Sinistra e Libertà, tutti appesi a Nencini
. da Europa del 14 ottobre 2009, pag. 3
di Gianni Del Vecchio
Nessuno l'avrebbe detto qualche tempo fa. Eppure è così: il futuro del progetto di Sinistra e libertà è tutto nelle mani di Riccardo Nencini, segretario dei socialisti.
Per capire il perché bisogna fare un passo indietro e partire da quello che è successo sabato sera a Fiuggi, al congresso dei Verdi. Lì la favorita della vigilia, Loredana De Petris, è stata sconfitta a sorpresa da Angelo Bonelli. Ha perso la mozione che vedeva un futuro ecologista nella costituzione di Sinistra e libertà dopo le prossime regionali mentre è stata premiata la linea più identitaria e autonomista dell'ex capogruppo alla camera.
Un vero dramma per Vendola e compagni, che si sono visti sfilare in un attimo uno dei soggetti fondatori nonché un bel pezzo di quel 3,1 per cento preso alle ultime europee.
Tanto da costringere il governatore pugliese ad accelerare e chiedere il congresso anticipato, da fare possibilmente a dicembre invece che dopo le regionali, come pattuito all'assemblea nazionale di Bagnoli un mese fa. Ma l'accelerazione non è stata presa bene da tutti. In particolare da Nencini, che da New York, dove è in missione, ha fatto sapere di non essere d'accordo. Il leader dei socialisti ritiene che non è precipitando i tempi che si possono risolvere i mali antichi della sinistra italiana. Secondo lui, infatti, non ci sarebbero le condizioni per modificare un percorso già stabilito né tanto meno improvvisare un congresso su due piedi. Insomma, un niet deciso, che fa nascere più di un sospetto fra le fila dei vendoliani che i socialisti stiano cominciando a ripensare al percorso unitario.
Certamente il risultato del congresso verde rafforza tutta quell'area da sempre scettica della confluenza in Sl, che ha già prodotto la fuoriuscita di gente come Bobo Craxi e Saverio Zavettieri. E un'eventuale defezione del Psi sarebbe un colpo quasi mortale per il nuovo soggetto della sinistra. Infatti ciò che rimarrebbe sarebbe solo un gruppo di dirigenti perdenti, che hanno abbandonato il loro partito di origine a seguito di una battaglia congressuale finita male: gli ex Ds di Fava e Mussi, gli ex Prc di Vendola e Giordano, gli ex Pdci di Guidoni e Belillo, gli ex Verdi (forse) di Francescato e Cento. Non a caso tutti sperano ancora di convincere Nencini a fare il congresso anticipato.
Domani il segretario torna dall'America e ci sarà una riunione fra tutti i "costituenti" di Sl. Solo allora si capirà che aria tira. Anche perché c'è già chi fantastica nuovi inattesi ricongiungimenti. L'ex capogruppo alla camera di Rifondazione, Gennaro Migliore, in un'intervista a L'altro rispolvera «la necessità di un dialogo» con gli odiati fratellicoltelli di Lista comunista, Ferrero e Diliberto.
La vittoria di Bonelli però non è un affare che riguarda solo ciò che si muove a sinistra del Pd. La strategia dei nuovi Verdi è lanciare una costituente ecologista rivolta a tutti quelli che ci stanno, in maniera trasversale, da destra a sinistra.
Un occhio di riguardo però va a proprio al Partito democratico.
Ieri Bonelli ha lanciato un appello agli ecodem affinché escano dal Pd per costruire assieme un forte soggetto ambientalista. Prospettiva questa abbastanza velleitaria nel caso alle primarie venisse eletto Franceschini, appoggiato proprio da Realacci e gli altri. Ma se vincesse Bersani? Le sirene di Bonelli diverrebbero più suadenti? Intanto, della partita fanno parte anche i Radicali. Marco Pannella, il cui (non) intervento di Fiuggi è stato determinante per far pendere la bilancia a favore di Bonelli, ha ribadito «l'oggettiva identità comune fra il simbolo del Sole che ride e quello della non-violenza radicale».
Qualcosa di più di un semplice corteggiamento.
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