venerdì 30 maggio 2014

Martelloni: Freccero e Renzi

Grazie a Freccero per gli spunti d'analisi e soprattutto per l'utilizzo della categoria storico-politica del «neo-centrismo» con cui legge il “fenomeno Renzi”. E grazie a Scirocco che li propone con un suo agile ma "pensato" commento – che ne sollecita subito, dal mio punto di vista, un altro. Una precisazione, credo, richieda pure il neo-centrismo di Freccero. Vediamo. Come ha giustamente ricordato ora Pecchiari tutte le questioni economiche, finanziarie e sociali, nazionali ed europee, restano sul tappeto. Il neo-centrismo in una fase economica espansiva ha avuto ed avrebbe margini redistributivi ampi. In breve, consentirebbe nuovamente politiche di welfare. Completamente diversa, se non opposta, è l'attuale situazione, particolarmente quella italiana, dove si sommano deflazione, deindstrializzazione, disoccupazione strutturale. Licio Gelli ha addirittura annunciato-previsto un «bagno di sangue». Ma veniamo al risultato elettorale. Una prima preliminare questione riguarda l'entità, il peso effettivo, del successo del PD. Una seconda, legata alla prima, concerne la sua "qualità" politica e dunque la sua "genealogia" (Fanfani? Veltroni?) e le probabili dinamiche del renzismo (Progressismo, Blairismo? «Riformismo senza riforme»? «Modernizzazione restauratrice». Neo-centrismo tecnocratico? «vocazione maggioritaria»? «vocazione totalitaria»? «sovversivismo dall'alto»? ecc. ecc.). Mi pare si tratti comunque di una forma di «rivoluzione passiva». Il tempo e soprattutto lo scontro politico e sociale ne determineranno e chiariranno la qualità? Intanto occorre contare e “pensare” i voti. Il PD di Renzi, col 40,81 % e 11.203.231 elettori ha certamente stravinto queste elezioni, per meriti suoi e del potentissimo sistema dell'”informazione” pubblica e privata, e per demeriti degli altri: ha usufruito anche, con la grottesca demonizzazione di un Grillo che già si ingarbugliava “quarantottescamente” da sé, del manifesto “aiuto” berlusconiano («a Renzi gli ho tirato la volata!»), di un Berlusconi oggi molto poco spendibile elettoralmente. Elezioni però – e questo è un punto dirimente – che hanno registrato una forte riduzione della partecipazione al voto, assestatasi, appunto, al 57,22%. Aggravando cioè, anche in Italia, una crisi della democrazia rappresentativa già evidente. Cosicché il dato percentuale ottenuto oggi dal PD DISTORCE la valutazione del dato politico-quantitativo effettivo. E la distorce soprattutto se lo si usa – come fan tutti, più o meno “pelosamente”– nelle valutazioni politiche nazionali sull'oggi e sul domani. Infatti il PD "renziano", nonostante l'esplicita «mutazione genetica» che gli ha consentito di raccogliere voti in tutte le direzioni – e senza avere un credibile antagonista moderato – oggi RESTA SOTTO il PD "veltroniano" delle elezioni politiche 2008 (12.092.998 voti e 33,2%) di quasi 900.000 elettori. Cioè guadagna MENO di quanto perde. Tanto più che a questi numeri del 2008 andrebbero aggiunti i 355.581 voti – potenziali elettori di oggi – ottenuti allora dal P.S. Nel 2008, la «vocazione maggioritaria» del PD gli fece sì ottenere quel buon risultato di partito (che sommava Margherita e DS) ma anche e soprattutto una SCONFITTA della coalizione di centro-sinistra (concordata col solo partito di Di Pietro – ebbe il 4,4 – allora “accettato” perché non aveva ancora osato criticare duramente il “grande vecchio” alla presidenza della Repubblica). Da allora un Veltroni sconfitto, e poi umiliato da D'Alema, ha le valigie pronte per un suo “prossimo” impegno umanitario in Africa. Intanto, il nostro “kennediano”, specula a suo modo, politicamente e cinematograficamente, sulla memoria di Berlinguer rimuovendone però tutto l'indirizzo politico e ideale. Proprio lui, quel Veltroni che ora, e legittimamente, rivendica la paternità del PD di Renzi Sempre nel 2008 il solo PDL raggiunse 13.628.865 voti che, sommati a quelli di Lega Nord e Movimento delle autonomie per il Sud giunsero a 17.063.874, pari al 46,8%. Insomma anche il Berlusconi del 2008 potrebbe guardare dall'alto in basso il giovane Renzi del 2014. Ma, si dirà, in questi 6 anni, e soprattutto nell'ultimo, è cambiato tutto, si è aperta un'altra stagione politica. Appunto, ma quale? I cittadini, per ora astensionisti, restano