venerdì 24 giugno 2016

Franco Astengo: Brexit

LEAVE, BALLOTTAGGI ITALIANI, VOTO SPAGNOLO: VOTO CONTRO E VOTO DI PROTESTA di Franco Astengo Non si può naturalmente mettere tutto assieme e forzare le analisi politiche sulla base di esiti elettorali diversi tra loro soprattutto per il quesito posto a elettrici ed elettori: fuori o dentro la UE nell’UK, importanti amministrazioni locali in Italia, voto politico in Spagna. Una tendenza di fondo, però, la si può individuare (e verificare domenica nell’occasione del voto spagnolo che però si presenta alla vigilia, per molti aspetti, dentro la logica che si sta cercando adesso di individuare). La tendenza di fondo e al coalizzarsi del “voto contro” al di fuori dagli schemi prefissati delle antiche appartenenze politiche. Un voto “contro” che si badi bene non è un voto “di protesta”: il voto di “protesta” si misura, infatti, con una serie di questioni che urtano una parte dell’elettorato su temi specifici magari portati avanti da soggetti posti ai limiti del sistema politico (pensiamo ai comitati NYMBI che fioriscono un po’ dappertutto in particolare sui temi ambientali); il “voto contro” invece raduna, fuor da riferimenti ideologici e programmatici, quanti non si riconoscono nei detentori del potere posti al centro del sistema. Se guardiamo alle dinamiche dei ballottaggi per le grandi città in Italia, in almeno 3 casi 4 (Torino, Roma, Napoli) questo meccanismo è scattato inesorabilmente collegandosi a una frattura centro/periferia allargata dalla crescita delle diseguaglianze tra il centro in mano ai ricchi dei Parioli, di Prati, del quadrilatero dalla Gran Guardia a Piazza Statuto e delle colline di Cavoretto vezzeggiati e coccolati dal consumismo e le periferie emarginate, tartassate, escluse. Con una forzatura d’analisi della quale però è possibile assumersi la responsabilità senza eccessivi patemi lo stesso fenomeno si riscontra nel voto anti – UE della Gran Bretagna: lasciando da parte l’esito scozzese e dell’Ulster motivato diversamente (una forma di nuova richiesta d’indipendenza) la frattura centro / periferia emerge dalla geografia del voto: Kensington, Chelsea, Camden votano al 70% per il remain, ma il risultato si ribalta nell’Inghilterra profonda : una rivincita delle periferie sulla City che aveva già fatto incautamente esultare la borsa ai primi exit – poll favorevoli. Al di là del peso della questione dei migranti che sicuramente nel caso della vittoria del leave in UK avrà sicuramente avuto la sua parte, così come quella delle minacce terroristiche che hanno alimentato afflati nazionalisti non regge più politicamente il blocco conservatori (popolari) – socialdemocratici che aveva sostenuto lo “status quo” europeo per qualche decennio. Riemerge, forse, l’antica frattura città/campagna di cui continuano a parlare i manuali nonostante nella realtà apparisse affogata in un processo di urbanizzazione selvaggia) Il voto “contro” ad un sistema ossificato rimane un’espressione da non regalare a una sorta di sovranismo di ritorno. Da rimarcare ancora l’insufficienza dei sistemi elettorali maggioritari in questa fase di vorticoso cambiamento: la governabilità non è più garantita a nessuno, anzi scema di stabilità molto rapidamente per insufficienza di consenso. E’ ancora assente un’alternativa coerente ed è assente una sinistra di innovazione sistemica (il Labour si è allineato non trovando il coraggio di proporre l’alternativa politica collegata, eventualmente, all’esito referendario). Un’Europa dalla grande confusione sotto il cielo e basta perché la situazione è indecifrabile, in attesa si propongano concrete soluzioni politiche.

3 commenti:

luciano ha detto...

Ogni tanto gli inglesi salvano l’Europa.

In passato l’hanno fatto sbarcando sul continente.

Questa volta l’hanno fatto togliendosi dai piedi.



Un particolare ringraziamento a Juncker che, in un’ora pericolosamente tarda della sera, se ne è uscito con una vera e propria minaccia nei confronti dell’elettorato britannico, dando il colpo di grazia al fronte del “remain”.

Spero che Renzi lo assoldi come consulente per la campagna referendaria sulla deforma costituzionale.

