lunedì 4 aprile 2022

Renato Fioretti: Referendum, ora tocca a noi

REFERENDUM: ORA TOCCA A NOI (prima parte) di Renato Fioretti Quale convinto sostenitore dell'opportunità di esprimere cinque perentori ai referendum cui la Consulta ha recentemente concesso il via libera, accolgo con piacere le intenzioni di voto espresse da coloro che anticipano di condividere la mia scelta; anche se solo in misura parziale rispetto alla totalità dei quesiti proposti. Trovo, però, deprimente rilevare, tra questi, la presenza di soggetti che, ad esempio, voteranno alla “separazione delle carriere” dei magistrati solo perché la definitiva separazione delle funzioni giudicanti e requirenti - attraverso la cancellazione delle già limitate possibilità di passare da un ruolo all'altro - rappresentava, nel corso della c.d. “Prima Repubblica”, una soluzione proposta da Bettino Craxi. La decisione, quindi, sarebbe dettata, più che da una scelta ponderata, dal perdurare di un'antica contrapposizione di tipo ideologico. Mai come in questa occasione, invece, è opportuno evitare di essere trascinati in quello che - strumentalmente, a mio parere - viene presentato quale scontro tra magistratura e politica. Inevitabile corollario: l'esigenza di ridurre il potere della (troppo invadente) Magistratura! Personalmente concordo con coloro che evidenziano, piuttosto, una realtà disarmante. La magistratura - non sempre in maniera totalmente soddisfacente, questo è pur vero - ha l'esclusivo compito di perseguire quegli stessi reati stabiliti dalle leggi votate dai politici, non dalla magistratura, ma ciò determina, sin troppo spesso, reazioni politiche (e del potere economico-finanziario) tendenti ad affermare chissà quale “golpe giudiziario” ad opera di toghe sistematicamente “rosse”! Se le stesse reazioni provenissero da puscher o scippatori, parleremmo di inconsulti ed ingiustificati attacchi a magistrati che si limitano a fare il loro dovere: perseguire i reati! In questo senso, poiché ritengo che dai referendum oggetto della prossima consultazione popolare - ingannevolmente “sponsorizzati” ai fini di “una giustizia giusta che funzioni” - traspaia, in realtà, l'insofferenza del ceto politico rispetto al controllo di legalità e, quindi, il recondito obiettivo che (la giustizia) continui a non funzionare, è opportuno diffidare delle motivazioni addotte dai promotori - e dai sostenitori - tentando di comprenderne al meglio il merito e, soprattutto, le eventuali conseguenze. E' questo, in sostanza, ciò che tenterò di fare. Il primo quesito, relativo alle modalità di presentazione delle candidature dei magistrati per l'elezione al CSM(1) (Consiglio Superiore della Magistratura) - organo costituzionale di autogoverno della magistratura - non richiede particolare approfondimento; nonostante sia stato (pomposamente) presentato quale “riforma del Csm” Si tratta, in effetti, di un intervento di carattere minimale(2). L'eventuale >SI>, infatti, avrebbe l'unica conseguenza di abrogare l'obbligo di un magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme a sostegno della propria candidatura al Csm; senza minimamente incidere sul vigente sistema delle “correnti”, per l'elezione dei componenti togati. Un quesito, quindi, tutto sommato, di scarsa rilevanza “politica”; che sembrerebbe aggiunto agli altri giusto “per fare numero”. Già il secondo quesito presenta, invece, qualche interessante elemento di novità e di non infondato timore. I proponenti il referendum chiedono che i Consigli giudiziari(3), istituiti in ogni distretto di Corte d'appello e composti sia da magistrati che da avvocati, con il compito di valutare l'operato professionale dei singoli magistrati, prevedano che - contrariamente a quanto avviene oggi - anche i rappresentanti degli avvocati abbiano diritto di voto. Al