e crescono. E resta pure Berlusconi che, sebbene in molti sensi “dimezzato”, è ancora lì, e con tutti i suoi cospicui interessi, personali e di gruppo, in campo. E, in politica, può in vario modo aiutare, contenere o contrastare Renzi e il suo specifico “riformismo”. Tanto più che non conosciamo, per davvero, tutti i termini e lo spettro dei loro patti. Si enfatizza ora, e moltissimo, il «risultato storico» ottenuto dal PD, ma allora, per valutarlo correttamente – con buona pace della propaganda “di regime” del nuovo Minculpop – occorre adottare una prospettiva storiografica di «media durata» temporale, e che sia politicamente significativa. Nel caso italiano, per varie ragioni, credo si debba considerare l'ultimo quarantennio. In questa prospettiva, né Veltroni né Renzi potrebbero con successo paragonare i loro risultati quantitativi (si tace per disperazione di quelli qualitativi) a quelli della DC e dello stesso PC del 1976. Ebbero allora, rispettivamente, 14.218.519 voti col 38,71% e 12.622.728 col 34,37%, (con una affluenza alle urne del 93,4%!). E per di più, allora, l'area della intera sinistra "costituzionale" – col PSI al 9,64 e il PSDI al 3,37 – raggiungeva il 47%! Ancora, alle europee del 1984 il PCI, col 33,33% e 11.714.428 voti batteva la DC arretrata al 32,96%. Il PSI allora totalizzava 3.940.445 voti, pari all' 11,21%; il PSDI 1.225.462 voti, pari al 3,49%; il Partito Radicale 1.199.876 voti, pari al 3,41%; DP 506.753 voti, pari al 1,44%. Piccola notazione soltanto matematica: le varie sinistre allora, esattamente trent'anni fa, potevano vantare, almeno in teoria, una lieve maggioranza assoluta nel Paese. Sappiano invece che, politicamente – di nuovo a partire dal '76 – erano tra loro dilacerate e conflittuali. Al tempo in Italia, in quel mondo bipolare, non si voleva/poteva governare insieme ad una grande forza denominata ancora PCI, sebbene tale partito fosse ormai divenuto, nella sostanza, una socialdemocrazia europea, magari – nelle sue maggiori componenti – particolarmente “di sinistra”. Craxi, socialista-autonomista, voleva allora che quei comunisti venissero, se non cancellati, almeno ridimensionati e diventando politicamente subalterni. E per tentare, con ogni mezzo, questa operazione si è giocato l'anima e il partito. E forse il Paese. Oggi, il “democratico” Renzi ha finalmente chiuso la complessa storia politica novecentesca del movimento operaio italiano, di quello comunista e di quello socialista. A questo mirava il craxismo? Non credo. Ma Renzi è stato aiutato da tanti, da troppi. Dentro e fuori il PD. A cominciare dalle componenti interne del partito, già dal “procurato” – e da più parti – crollo politico di Bersani. A Renzi è stato consentito qualsiasi gioco, interno ed esterno, fino ad adottare le regole congressuali più strampalate – uniche al mondo – pur di rendere il partito conquistabile. Ma è pur vero che tanto è risultato possibile perché il “renzismo” costituisce il conseguente compimento del “veltronismo”. E tuttavia non tutto il partito appariva prima “veltronian-democratico”. Anzi, la «ditta» sembrava voler essere un po' diversa: più «popolare e di sinistra». E infatti «troppo vecchia», «troppo sindacale», la giudicavano i “liberal-modernizzatori” interni e soprattutto esterni – quelli che contano. E allora? Forse anche per quella parte di PD allora apparentemente non renziana quel confronto congressuale ha costituito non dirò un alibi per salvare almeno la faccia, ma un vero rito catartico. Una pratica liberatrice grazie ad una sconfitta annunciata. La liberazione da una storia, da ideali e interessi sociali ritenuti ormai troppo antichi o troppo impegnativi. Gli ideali, appunto, di un Socialismo realmente riformista perché effettivamente riformatore. Ora, grazie a queste elezioni, il segretario del PD e capo del Governo sembra avere il vento in poppa. Le sue vele appaiono gonfie, ma il vento effettivo è meno forte di quanto si tenda a far credere. E i marosi della crisi sociale non tarderanno a battere i fianchi della nuova imbarcazione: un'arca che trasporta specie tra loro troppo diverse e troppe altre ne lascia alla tempesta. L'80% del paese reale non sta nel PD, e il 50% non si schiera, oggi, con nessuno. Ma non affogherà in silenzio. Serve allora una flotta di veloci navi corsare.