Peraltro, minacciare il Regno Unito di non concedere trattamenti di favore in caso di uscita dalla UE quando paesi come la Norvegia hanno un trattato di libero scambio fa semplicemente sganasciare dalle risate.

dario ha detto...

mi pare che in realtà la reazione politica al Brexit sia abbastanza interessante sia in Europa che in GB. La riunione di domani dei 6 fondatori (Italia, Francia, Germania e Be Ne Lux) è un buon messaggio, chiaro che non ci si può fermare li ma segnala una volontà di ripartire dai principi che furino alla base del Patto di Roma. Molto interessante anche la reazione in Scozia e Nord Irlanda, con la NI che già guarda alla riunione con EIRE e la Scozia che punta esplicitamente all'adesione alla UE. Ma più importante di tutto è la sentenza della Corte Costituzionale Tedesca che l'altro ieri ha sentenziato che le politiche di Draghi sono legittime, togliendo agli euroscettici tedeschi un'arma che poteva essere letale per l Euro. Si apre adesso un periodo difficile ma che può essere utilissimo per l'UE e che potrebbe essere utile per una critica socialista delle politiche economiche europee

franco ha detto...

QUANDO SI PERDE SI PORTA VIA IL PALLONE E SI VUOL GIOCARE LA RIVINCITA IN CASA CON PAPA’ ARBITRO di Franco Astengo

Mi scuso di ritornare, annoiando, sull’esito del referendum britannico ma l’occasione è troppo ghiotta per non far rimarcare alcune questioni sollevate dalla nostra ineffabile stampa quotidiana, quella della “decrepita alleanza” di Severgnini sul Corriere e della lettera ai giovani dell’ing. Bottini (quello di “Cuore”) del direttore di Repubblica.

Repubblica fornisce grande risalto, anzi sostiene fornendo minuto per minuto il conteggio delle firme raggiunte questa petizione “La petizione chiede l'approvazione di una legge che preveda una seconda consultazione se nella prima l'affluenza è inferiore al 75% e il risultato sotto il 60% di voti. "Voto bis su indipendenza ipotesi concreta".

Davvero mistificazione e montatura procedono di concerto e stretto intreccio: Repubblica è il giornale che sostiene il sì al referendum confermativo in Italia dove non c’è soglia di partecipazione e soprattutto, assieme al Corriere della Sera, mobilita illustri politologi per dirci, ogni qual volta si registra un calo nella partecipazione elettorale, che si tratta di un “dato fisiologico”, che la democrazia non ne soffre, elaborando teorie sulla logica degli astenuti, a partire da quella (patrimonio storico della sociologia politica americana) dell’”indifferenza per approvazione”.

In realtà nel trucco dell’esito scontato del referendum britannico sono caduti anche quelli del Fatto, rivelatisi alla fine contestatori “allineati” a quello che appariva come un fatto di comune buon senso e, invece, contrastava con il sentire concreto della maggioranza delle elettrici e degli elettori.

Adesso, per usare una metafora cara al primo Renzi “hanno perso e si portano via il pallone”: gli stessi che approvano l’Italikum, una legge elettorale attraverso il cui meccanismo una lista oscillante tra il 25- 30% dei voti validi al primo turno si porta via la maggioranza assoluta della sola Camera abilitata alla fiducia. Senza prevedere, sia ben chiaro anche in questo caso, quella soglia di partecipazione al ballottaggio, che invece si pretende per i referendum degli altri quando questi non forniscono il risultato sperato.

Soglia di partecipazione prevista per l’accesso al secondo turno (di collegio) in Francia dove serve il 12,5% degli iscritti di consenso a un candidato per accedere al successivo passaggio. Appunto un secondo turno e non un ballottaggio

In realtà nella loro supponenza non avevano previsto che la maggioranza dei britannici (con uno scarto di 1.200.000 voti: questo elemento nessuno lo fa rimarcare, si cerca di far apparire che la differenza è stato di 10 o 15 voti) ragionasse con la propria testa e si sganciasse dalle posizioni espresse da chi, in UK come in Francia come in Italia come in Spagna, ha governato in questi anni impoverendo interi settori sociali, smantellando il welfare, arricchendo le banche, elevando la disoccupazione, alimentando paure tra terrorismo e migranti.

In realtà il panico, nell’establishment della comunicazione italiana, è scattato perché si pensa che l’esempio britannico possa essere seguito, in Italia, nell’occasione del referendum confermativo: il governo impone e il popolo respinge.

E il popolo che respinge le proposte degli autonominati intelligentoni di governo fa paura a chi ha da perdere ricchezza e potere.