venerdì 12 settembre 2014

Paolo Bagnoli: Una democrazia de-istituzionalizzata?

Dall'Avvenire dei lavoratori La situazione politica Una democrazia de-istituzionalizzata? Si sta andando verso una democrazia nella quale il punto “a quo” e “ad quem” è il presidente-segretario. Quanto sta incidendo Renzi sia nello scardinare che nel costruire? di Paolo Bagnoli La stagione che sta vivendo la politica italiana interroga sempre più, sia in Italia che all’estero, gli osservatori: politologi, giornalisti, addetti alle questioni istituzionali. L’effetto sorpresa rappresentato dall’ascesa di Matteo Renzi alla Presidenza del Consiglio ci sembra, sostanzialmente, oramai superato e, per quanto lo stesso Renzi appaia sempre impegnato nel mantenerlo vivo, se non altro per tenere alta l’attenzione dei media e dell’elettorato italiano, la riflessione sta cambiando bussola. L’uomo nuovo, sorprendente, in controtendenza rispetto a ogni tradizione comportamentale della politica italiana da quando è nata la democrazia, appare ogni giorno un po’ meno nuovo anche se, come dicono i sondaggi, egli gode sempre di un ampio consenso di opinione. Il copione renziano è stato oramai acquisito e la domanda, in parte sotto traccia, ma non molto, concerne il modo di essere del sistema politico nel suo complesso; essa riguarda, in altri termini, cosa sta effettivamente avvenendo sul piano istituzionale e quali sono gli esiti dei cambiamenti in atto. La questione è tutt’altro che secondaria, concernendo la democrazia italiana in tutti i suoi aspetti. Quale può essere l’assetto istituzionale che ne scaturisce? A seconda dell’ottica di approccio al tema le valutazioni sono diverse in quanto si diversifica il modo di intendere la democrazia stessa e la qualità conseguente. La recente, forte e compatta, alzata di scudi da parte dell’Italia in divisa – oltre a rappresentare un qualcosa che non si era mai verificato in Italia, ma, a nostra memoria, in nessun altro Paese al mondo – ci aiuta a capire di più rispetto al contesto generale e, quindi, ai processi in atto. Capire cosa? Quanto sta incidendo l’innovatore Renzi sia nello scardinare che nel costruire. Ci sembra, infatti, che si stia andando, abbastanza velocemente, verso una democrazia de-istituzionalizzata nella quale il punto a quo e ad quem è il presidente-segretario. Attenti; non si tratta né di decisionismo né di populismo, ma della conformazione di una vera e propria “democrazia verticale” che, avanzando, cancella la rappresentanza degli eletti – Province e Senato, vedremo poi cosa proporrà la nuova legge elettorale – la collegialità costituzionale del Governo e tutto il comparto sociale del Paese, verso il quale vige una totale assenza di attenzione. Sindacati, Confindustria e organizzazioni similari, corpi sociali, il campo vasto dell’istruzione, e potremmo continuare, sono praticamente sterilizzati e, con ciò, la nozione sociale insita nel concetto stesso di democrazia finisce per scomparire. Una parte fondamentale della società italiana, al di là delle parole, sta perdendo la voce. E poiché in democrazia anche le componenti sociali hanno rilevanza “istituzionale”, ecco che qui si completa la de-istituzionalizzazione. Tutto questo non c’entra niente con la crisi economica che ci attanaglia né tantomeno si può sostenere che le cose funzionano perché ad alcune fasce sociali sono stati dati 80 euro – tiritera che, sinceramente, si è oramai logorata e su cui sarebbe bene abbozzare – ma investe la democrazia nel suo insieme dal momento che, oramai, l’unica vera “istituzione” è il presidente del consiglio. Il discorso che Renzi ha tenuto recentemente al suo partito, lo conferma. La democrazia verticale è il classico risultato del vuoto di politica. Il governo è ridotto a "governismo" – ossia a gestione del potere – e quasi a una questione personale. Siamo sempre più convinti che questo modo d'intendere la democrazia sia il punto vero su cui si regge l’intesa Renzi-Berlusconi; il primo chiude un’operazione non riuscita al secondo. Facciamo ricorso a Vincenzo Cuoco: si è spaccata la sintesi tra “popolazione-nazione” e “organizzazione politica-Stato.” Non era questo approdo quello che postulava il dopo Tangentopoli.

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