6 commenti:

felice ha detto...

Appena ci si allontana dall STAMPA DI REGIME la vittoria di Renzi appare meno brillante. Ha vinto non c'è dubbio, a per esempio la nostra delegazione parlamentare ha il 54,79% tra eurofobici, euroscettici e eurotimidim cioè 40 deputati su 73. Credo che sia un record europeo, Ma avremo presto la prova se Renzi e i renziani creono alla vittoria come un risultato solido. Ho simulato l'applicazione della legge tedesca con soglia al 5% e distribuzione dei seggi con metodo D'HONDT il PD da solo puà aspirare alla maggioranza assoluta, che è sicura con alleati anche piccoli, da inglobare nella lista. se poi vuole andare sul sicuro avrebbe maggioranza assoluta anche con un maggioritario a doppio turno di collegio.sw insiste con l'Italicum significa che non ci crede al suo quasi 41%. Vuole approvare la nuova legge elettorale entro luglio basta avere pazienza e poi andare tutti al mare( o in montagna se la democrazia fosse messa in pericolo)






Felice C. Besostri

peppe ha detto...

io ho scritto che i due eventi essenziali di questa tornata elettorale sono il risultato del Pd -Renzi ma anche l'altissima astensione che insieme al voto nullo raggiunge i 23 milioni di aventi diritto al voto. Questo significa che circa metà degli elettori non si riconosce in questo sistema politico e nonostante la fortissima drammatizzazione della campagna elettorale. Con la afflluenza dello scorso anno il PD avrebbe preso , credo, il 33% che è un ottimo risultato (rispetto al 25%) ma che è anche qualitativamente diverso dal 41% .Comunque le elezioni dimostrano che a sinistra del PD non c'è nulla. O molta poca roba. SEL farebbe un errore se cadesse nella trappola di un nuovo arcobaleno o di Izquierda Unida come propone tra le righe Salvi. Come farebbe un errore se confluisse nel PD. Uno spazio a sinistra va mantenuto aperto ma con chiara connotazione di sx di governo legata alle culture politiche del socialismo democratico e dell0ecologismo riformatore. Se i partiti socialisti vivono una inubbbia crisi (ma porei dire che la vivono pure i popolar-consevatori) essi sono quattro volte più forti dei partiti della Gue a livello continentale. Il problema che si pone è quindi quello di rifondare il socialismo democratico non di affondarlo. Quando i partiti socialisti perdono consensi essi non vanno a quelli della Gue ma allì'astensione e questo vorrà pur dire qualcosa. Certo sarebbe stato moltio meglio se a sinistra del PSE ci fosse statt qualcosa di più serio e consistente della Gue come stimolo forte al rinnivamento. Ma così non è , anche se nella Gue ci sono indubbiamente forze innovatrici con cui discutere e costruie qualcosa insieme. Il Pd di REnzi non è un partito centrsta classico. Esso ha ormai una chiara connotazione peronista e populista (qui è la grossa differenza con Veltroni) . E nel peronismo si mescolano destra e sinistra. E' il frutto di venti anni di antipoltica. Ma proprio per questo il peronismo è un miscuglio altamente instabile che è legato alla fase di carisma del leader. Nel momento in cui questo declina , magari perchè poi non riesce a tenere insieme tutte le pronese contraddittorie fatte , c'è la implosione e le centraddizioni esplodono. Ecco perchè bisogna saper mantenere un livello di autonomia politica dal PD ma al tempo stesso non cadere nelle imbecillità di chi definisce il PD partito di destra. Esso va incalzato e vanno evidenziate le contraddizioni, ma non demonizzato. Se fa il gioco di Renzi e la gente è stanca di una sinistra jettatoria. E' proprio in questa fase che occorre saper bene sviluppare la iniziativa delle associazioni socialiste, sapendo anche essere limpidamente trasversali rispetto agli attuali soggetti. Ed avendo come interlocutori privilegiati l'area di Migliore in SeL ed assorbendo quello che resta del Psi che è ormai decomposto. Con il Pd penso che la interlocuzione oggi debba avvenore con singole personalità e non con correnti che sono in gran parte frutto di gioco di posizionamento



maurizio ha detto...

