martedì 18 settembre 2012

Federico Rampini: Il capitalismo solidale

Unire l´efficienza dell´impresa alla spesa per i più deboli: una nuova strada che negli Usa in tempi di crisi attira progressisti e conservatori




FEDERICO RAMPINI
NEW YORK

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dal nostro corrispondente
«L´ultimo censimento demografico – dice il sindaco di New York Michael Bloomberg – ha rivelato che almeno 40 milioni di americani vivono sotto la soglia della povertà, più del 13% della popolazione. Stremate dalla recessione, le nostre città devono affrontare la sfida più difficile da mezzo secolo in qua». Il suo allarme riecheggia da una costa all´altra degli Stati Uniti. Proprio mentre la domanda di servizi sociali è resa più acuta dalla crisi economica, le finanze pubbliche sono in uno stato disastroso. Da New York alla California si licenziano insegnanti, si chiudono ospedali, si eliminano linee del metrò e servizi di autobus. È impossibile aumentare ancora il deficit pubblico, che ha raggiunto il 10% del Pil: un record storico dalla seconda guerra mondiale. È impraticabile, per ragioni politiche, aumentare le tasse. In questa impasse si fa strada una ricetta nuova, che unisce due leader diversi come Barack Obama e Michael Bloomberg: il presidente progressista e l´ottavo uomo più ricco degli Stati Uniti.
Al centro di questa terapia c´è la figura dell´"imprenditore sociale". Un ossimoro, che unisce l´efficienza del management d´impresa, e l´impegno per la lotta alle diseguaglianze, l´aiuto ai più deboli, il miglioramento dei servizi pubblici. Chiamiamola la terza via del capitalismo. Non ha un colore ideologico: l´ultimo convertito è David Cameron, il premier conservatore britannico. Il guru riconosciuto di questa nuova tendenza è lui stesso una figura mista, anomala e inclassificabile. Si chiama Stephen Goldsmith e a 64 anni ha avuto almeno tre vite diverse.
È un brillante studioso di scienze politiche e amministrazione pubblica, dirige un dipartimento dell´università di Harvard. Anziché limitarsi alla teoria si è sporcato le mani andando a fare il sindaco di Indianapolis. Adesso Bloomberg lo ha nominato vice-sindaco nella metropoli più popolosa d´America (8,3 milioni di abitanti) con una missione molto speciale: proprio mentre le casse di New York sono quasi alla bancarotta, lui deve migliorare i servizi pubblici e le infrastrutture collettive. Un compito che Goldsmith ha accettato senza esitare: «In una fase di crisi - dice - tutti sono capaci di tagliare i costi peggiorando la qualità dei servizi sociali. La vera sfida è fare l´opposto, spendere meno e avere un ambiente più pulito, scuole migliori, trasporti che funzionano». Bloomberg è fiducioso che lui ci riuscirà: «C´è tanta gente che parla di reinventare lo Stato, ma Goldsmith lo ha fatto». Come sindaco di Indianapolis si è conquistato una fama nazionale realizzando un exploit. Ha licenziato il 40% dei dipendenti municipali: ma si è concentrato sui quadri medioalti della burocrazia, lasciando intatto il personale che veramente svolge un´attività di servizio al pubblico. Ha ridotto le tasse locali per ben quattro volte. Ed è riuscito a investire 1,2 miliardi nel miglioramento delle infrastrutture. Chiamando in causa proprio quella figura nuova: l´imprenditore sociale. Un essere che sfugge alle categorie tradizionali. Si colloca all´incrocio tra spirito d´impresa, efficientismo manageriale, volontariato, vocazione no profit, spesso in una zona mista tra pubblico e privato. «E´ soprattutto un catalizzatore di innovazioni sociali - dice lo stesso Goldsmith - una figura che si emancipa dalle ideologie e dai vecchi modelli, sperimenta un futuro nuovo». I pionieri in questo campo sono stati Bill Gates e Muhammad Yunus. Il fondatore di Microsoft ha trasferito il suo genio imprenditoriale nell´attività filantropica. Dalla sua Fondazione pretende la stessa efficienza che lo ha portato a dominare l´industria del software mondiale. Un dollaro speso contro la malaria deve massimizzare il rendimento in quel campo, proprio come un dollaro investito nella ricerca da Microsoft per lo sviluppo di un nuovo sistema operativo. La sua Fondazione è diventata un modello, al punto che altri miliardari americani preferiscono affidargli le proprie donazioni in beneficenza, perché si sentono più garantiti sui risultati finali. Yunus è l´inventore del microcredito (che gli è valso il Nobel della pace) e oggi lo applica perfino nel cuore di New York per aiutare le comunità più povere a riscattarsi da sole, creando piccole imprese, botteghe artigianali e attività commerciali, anziché aspettare l´assistenza pubblica. Ormai gli imprenditori sociali in America sono centinaia. Si sono estesi in molti campi, e Goldsmith elenca i quattro filoni principali: «La scuola. La sanità. Gli alloggi popolari. Il risanamento dei quartieri degradati». In un libro che è diventato un best-seller sia negli Stati Uniti che in Inghilterra ("The Power of Social Innovation") Goldsmith sostiene che l´approccio alle diseguaglianze, il concetto di assistenza e di servizio pubblico sta entrando in una nuova fase storica. «Alle origini, all´inizio del Novecento, aiutare i bisognosi (malati, anziani) era un compito affidato principalmente alle famiglie e alla carità, dei privati o delle chiese. Poi tra gli anni Trenta e il dopoguerra in tutto l´Occidente la costruzione del Welfare spostò queste responsabilità sullo Stato. Una terza fase, negli anni Ottanta, tolse responsabilità allo Stato con il ricorso all´outsourcing e alle privatizzazioni di tanti servizi». Goldsmith ci tiene a prendere le distanze da quella fase, reaganiana e iperliberista, che «fu quasi esclusivamente concentrata sui tagli dei costi». E´ in quell´epoca infatti che affondano le loro radici alcuni mali dell´America di oggi: lo stato penoso delle infrastrutture (trasporti pubblici, rete elettrica, autostrade) abbandonate volutamente al degrado. «Il quarto stadio», come lo definisce lui, è un´altra cosa ancora. L´intervento dei privati è benvenuto ma non "contro" lo Stato. Privato e pubblico, capitalismo e no profit possono farsi concorrenza o convivere. A due condizioni. La prima è «la priorità all´innovazione, non conta l´etichetta pubblico-privato ma la qualità dei risultati». La seconda condizione è che «sia il cittadino l´ultimo giudice». Bisogna restituire all´utente-contribuente la possibilità di spostare risorse verso chi fornisce il servizio migliore.
Un caso emblematico è quello di Bill Milliken. Un imprenditore sociale perfettamente bi-partisan, che piace all´Amministrazione Obama. Fu Goldsmith a scoprirlo quando ancora faceva il sindaco di Indianapolis. In quella città Milliken ha iniziato l´esperimento delle Communities in Schools. E´ un programma simile a un dopo-scuola: affianca degli istruttori ai ragazzi che hanno ritardi di rendimento scolastico. Generalmente appartengono ai ceti sociali più sfavoriti, alle minoranze etniche. Se li si abbandona al loro destino saranno per sempre dei cittadini di serie B. Tra i giovani neri, per esempio, solo il 33% arriva al diploma di maturità. I maschi neri che lasciano la scuola senza finire la secondaria superiore hanno il 60% di probabilità di finire prima o poi in un carcere. Ora Communities in Schools mobilita 50.000 volontari in tutta l´America, che forniscono tre milioni di ore di ripetizioni gratuite. Per il 75% degli studenti si registra a breve scadenza un miglioramento dei voti e un aumento delle promozioni. Obama ha cooptato l´idea di Milliken dentro il suo Social Innovation Fund: i primi 11 investimenti di imprenditori sociali che hanno l´imprimatur ufficiale della Casa Bianca. Per questi progetti il rapporto pubblico privato è significativo: 50 milioni di finanziamenti statali si "fondono" con 74 milioni di investimenti privati. Per Goldsmith non basta però che ci sia dietro la benedizione di Obama. Il talento effettivo degli imprenditori sociali va verificato nei fatti. Per questo lui vede come un ingrediente essenziale del suo esperimento la "mobilitazione civica", il sondaggio costante dei cittadini perché votino sulla qualità dei servizi. Le nuove tecnologie possono servire anche a questo. «A Londra - spiega Goldsmith - il sistema AccessCity incoraggia tutti i residenti a segnalare con sms, foto dal telefonino e messaggi twitter, tutti quegli spazi pubblici che non offrono l´accessibilità ai portatori di handicap. Ecco un caso in cui l´interattività tecnologica consente al cittadino di segnalare un problema in tempo reale, e pretendere la soluzione».
Questo quarto stadio nell´evoluzione dei servizi sociali, come lo definisce Goldsmith, recupera pezzi di tradizioni precedenti. Il terzo settore, il movimento cooperativo, le chiese: ognuna di queste esperienze ha avuto qualcosa di positivo. Basti pensare alla rete mondiale di scuole di formazione professionale dei domenicani o i licei e università dei gesuiti, spesso di alta qualità. La novità che viene dagli Stati Uniti è la fusione tra le ispirazioni nobili del volontariato e della filantropia, con i livelli più avanzati dell´efficienza d´impresa. Quel che conta è il risultato. E comunque non è una sfida che si può rinviare. «La domanda di servizi pubblici - dice Goldsmith - continua a crescere inesorabilmente, proprio mentre le risorse dello Stato si fanno più scarse. Per ragioni economiche e per ragioni morali, non possiamo stare a guardare. Se restiamo immobili, una parte crescente della nostra società sarà lasciata indietro, abbandonata al suo destino».





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