riguardo, è opportuno rilevare che la riforma della ministra Cartabia già consente quanto richiesto; ma solo nel caso in cui il Consiglio dell'Ordine (degli avvocati) abbia segnalato un comportamento scorretto da parte del magistrato sottoposto a valutazione. Personalmente ritengo che quanto già previsto dalla Cartabia possa considerarsi più che sufficiente. Non reputo opportuno, quindi, che, nella valutazione dell'operato professionale di un magistrato, sia, di norma, previsto un voto espresso da un soggetto - l'avvocato - che, per sua natura, svolge il ruolo di controparte. Escludo questa ipotesi per un motivo molto semplice e, credo, altrettanto comprensibile. L'ipotesi è quella di un avvocato, componente il Consiglio giudiziario di un qualsiasi distretto e, contemporaneamente, impegnato in un dibattimento processuale nella stessa sede territoriale. Ebbene, è sin troppo facile dedurne che - anche se inconsapevolmente - il magistrato di turno si ritroverebbe in una condizione di disequilibrio rispetto a chi, un giorno, potrebbe essere chiamato ad esprimere un voto determinante ai fini della sua carriera professionale. In questo senso, non oso immaginare quali nefaste conseguenze avrebbe potuto produrre, rispetto al requisito della terzietà (cui è tenuto ciascun magistrato giudicante), l'eventuale al referendum - fondatamente giudicato inammissibile dalla Consulta, perché considerato “un'innovazione giuridica” - che prevedeva la “responsabilità diretta dei magistrati”. Una giustizia “serenamente” forte con i deboli e “cautamente” debole con i forti! I rimanenti tre quesiti referendari: la c.d. “separazione delle carriere”, la “custodia cautelare” e, dulcis in fundo, l'abolizione della legge Severino, meritano ben altre attenzioni. Relativamente al primo, è opportuno subito rilevare che già il titolo appare inappropriato poiché l'eventuale non comporterebbe la separazione delle carriere tra Pm e giudice, che resterebbero legate allo stesso concorso, allo stesso CSM e alla stessa scuola di formazione. Da malpensante, però, non è infondato immaginare che, se per il momento, i proponenti ed i sostenitori del quesito referendario si accontenterebbero di separare le sole “funzioni” tra magistrati inquirenti e giudicanti - cancellando definitivamente la possibilità(4) di passare dall'una all'altra nel corso dalla carriera - l'obiettivo cui puntano sia proprio quello della netta separazione(5) delle carriere; con concorsi diversi, due CSM e formazione differenziata. Personalmente, come già rilevato in altra occasione(6), concordo con chi (dotato di ben altro prestigio(7) ed autorevolezza), esprimendosi con un netto , ritiene che l'attuale possibilità offerta ai magistrati (di svolgere entrambe le funzioni, nel rispetto di precise limitazioni(8) temporali e territoriali) consenta loro di offrire maggiori garanzie per una migliore amministrazione della giustizia. Al riguardo, mi piace riportare quanto - incautamente, a mio giudizio - già affermavano i rappresentanti della “Lista Emma Bonino” (all'epoca dei venti referendum presentati nel 1999) a sostegno di un quesito sullo stesso tema: “Tra giudicanti e requirenti vi dovrebbe essere una forma mentis assolutamente differente: garante, imparziale, terzo tra le parti, il giudice; parte stessa del processo penale il Pm, che rappresenta l'accusa contro la difesa”! Quindi: da un lato, un giudice, garante dei diritti costituzionali di un imputato, che svolge la sua funzione in ossequio alla imparzialità del ruolo e, dall'altro, un Pm che avrebbe un solo e comunque un unico scopo; la condanna dell'imputato. Si tratterebbe, almeno negli auspici radicali, di una sostanziale “americanizzazione(9)” di un punto nodale del nostro ordinamento giudiziario; con un magistrato requirente “praticamente