Sono in larga misura d'accordo con Peppe Giudice. Innanzi tutto distinguiamo i dati numerici da quelli politici. Troppo spesso si ragiona esclusivamente in termini percentuali e non di valori assoluti e questo può essere fuorviante. E' evidente che se si passa dal 25 al 40% il risultato è eclatante, ma solo il numero degli elettori in più o in meno rende esattamente conto delle dimensioni degli spostamenti (altra cosa, molto più complessa, è invece l'analisi dei flussi, che richiede tempi non brevi). Inoltre è evidente che tutte le percentuali vanno rapportate, come da più parti è stato detto, alla percentuale dei votanti: fra il 75% delle politiche 2013 e l'attuale 58% la differenza è enorme. E non si facciano paragoni con quando i votanti erano il 90% circa.
Detto ciò nessuno può sminuire la grande vittoria di Renzi più che del PD, la forte perdita dei 5Stelle e il declino di Berlusconi. Anche se in questo caso bisogna essere prudenti: FI + Fratelli d'Italia + la Lega, se ricompattati, supererebbero il 25%. E che farà il NCD? Resterà unito ed autonomo o si dividerà e in che modo?
Ritornando al PD le analogie con la DC non mi convincono affatto. D'accordo che lo spazio è il medesimo (il Grande Centro) e ha ragione il mio amico Gim Cassano quando dice che la forza di Renzi è aver esplicitato quello che già era nelle cose, ma non si voleva ammettere o non appariva chiaro o era comodo negare. Il PD, nato come partito di centrosinistra, era già di fatto un partito di centro. Con Renzi questo è diventato evidente ed è grottesco che ci sia ancora chi, come Galli Della Loggia, ne parla come di un partito "di sinistra". Però la DC aveva cultura ed identità politica (era il partito dei cattolici democratici) e copriva un ampio spettro di posizioni politiche ed ideali. La votavano cattolici liberali moderatamente laici ed integralisti intransigenti, ultra conservatori e riformatori assai avanzati. De Gasperi la definì un partito di centro che guardava a sinistra, ma se vogliamo sintetizzare era il partito della grande maggioranza dei moderati, però con una sinistra sociale (quella di Pastore e Donat Cattin) assai combattiva. Era infatti un partito interclassista. Si può dire lo stesso del PD? Probabilmente sì, tenendo però conto di come sia cambiata la composizione sociale del Paese mentre, per quello che riguarda invece i fattori culturali, è imprescindibile il grande processo di secolarizzazione che però, dagli anni '70 in poi, aveva già allora reso la DC diversa da quella del dopoguerra e degli anni '50 e '60. Sicuramente vale per l'attuale PD la triplice definizione ormai classica: nuovista (cioè post-ideologico), populista (avversione per le mediazioni e i corpi intermedi) e leaderista (il leader conta molto più del partito anche perché la politica è ormai essenzialmente un fatto mediatico).
E la sinistra invece dov'è? Questo è il nostro problema i cui termini, francamente, mi sembrano molto confusi.
Maurizio Giancola

francesco ha detto...

