Dal sito La filosofia di Peter Pan
Merito e demerito di questo vivace scritto di Ostellino è proprio il vecchio meccanismo di assimilare due aspetti fra loro diversi per ridurli al dato comune ( che indubbiamente c'è e del resto se si adotta questo metodo si trova sempre qualcosa). Così il merito di ricostruire percorsi e linee di un atteggiamento sostanzialmente illiberale si trasforma nel demerito di una semplificazione in cui tutto sembra derivare dall'illusione di conciliare socialismo e liberalismo, senza vedere nella stessa storia i diversi percorsi dei diversi azionismi. Sul piano filosofico generale credo che Ostellino colga bene la sottovalutazione delle culture dell'individuo operanti in un certo primato etico del tutto sulla parte, tuttavia esiste da molto tempo un dibattito sul concetto stesso di " individuo sociale" che parte proprio dal superamento di quei limiti. In altri termini l'acutezza di alcuni rilievi critici si mescola malamente alla logica della assimilazione, un peccato che fa tornare in mente proprio quei vizi totalizzanti che Ostellino vuole denunziare. ( attilio mangano)
L'aver ridotto la differenza tra due culture politiche giornalistiche al diverso atteggiamento verso Berlusconi è una ulteriore manifestazione di provincialismo di chi l'ha sollevata.... Il suo limite viene da lontano. Parte da Piero Gobetti- per il quale quella bolscevica era stata una rivoluzione liberale- passa da Antonio Gramsci, secondo il quale era stata una rivoluzione " contro il Capitale"( di Marx), arriva nel dopoguerra al Partito d'Azione ( un ircocervo liberal-socialista), per approdare all'attuale " azionismo di ritorno" di " non si tocchi la Costituzione", il pasticciato compromesso costituzionale del1947 tra il liberalismo crociano ( indifferente alle istituzioni) il comunismo filosovietico ( costruttivista), il solidarismo cattolico ( provvidenzialista).
E' la filiera che antepone la democrazia come " dottrina dei diritti"al liberalismo come " dottrina delle libertà", l'eguaglianza dei punti di arrivo a quella dei punti di partenza, la socialità alla responsabilità. Con una spruzzatina di scientismo razionalista, di moralismo giacobino, di Stato etico. Per essa la funzione di un giornale è la lotta del Bene contro il Male, vocazione a raddrizzare " il legno storto dell'umanità".
Un non senso metodologico-il salto logico dall' " essere" al " dover essere"- la strada che alimenta l'intolleranza e porta al totalitarismo. Mentre, nel mondo, Weber,Mises, Hayek, Popper, Berlin, la Arendt e ,prima di loro, Constant, Tocqueville, avevano già fatto culturalmente a pezzi lo scientismo razionalista illuminista francese, il comunismo e le sue propaggini minori collettiviste e dirigiste, da noi questa stessa cultura scopriva la Francia giacobina e se ne innamorava, ignorando, forse per le difficoltà della lingua. l'illuminismo scozzese, inseguiva l'illusione di conciliare liberalismo e socialismo, fino a strizzare l'cchio al comunismo. Si batteva- in nome di un disegno razionalista- per il compromesso storico fra la Dc e il Pci, si faceva sedurre dal pauperismo berlingueriano dell' " austerità" in nome di un 'etica superiore estranea alla modernità, si opponeva al riformismo socialista in nome di una sorta di monismo morale, chiudeva gli occhi- in nome della necessità storica, di fronte al consociativismo...
Il populismo berlusconiano e il democratismo tardo azionista sono in realtà speculari. Entrambi attribuiscono alla sovranità popolare il potere che l'Antico Regime assegnava al monarca assoluto. L'azionismo, per interpretarla come volontà generale che-orba della mediazione liberale- sa cosa è il Bene collettivo e ignora l'individuo, e Berlusconi, parimenti sordo, per affrancarsi dall'equlibrio dei poteri costituzionali ( piero ostellino)
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