giovedì 7 ottobre 2021

Felice Besostri: Brevi cenni di analisi del voto

Dall'AdL BREVI CENNI DI ANALISI DEL VOTO partendo daLLE AREE maggiori Le elezioni nelle tre città metropolitane maggiori – Roma, Milano e Napoli – ci offrono un campo di osservazione importante, poiché la loro popolosità (2.783.809 abitanti a Roma, 1.397.715 a Milano e 940.940 a Napoli) supera i cinque milioni di abitanti raggiunge l’8,64% della popolazione italiana. Si tratta di un campione rappresentativo anche geograficamente, essendo Roma, Milano e Napoli collocate al Centro, al Nord e al Sud del nostro Paese. di Felice Besostri *) I risultati definitivi non confermano i primi commenti circa una vittoria del centro-sinistra allargato a guida PD. È vero che al primo turno è stato riconfermato il sindaco uscente di Milano e conquistato quello di Napoli, e a Roma ha il candidato al ballottaggio. Non solo: il PD guadagna sì in percentuale a Napoli dal 11,64% al 12,20% e a Milano cresce in modo spettacolare passando dal 28,97% del 2016 al 33,86% con un incremento di 6.267 voti. E però qui va segnalato il grande “ma” di queste elezioni. Che sono state caratterizzate da un calo di partecipazione generalizzato. Giustamente si era affermato che sarebbero state decise dagli incerti. I quali hanno sciolto i loro dubbi… non recandosi a votare. E questo fenomeno è stato particolarmente rilevante proprio nelle grandi città metropolitane, dove la partecipazione al voto si è collocata ovunque al di sotto del 50%: a Napoli s’è registrato il 47,17%, a Milano il 47,72% e Roma il 48,83%. Ma ecco i numeri: per il PD i 6.267 voti in più di Milano, non compensano i 3.886 persi a Napoli e soprattutto i 38.507 in meno di Roma. Che è la città dove il PD subisce un calo anche percentuale, passando dal 17,19% del 2016 al 16,38%. Insomma, l’attuale vittoria del PD somiglia molto a quella del PD di Renzi alle europee del 2014 con 11.203.231voti e il 40,81% che era stata realizzata, però, nel contesto declinante di una affluenza del 57,22%. Allora si registrò una diminuzione del 7,83 rispetto al 65,05% del 2009 e addirittura del 17,98% a confronto con il 75,20% delle elezioni parlamentari del 2013. Lo stato di salute di un partito, la sua capacità di espansione e il grado della sua rappresentatività vanno misurati con il numero dei votanti in raffronto con il turno precedente. Un semplice paragone con i voti validamente espressi per le liste in competizione non basta qui alla bisogna, specialmente dopo l’introduzione della soglia d’accesso. Alle europee del 2009 questo meccanismo negò rappresentanza a 4.037.313 voti validi, espressi a favore delle liste sotto soglia; alle politiche del 2008 esso escluse di fatto dalla rappresentanza parlamentare l’intera sinistra socialista e comunista. I partiti in crescita riducono l’area del non voto, nelle sue varie forme, dall’astensione alle schede bianche o nulle. Applicando questo criterio si comprende meglio la percentuale del PD a Roma si attesta al 12,32%, a Napoli è del 9,35%, mentre a Milano, unica città in cui ha aumentato i voti in assoluto, esso traguarda il 27,66%. Letta ha qualificato il risultato come dimostrativo della competitività del centro-sinistra allargato “in grado di battere la destra”. A Milano per la lista di Sinistra Unita, alleata del PD, il risultato non è stato entusiasmante non avendo eletto rappresentanti in Consiglio comunale. A Roma la lista SINISTRA CIVICA ECOLOGISTA ha eletto due consiglieri, ma dell’area dell’europarlamentare Smeriglio, quella più contigua al PD, pur senza la piaggeria di mettere il nome del candidato Sindaco nel simbolo. Da parte del PD non si ha alcuna intenzione di cambiare la legge elettorale vigente, malgrado suoi profili di illegittimità costituzionale, che saranno accentuati dall’entità demenziale della diminuzione del numero dei parlamentari. La promessa di compensare il “taglio” con una legge elettorale proporzionale conferma il detto attribuito a Clemenceau secondo il quale “in politica le promesse impegnano soltanto chi le ascolta”. Un giudizio politico definitivo dipenderà dall’esito dei ballottaggi di Roma e Torino. Sarebbe un errore darli già per vinti dal centro-sinistra. Tra i capoluoghi di provincia sarà interessante il ballottaggio di Savona dove alla destra si contrappone un centro-sinistra largo e non a guida PD. Ma in Italia la sinistra-sinistra, intendendo in ciò incluse anche frange minoritarie del PD, si trova in una situazione peggiore tra tutte quelle dei grandi paesi UE. Anche dopo il momento più basso della loro storia (le elezioni presidenziali e legislative francesi del 2017) i socialisti del PSF hanno nel 2021 conquistato la Presidenza di cinque delle tredici regioni metropolitane e nel 2020 hanno riconfermato Anne Hidalgo alla Municipalità di Parigi, che sarà candidata alle ormai prossime presidenziali del 2022. In Germania la SPD, che alle Europee del 2019 era diventata il terzo partito con il 15,80%, rimaneva comunque alla testa di ben sette Laender su sedici, mentre è entrata in crisi la Linke. In questo contesto, lo stesso PD ha cinque presidenze di regione su venti. E, allo stato attuale, l’asse PD con il M5S di Conte non appare sufficiente per battere la coalizione di centro-destra. Le elezioni romane accrediterebbero forse Calenda come un partner di centro-sinistra più consistente, ma la sua presenza si dichiara, allo stato attuale, alternativa a quella del M5S e di altre liste, forse bisognerebbe dire “listine”, di sinistra. Insomma, come si dice nella lingua friulana, viodin di viodi… Che alla lettera significa “vediamo di vedere”: diamoci una mossa.

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