da Aprile on line
Grecia, il ritorno del Pasok
Enrico Campofreda, 05 ottobre 2009, 11:36
Europa Il successo socialista è frutto dell'impennata di proteste anti Karamanlis che i greci, compresi molti elettori delusi di Nuova Democrazia, hanno lanciato come monito esasperato. Ma per la "generazione a 600 euro" quella accordata a Papandreu è un'investitura quasi disperata per mancanza di alternative, più che i leader dovrebbero mutare programmi e prospettive
L'urna stavolta brucia politicamente Karamanlis che dopo la sonora sconfitta di ieri deve cedere il governo a Papandreu e la direzione del partito (si fa il nome di Dora Bakoyannis). Se ne avvantaggia il Pasok capace di ridare fiato al fronte socialista in un'Europa ampiamente rivolta a destra. Circa dieci punti di percentuale separano il Pasok (43,9%) e Nuova Democrazia (34%) che cede oltre un quinto dell'elettorato agli avversari e una sessantina di deputati in Parlamento. La mossa di Karamanlis, dimissionario nelle scorse settimane come nel 2007 dopo l'ennnesima estate d'incendi dolosi che avevamo rimesso in ginocchio parecchie strutture dell'industria turistica ellenica, non è servita all'ex premier a incantare i concittadini. Avvelenati dalla crisi che si ripercuote sulle due maggiori imprese nazionali, turismo e trasporti navali, questi hanno ribadito col voto il dissenso già portato rumorosamente in piazza un anno fa dai giovani con una totale, prolungata rivolta.
Erano stati loro, i kukulofori anarchici, assieme ai liceali e agli universitari senza futuro ad animare le notti delle strade di Atene, Patrasso, Salonicco con cortei sia violenti sia pacifici. Tutti comunque rivolti a chiedere un cambiamento della politica del Paese. Ce l'avevano con gli agenti delle Mat, le squadre antisommossa che avevano assassinato il quindicenne Grigolopoulos, agenti che come lo sparatore Korkoneas erano ex squadristi fascisti reclutati dalle forze dell'ordine. Ce l'avevano con la precarietà estrema che una società drogata da clientelismo e corruzione politici riservava a schiere sempre più consistenti di non garantiti. Si parlò di generazione dei "seicento euro", il loro salario mensile oggi forse ulteriormente ridotto, che a 35 anni e più non consente di avere un'effettiva autonomia se non nell'abbrutimento d'una povertà di ritorno come quella del secondo dopoguerra. Karamanlis e le altre famiglie dell'affarismo statale o privato (cui appartiene lo stesso Papandreu oggi vincitore) non fornivano risposte.
Le quali, se da una parte sono difficili perché la recessione picchia duro a est come a ovest del vecchio continente, diventano di contro necessarie per stabilire sul mercato percorsi virtuosi e non solo speculativi. La Grecia fermamente agganciata all'Unione Europea negli ultimi anni ha tratto da quest'ultima minori benefici perché l'ampliamento del numero dei membri ha portato contributi economici nelle casse dei nuovi adepti. Ora Gorge Papandreu forte della rivincita personale sull'avversario che l'aveva sconfitto per due elezioni consecutive è atteso al difficilissimo compito di cambiare percorso rispetto al suo stesso passato, che vorrebbe dire anche trasformare la natura alla politica, finora consociativa, del Pasok. Il successo è frutto dell'impennata di proteste anti karamanlis che i greci, compresi molti elettori delusi di Nuova Democrazia, hanno lanciato come monito esasperato. Ma è un'investitura quasi disperata per mancanza di alternative, più che i leader dovrebbero mutare programmi e prospettive.
La marea giovanile aspetta al varco il premier socialista e ne teme la conosciuta propensione per l'affarismo. Il segnale con cui Papandreu, dopo aver chiesto di "lavorare insieme per il cambiamento", non potrà ridursi solo ai quattro nuovi ministeri da istituire (fra cui uno dell'ambiente e uno dell'energia per accontentare la componente ‘verde' che l'ha sostenuto). Se i festeggiamenti per un'effettiva mutazione di rotta non resteranno uno slogan-bluff gli elettori del Pasok e i greci tutti lo vedranno a breve. Altrimenti potrebbe tornare il tempo di altri fuochi, nuovamente urbani, che avvalorerebbero il timore di come il giogo delle famiglie affariste della politica ellenica continua a soffocare il Paese ben oltre la forza dell'urna.
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