ricondotto(10) nella sfera dell'Esecutivo. Quindi, in definitiva, sottoposto, a tutti gli effetti, al potere politico”. Senza dimenticare che - come sostiene(11) Piercamillo Davigo, ex magistrato altrettanto prestigioso ed autorevole - “lo stesso Consiglio d’Europa ha raccomandato, a tutti e 47 gli Stati membri, il modello italiano, stabilendo che invece è opportuno che uno passi da una all’altra funzione. Ovviamente non nello stesso processo, perché la cultura comune assicura una migliore amministrazione della giustizia”. Inoltre, per concludere su questo punto, non è superfluo evidenziare che, a parte l'assoluta indecifrabilità del lunghissimo testo del quesito referendario in oggetto - qualcuno lo quantifica in 1.500 parole - all'eventuale affermazione del seguirebbe, tra le altre discrasie, anche l'abrogazione delle norme che regolano la copertura in deroga delle sedi cosiddette disagiate. Ciò produrrebbe l'effetto, secondo il parere di autorevoli esperti(12), “di limitare gravemente la possibilità di coprire sedi giudiziarie poco appetite perché spesso in territori a elevata densità criminale”. Non è azzardato, quindi, ritenere che si tratti di un altro pezzo della tanto invocata “Riforma della giustizia” che corre, invece, il concreto rischio di rappresentare un ulteriore strumento di disagio per la giustizia; attraverso lo smantellamento degli strumenti di contrasto alla criminalità. NOTE 1) E' composto da 27 membri. Di questi, 16 sono eletti dai magistrati, 8 dal Parlamento (tra professori universitari in materie giuridiche e avvocati), oltre al Capo dello Stato (che svolge la funzione “formale” di Presidente), al primo presidente e al procuratore generale della Corte suprema di cassazione. Tra gli 8 membri “laici”, viene eletto un vicepresidente che svolge, in concreto, tutti i compiti connessi alla presidenza del Collegio. 2) Comporterebbe solo una miriade di candidature rispetto alle attuali. 3) Organi territoriali che svolgono una funzione consultiva nei confronti del CSM. Redigono pareri relativi alla progressione di carriera dei magistrati, al cambio di funzioni e ad altre evenienze della vita professionale degli stessi. 4) Attualmente questa possibilità è consentita 4 volte e a patto che avvenga in un diverso distretto di corte d'appello. La riforma della Cartabia già le riduce a 2. 5) Il che richiederebbe una modifica costituzionale. 6) Fonte: “Referendum: i primi due ”; su www.blog-lavoroesalute.org del 4/07/2021 7) Fonte: “Carriere separate, le ragioni di un no”; di Giancarlo Caselli, pubblicato su “Il Corriere della Sera” del 15/07/2020. 8) La permanenza in una delle due funzioni per almeno cinque anni prima di poter chiedere il cambio, un massimo di quattro “passaggi” da una funzione all'altra e l'obbligo del cambio di Regione in seguito al mutamento delle funzioni. 9) Intendendo così, le modalità procedurali vigenti negli Usa. 10) Fonte: “Sulla scalinata del Palazzaccio”, del 14 giugno 2021, a cura di Nello Rossi, Direttore del sito web “Questione giustizia”. 11) Fonte: Intervista di Giovanni Floris; nel corso del programma televisivo “Di Martedì” del giugno 2021. 12) Fonte: “Centrostudilivatino”; Referendum per la giustizia giusta, del 19/02/2022. REFERENDUM: ORA TOCCA A NOI (seconda parte) di Renato Fioretti Gli ultimi due quesiti costituiscono, però, un caso assolutamente particolare. Non esito a dire che li trovo, entrambi, sconcertanti perché dimostrano - urbi et orbi - la mal celata insofferenza dell'attuale ceto politico nei confronti della legalità! Tra l'altro, l'aspetto più incredibile - se non rappresentasse il tragico affresco della penosa situazione nella quale oggi langue la politica italiana - sarebbe costituito dalla valanga di risate sotto la quale sommergere l'antico slogan leghista: “Roma ladrona” e l'ultimo