamento del fattore gente dal processo democratico, da un’ideologia ossessiva dell’innovazione politica ispirata da un sostanziale confusionismo che ha prodotto restrizione dei diritti, blocco dell’incivilimento democratico e, culturalmente, archiviato il diritto a vedersi riconosciuti i diritti civili e sociali a fondamento della dignità di una democrazia realmente compiuta. La Costituzione, però, è lì, viva e vitale per la politica e l’azione degli uomini. Ricordate il discorso di Piero Calamandrei a Milano nel 1955? -: occorre farla vivere, metterla coi piedi per terra. È da lì che occorrerebbe ripartire per la ricostruzione della democrazia italiana. Il perché ciò non sia avvenuto implicherebbe un altro capitolo del discorso; se navighiamo, oramai da troppo tempo in una crisi senza soluzione non è certo colpa della Costituzione. Al contrario. essa sprona a mettersi in cammino in tutt’altra direzione.

Nessun commento: