sabato 22 settembre 2012

Angelo Ruggieri: Dumping sociale

Memo in occasione dell’incontro tra Fiat e governo Prima Pagina (3) Il dumping sociale da privilegio della Fiat a politica dello Stato Non c’è una uscita capitalistica da questa crisi del capitalismo a meno che questa non sia anche un’uscita dalla democrazia (anche nelle sue forme mininime e in quelle residuali rimaste ). Obbiettivo: riscrivere la costituzione con la penna Milton Friedman. La parola chiave per capire la “politica” della Fiat è “dumping sociale” che è diventata e si vuole che resti politica dello Stato La drammaticità della crisi consiste nel fatto che ci troviamo di fronte un capitale in crisi che non può uscire dalla crisi con i propri mezzi, e che non solo per ciò non può accettare di agire nemmeno nei limiti di una democrazia minima, ma che nello stesso tempo conserva la propria egemonia sul terreno del processo produttivo pur se è in “crisi di egemonia” sui popoli nel mondo. Donde che Marchionne in vista dell’incontro col governo, ribadisce ancora quello che avevamo appena trasmesso nel reprint MANAGER E OPERAI: “La vera competenza di Marchionne e della Fiat è il know how: la sua capacità, cioè, di stare in piedi solo grazie alle continue iniezioni di denaro pubblico e al sostegno dello Stato (e degli Italiani, o Serbi, o brasiliani, o polacchi o russi) alla Fiat che in Italia è stato per decenni anche sostegno dello Stato al modello di sviluppo Fiat (Prealpina 25/10/ 2010). E ciò - nella sua ottica – lo si capisce perchè il capitalismo non funziona: 1) se non ha e un certo tipo di mercato del lavoro che garantisca che non ci sia mai la piena occupazione, se non ha la possibilità di formare e svuotare un esercito industriale di riserva e quindi la sistematica possibilità di ricatto; 2) se non c'è "lo stato che fa la spesa al capitale" e ciò sopratutto nella fase del liberalismo di stato (imposto con leggi coercitive degli stati) come negli ultimi 20-30 anni per cui gli stati vanno e sono andati TUTTI in debito e in deficit. Di fronte a tale divaricazione drammatica di un capitale in crisi che non ha mezzi propri per uscire dalla crisi ma conserva il suo potere di ricatto perché mantiene l’egemonia sui mezzi di produzione, abbiamo un capo di governo che, brechtianamente, d’ora in poi, chiameremo Il Signor doppia “m”, che si aggira gonfio di quella flatulenza che chiamano competenza, come quella sulla “produttività” che da “spezialist”, che fuori dal suo campo non sa nulla di nulla, lui intende come lavorare di più: dimostrando di non sapere di economia e di non conoscere nemmeno i fondamentali della scienza economica (a cominciare da quella classica). Ma per di più – imitando l’ottimismo di Berlusconi – per la seconda o terza volta in un anno dice di “intravedere la luce e la fine del tunnel ”. Tunnel dal quale “naturalmente”, dice, si può uscire uscendo dalla democrazia, ovvero nelle sue parole: “cedendo sovranità nazionale e con riforme strutturali e definitive” dell’attuale ordinamento istituzionale e Costituzionale sia della democrazia politica che della democrazia sociale. Una “uscita” sia sul terreno dei rapporti tra fabbrica e stato, sia sul terreno dei rapporti sociali dei cittadini con lo stato delle autonomie, come del resto le stesse politiche “pro-crisi” sia del governo “tecnico” (sic) che quelle centralistiche di BCE-UE-FMI, dimostrano giorno dopo giorno incrinando e rompendo le basi stesse del” patto” di convivenza delle comunità, ovvero delle rispettive Costituzioni: di cui l’inserimento negli ordinamenti nazionali del “pareggio di bilancio" con disposizioni vincolanti e permanente e in Italia – con esito persino peggiore della modifica dell’articolo 18 Statuto Lavoratori - addirittura inserito nell’art. 81 della Costituzione è un esempio espressivo del vero obbiettivo che è quello di riscrivere gli ordinamenti nazionali e in particolare di riscrivere la nostra Costituzione con la penna di Milton Friedman. La parola chiave per capire la “politica” della Fiat è “dumping sociale” che significa ottenere una competitività (parziale e temporanea): a) col taglieggiamento dei salari e dei diritti/potere sociali dei lavoratori; b) succhiando soldi agli Stati che “fanno la spesa al capitalismo”creando il debito e deficit di bilancio che poi, per risanarli coi soldi dei contribuenti, recepiscono nei loro ordinamenti "il pareggio di bilancio" : addirittura con disposizioni vincolanti e permanenti e persino di natura costituzionale, come in Italia ha fatto l'attuale governo e la maggioranza PD- PDL-UDC con l'incostituzionale modifica dell'articolo 81 della C. Ottenendo l'uguale effetto dell’intento di Berlusconi-Tremonti di modificare l'art. 41 che aveva e mantiene lo stesso vero obbiettivo insito nel pareggio di bilancio in Costituzione, vale a dire di riscriverla con la penna di Milton Friedman e la penna del liberismo nonostante