suo (zotico) condottiero; co-presentatore e ostinato sostenitore dei 5 referendum superstiti. E', infatti, sconvolgente che, dietro la maschera rappresentata dall'opportunità di quella che i promotori del referendum qualificano quale “esigenza di porre dei limiti agli abusi prodotti dall'esercizio della custodia cautelare”, si celi, invece, l'intenzione di intervenire non rispetto ai possibili abusi, bensì per operare una drastica riduzione del campo di applicazione della norma; così come rispetto altre altre misure: cautelari coercitive e interdittive adottate dal giudice penale. In effetti, è, purtroppo, vero che nel nostro Paese il ricorso alle misure di custodia cautelare(13) - cui di norma si ricorre quando si ritiene che ci sia un pericolo di fuga dell'indiziato, il rischio di reiterazione del reato o il pericolo di inquinamento delle prove - presenta indici abbastanza elevati(14), però, porre rimedio a questi ingiustificati ed intollerabili eccessi(15), che costituiscono un vero e proprio “abuso di potere”, tocca solo ed esclusivamente al Legislatore. Non a caso, come già anticipato, un eventuale produrrebbe un unico - deflagrante - effetto. Impedire al giudice di turno la possibilità di ricorrere alle misure cautelari per una lunga serie di reati. Bene, quindi, chiarire che - come diffusamente illustrato da Domenico Gallo(16) - “Esclusi i delitti di mafia e quelli commessi con l'uso delle armi, l'effetto del sarebbe quello di precludere la possibilità di applicare, nei confronti delle persone imputate di gravi reati, misure cautelari di alcun tipo, non solo la custodia in carcere e gli arresti domiciliari, ma anche l'allontanamento dalla casa familiare (nel caso del coniuge o padre violento), oppure il divieto di avvicinamento (nei casi di atti persecutori) così come non sarebbero più possibili le misure interdittive, come il divieto temporaneo di esercitare determinate attività imprenditoriali (nel caso delle società finanziarie che truffano gli investitori)”. In definitiva, conclude Gallo “Smantellando gli strumenti di contrasto alla criminalità, non si opera una riforma della giustizia, bensì una riforma contro l'amministrazione della giustizia, contro l'eguaglianza e i diritti delle persone”! E hanno l'ardire di parlare di referendum tesi ad ottenere “Una giustizia giusta”. Si tratta solo di personaggi ignobili, che - a loro uso e consumo - mentono ben sapendo di mentire! Come non sottoscrivere, quindi, le considerazioni di Giancarlo Caselli quando scrive(17) che Matteo Salvini, nel farsi promotore di questo quesito referendario (al pari di quello sulla legge Severino), “è scivolato su una buccia di banana”? “Se questo referendum dovesse essere approvato”, scrive Caselli, “alla prima decisione giudiziaria di un certo rilievo che applichi le nuove disposizioni farà seguito - c'è da scommetterlo, sicuri di vincere facile - un'ondata di malcontento e l'indignazione popolare contro questa magistratura troppo lassista (l'intramontabile ). Magari proprio da parte di quelli che si sono intestati il referendum”! NOTE 13) La custodia cautelare viene disposta dal GIP, su richiesta del PM, o dal giudice presso il quale pende il giudizio 14) .Il sito HuffPost riporta dati secondo i quali il 13/14 per cento dei detenuti è costituito da soggetti in attesa della sentenza di primo grado. Nel 2020, ad esempio, sono state risarcite, per ingiusta detenzione 750 soggetti. 15) In questo senso, la stagione di “Mani pulite” avrebbe dovuto insegnare molto. 16) Fonte: “Referendum, i falsi slogan della ”; pubblicato, in data 18/02/2022, dal sito www.micromega.net . 17) Fonte: “Sul referendum anti-custodia cautelare, è Salvini o un altro”? Pubblicato da “il Fatto Quotidiano”, in data 18/02/2022.

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