Personalmente trovo che il paragone che si sta proponendo tra il PD e
la DC abbia in effetti qualche fondamento. Bisognerà' pur dire, però,
che nella DC erano presenti in modo robusto anche componenti clericali,
post-fasciste, destrorse e para-mafiose che nel PD sono pressoché
assenti o comunque assai meno rilevanti (salvo forse qualche residuo di
clericalismo, peraltro, credo, in fase calante e scavalcato a Sinistra
perfino dalla Chiesa del nuovo pontefice). Aggiungerei inoltre che il
fatto che il PD abbia scelto di far parte del PSE costituisce un altro
rilevante elemento di differenziazione rispetto alla vecchia DC.
Infatti, pur con tutte le critiche che si possono anche legittimamente
esprimere nei confronti del Partito del Socialismo Europeo e delle sue
pulsioni blairiane o schroederiane, direi comunque che delle differenze
rispetto alle democrazie cristiane ed ai partiti moderati d'Europa
permangono (e c'è' da sperare che col tempo possano magari anche
accentuarsi). E' ben vero che l'entrata del PD nel PSE ha per certi
versi accresciuto l'ambiguità di quest'ultimo e ne abbia ulteriormente
annacquato l'identità, ma non escluderei a priori che la cosa funzionare
anche in senso inverso e che col tempo possano anche manifestarsi dei
processi di evoluzione in positivo del Partito Democratico,
facilitandone una maggiore connotazione in senso socialdemocratico.
Insomma, quello che voglio dire e' che se il PD per certi versi sta in
effetti prendendo le sembianze di una nuova DC, per altri è tuttavia un
po' meglio di quella vecchia (anche se preoccupa l'assenza di una seria
sensibilità costituzionale, come si è visto con alcune scelte
abominevoli e sconsiderate come quella dell'Italicum).
In ogni caso, un punto mi pare chiaro: quel che manca, a fronte di
questa sorta di nuova DC (pur con tutte le differenze del caso), e' una
Sinistra credibile, che sia possibilmente migliore di ciò che sono stati
il vecchio PCI ed il vecchio PSI (pre- e post-craxiano). Costruire
questa nuova Sinistra dovrebbe essere il nostro obiettivo. Ma la domanda
e' se gli antagonisti, i No-TAV, gli anti-americani per partito preso, i
chavisti, i fanatici dello yogurt fatto in casa (ossia gli ultras della
decrescita felice), i rivoluzionari da salotto e altri ameni compagni di
strada possano essere davvero interlocutori credibili per un simile
intento e per riempire quel vuoto che il PD e' venuto a creare.
Un saluto, Francesco Somaini.

luigi ha detto...

Caro compagno Giancola,
fuocherello, la DC ha convintmente votato la Costituzione itliana e
la prima parte a partire dal 1 articolo è anche sua creatura ... poi
c'è il titolo terzo Rapporti economici... economia finalità sociale
... socialdemocrazia e pensiero sociale della chiesa cattolica
andavano ancora assieme ... la divisione era sui diritti civili mica
su quelli sociali. Si vuole prendere coscienza che il PD di Renzi e
un partito di destra-neoliberista si o no ... che Renzi dopo Prodi,
D'Alema, Prodi, Monti, Letta è il referente in Italia dei poteri
forti dell'internazionalismo plutocratico ? Leader peronista,
certamente ma Peron era per le politiche sociali realmente di
sinistra, mentre Renzi fa abili mosse di prestidigiatore di politiche
di sinistra ... e quali mai sarebbero le reali politiche di sinistra,
vuole rinazionalizzare l'ILVA, la Piaggio ? in base al titolo terzo
della Costituzione potrebbe in linea teorica, in pratica segue i
dettami tracciati dalle libee guide della Ue del dopo Maastricht dei
banchieri e delle multinazionali.
Va beh ...so che è quasi impossibile chi pensa che Renzi sia il
nuovoPeron nostrano, ma invece è il nostro Clinton-Obama e il suo
partito vuole che sia proprio "americano" ... tu vuoi fare
l'americano.Non mi resta che sorridere.
Un dialogante saluto socialista di sinistra
Luigi Fasce - www.circolocalogerocapitini.it

felice ha detto...

Nel 1966 l'Ulivo prese 16.265.985 voti che fine hanno fatto? Sono tutti morti? Nel 2008 PD e PSI presero 12.450.791 voti perdendo le elezioni, nel 2014 con 11.203.231 voti il PD stravince in Italia e in Europa con la bellezza di 1.247.560 voti in meno: stiamo prprio dando i numeri. Ci fosse Amleto direbbe c'è del marcio in Danimarca, invece siamo in Italia e nessuno ha più dubbi: Renzi p nuovo protagonista del Rinascimento ialiano, quello preconizzato da Armando Verdiglione, che ha avuto il torto di essere troppo in anticipo sui tempi di Matteo, fiorentino e quindi Magnifico. sE ABANDONA L?ITALICUM SIGNFICA CHE CREDE NELL VITTIRIA E CHE SI ASOLIDA. sE INSISTE SUI PREMI DI MAGGIORANZA NON CI CREDE NEPPURE LUI






Felice C. Besostri