o proprio perché vive la piena débacle delle sue politiche “pro-crisi” come il Signor doppia “m” ha ammesso essere quelle del suo governo. Donde che ad ogni richiamo, qui sotto fatto, all’art. 41 va associato (e vale) all’inserimento del pareggio di bilancio nell’art.81, avendo entrambi lo scopo di impedire anche per il futuro la programmazione democratica e sociale dell’economia “pubblica” e “privata” Prima pagina-Prealpina (18-6-010) nella forma pubblicata dal giornale col titolo “Pomigliano/Fiat e la Cina che è vicina” Il dumping sociale da privilegio della Fiat a politica dello Stato di Angelo Ruggeri La Cina è vicina o, meglio, l’Italia cerca di "avvicinarsi". Qualche anno fa, erano le "tigri asiatiche". Ora è la Cina il riferimento per riscrivere l’art.41 C. e i rapporti economici e di lavoro esplicitati dal "caso" Pomigliano. Oltre alla "competitività", la parola chiave è: "dumping sociale". Il termine fu coniato proprio per l’Italia agli inizi delle prime prove di liberalizzazioni, nel secondo dopoguerra. "Dumping", per definire la "competitività" ottenuta col taglieggiamento dei salari e dei diritti che oggi si persegue globalmente, confermando la tesi dell’impoverimento progressivo delle classi lavoratrici internazionalizzate e raddoppiate. "Sociale" in quanto operato in evasione delle stesse leggi del Paese. Nel caso del "prenderle o lasciare" di Pomigliano, addirittura, si vuole aggirare i diritti costituzionalmente garantiti e indisponibili con un accordo sindacale. Da Atene a Roma le società del ricatto. Il dumping sociale, da "privilegio" della Fiat e di vari datori di lavoro del Nord, del Centro e del Sud (da Rosarno a Pomigliano), lo si vuol far diventare,anzi, lo è già diventato politica di Stato. Sulle orme della in Cina. Negli anni in cui Tremonti predicava il "colbertismo" e il "fallimento del mercatismo", la riforma costituzionale cinese, infatti, ha fissato quella inviolabilità e libertà assoluta dell’impresa e della proprietà privata d’impresa, che nell’Italia liberale fu sancita nel 1848. Donde il tentativo della Costituzione democratica del 1948, di fissare una funzione sociale alla proprietà e all’impresa. L’Italia è un Paese di sana e robusta Costituzione che è vigente ed è soprattutto "rigida" (non modificabile) perché afferma principi innovativi. L’art. 41 é nel titolo III della Prima Parte della Costituzione, sotto la voce: Rapporti economici. Dall’art. 13 all’art. 54 ( rapporti civili, rapporti etico-sociali e rapporti economici e con le regole sul bilancio dello stato dell’art.81 e collegati) vi è tutta la base della democrazia e della cultura della Costituzione. Donde che con ogni modifica di tali rapporti e regole, quello che si mette in discussione è l’impianto fondativo della nostra "Carta". Di cui l’art. 41 è un pilastro della cosiddetta "costituzione economica" che funge da cerniera tra i Principi Fondamentali e i valori civili, sociali ed economici e la parte "organizzativa" e delle regole di gestione economica e di bilancio dello Stato e della Repubblica. Repubblica delle autonomie – "stato" esse stesse - istituzionali e locali, politiche, sociali e sindacali, religiose e culturali espressive ed espressione della comunità sociale e civile. Quindi, non più uno stato "centrale" ne uno "stato" inteso come governo e quindi "apparato" e burocrazia. Non più lo Stato guardiano del gioco, il "veilleur de nuit", gendarme-guardiano notturno-carabiniere-poliziotto, come nello stato liberale e com’era il nostro nel 1848. Ma uno stato-comunità e della società-civile organizzata in partiti, sindacati, movimenti e istituzioni religiose e culturali, ecc.. Ovvero tutto quello che era sconosciuto nell’800, allo stato liberale e pre-fascista e resta sconosciuto alle "tigri asiatiche", ai Paesi dell’Est Europa e alla Cina. Il vero obbiettivo dell’azzardata idea di Tremonti non è "distrarre l’attenzione dalla manovra economica", come molti dicono. Il suo vero obbiettivo - affinché nessuno ci riprovi anche in futuro - è abolire definitivamente la programmazione sancito dall’art. 41, riscrivendolo con la penna di Milton Friedman e del liberismo in piena débacle. La "sinistra" non lo dice per nascondere di aver abbandonato la programmazione economica negli anni 80 e di aver dato per morto l’art.41 negli anni 90. “Maastricht l’ha cancellato”, avevano detto, seguendo il corso del capitalismo anglosassone della cosiddetta "Common Law" epicentro dell’odierna crisi e privatizzando le Banche che dovrebbero acquistare i titoli di stato. Così, con la deregolamentazione finanziaria operata dai governi di centrosinistra prima e di centrodestra poi, il debito pubblico è stato messo nelle mani di società private, che scaricano i debiti e i fallimenti delle loro speculazioni sugli Stati che pagano per salvale e scaricano i costi sulla popolazione.

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