martedì 27 maggio 2014

Livio Ghersi: Europee: politica politicante senza ideali

Europee: politica politicante senza ideali. Le elezioni europee del 25 maggio 2014 saranno ricordate per la netta affermazione del Partito Democratico. Gli 11.172.861 voti conseguiti dal PD parlano chiaro. Invero, in termini assoluti, Walter Veltroni fece meglio nelle elezioni del 13 aprile 2008, ottenendo oltre 12 milioni di voti in sede di rinnovo della Camera dei deputati. Il giorno del voto, Eugenio Scalfari, vecchio liberale, radicale, socialista, democratico, ha firmato un editoriale titolato: "Non amo Renzi, ma oggi lo voterò". Con buona probabilità, il ragionamento di Scalfari ha interpretato lo stato d'animo di tanti altri elettori. I quali hanno scelto il PD non perché convinti estimatori dei talenti del giovane leader democratico, ma per raccogliersi sotto le ali protettive di un partito che, per la sua consistenza numerica e la sua collocazione nel Parlamento europeo, potesse meglio rappresentare e difendere gli interessi dell'Italia in Europa. Chi scrive non ha votato per il PD, ma per "Scelta Europea"; dunque è tra gli sconfitti. Una sconfitta sonora, senza appello. Eppure la modesta vicenda di "Scelta Europea" può essere un'utile chiave di lettura per comprendere come si sia orientato l'elettorato italiano. I primi giorni dello scorso mese di aprile, dopo un travaglio durato un mese, si è arrivati ad un accordo tra tre distinti soggetti politici per presentare una lista unitaria, che sostenesse, a nome del Gruppo dei Liberali Democratici europei (ALDE), la candidatura del liberale belga Guy Verhofstadt alla Presidenza della Commissione europea. La scelta unitaria è maturata troppo tardi e certamente non è stata condivisa dall'intero partito di Scelta Civica. Circostanza che non deve sorprendere. Lo stesso fondatore del partito, il senatore a vita Mario Monti, ha sempre tenuto a non farsi rinchiudere nel piccolo recinto liberale, preferendo coltivare relazioni anche con una famiglia politica ben più importante, negli equilibri dell'Unione europea, quella dei Popolari europei. Tutti ricordano la diretta partecipazione di Monti al vertice del Partito Popolare Europeo (PPE) a Bruxelles nel mese di dicembre del 2012: quando l'allora presidente del PPE, Martens, gli propose di porsi a capo di tutti i partiti italiani che si richiamavano al PPE e l'attuale leader di Forza Italia, Berlusconi, si dichiarò disponibile a questa ipotesi, nel superiore interesse di riunire tutte le forze moderate italiane. In ogni caso, per quanto sofferta fosse stata la gestazione della lista italiana dell'ALDE, sulla carta sembrava avere i requisiti per essere competitiva. Facciamo un po' di conti. Soltanto un anno prima, nelle elezioni del 24 febbraio 2013, i tre soggetti politici che ora si presentavano coalizzati avevano, rispettivamente, ottenuto nel voto per il rinnovo della Camera dei deputati: Scelta Civica con Monti, voti 2.823.842; Fare per fermare il declino, voti 380.044; Centro Democratico, voti 167.328. Con una stima assai prudente, era realistico ipotizzare che il venticinque per cento dei voti di Scelta Civica e l'ottanta per cento dei voti di ciascuna delle altre due formazioni restassero confermati, a distanza di un anno, per la nuova lista di Scelta Europea. Ne risultava una cifra complessiva di 1.143.857 voti, sicuramente una dote non trascurabile. Ma vi è di più. Richiamo di seguito sette diverse forze politiche (tra partiti, o associazioni), che hanno dichiarato ufficialmente di sostenere la lista di Scelta Europea e che hanno espresso propri candidati: 1) Partito federalista europeo; 2) Partito repubblicano italiano (PRI); 3) Partito liberale italiano (PLI); 4) LibMov, Movimento di liberali aderenti all'ALDE; 5) I Liberali; 6) Democrazia liberale; 7) Federazione dei liberali (FdL). Non considero, invece, l'Alleanza liberaldemocratica per l'Italia (ALI), perché costituita da fuorusciti di Fare per fermare il declino, quindi già inclusa nel risultato elettorale di Fare nel 2013. Con una stima sempre molto prudente, si poteva ipotizzare che questi sette ulteriori soggetti politici, mobilitando i propri quadri ed iscritti, potessero portare almeno altri quindicimila voti, come proprio apporto elettorale complessivo. Così la mia personale previsione accreditava la lista di Scelta Europea di 1.158.857 voti potenziali. Detta cifra elettorale equivaleva al 3,40 % del totale nazionale dei voti validi rispetto ai dati delle elezioni del 24 febbraio 2013. Rapportata al totale nazionale dei voti validi nelle elezioni europee del 25 maggio 2014, in cui il numero dei votanti è considerevolmente diminuito, si sarebbe tradotta in una percentuale del 4,23 % (al di sopra della soglia di sbarramento). Eppure, fin dall'inizio, quasi tutti i sondaggi effettuati davano per scontato che Scelta Europea non avrebbe raggiunto la soglia di sbarramento: con una previsione che determinava immediatamente l'effetto di scoraggiare i potenziali elettori per la prospettiva di un voto "non utile". Alla fine, i voti effettivi sono stati 196.157 (0,71 %). Io so di aver votato e non mi pento; potrei consolarmi ascoltando la voce straordinaria di Édith Piaf che cantava: «Non, rien de rien / Non, je ne regrette rien». Quanti, però, hanno tradito la loro parola? Quanti hanno fatto finta di impegnarsi? Gente che presume di conoscere la politica fin da quando portava i calzoni corti è caduta nel più classico tranello della manipolazione del consenso: per fare argine contro il partito dello sfascio e del caos (così gli organi di informazione di massa presentavano il Movimento 5 Stelle), bisognava correre a rafforzare il nuovo partito d'ordine, ossia il PD di Renzi. Il Partito Democratico è lo stesso che, Segretario Bersani e Presidente del Consiglio Letta, rassicurava i governi dell'Eurozona promettendo che tutti i patti sottoscritti (Fiscal Compact e pareggio di bilancio, inclusi) sarebbero stati rispettati. Oggi Renzi contribuisce a minare i conti pubblici con i famosi ottanta euro e promette che il Partito socialista europeo d'ora in poi cambierà verso all'Europa. Beato chi ci crede. Quando devo giudicare Renzi, guardo ai contenuti della legge elettorale che ha elaborato, o ai contenuti del disegno di legge costituzionale che ha presentato, con particolare riferimento al nuovo ruolo del Senato. E' sconcertante vedere quanti si pongano nella scia del nuovo potente di turno e gli facciano credito di una capacità riformatrice, a prescindere dal merito delle riforme proposte. Renzi è, appunto, un innovatore a prescindere. Come avrebbe detto Totò. Il ruolo degli autentici liberali democratici non è e non potrà mai essere quello di non disturbare il manovratore. Verhofstadt è stato rieletto con una messe di preferenze dal suo partito liberale fiammingo. Circa 66 nuovi deputati europei si iscriveranno al Gruppo dell'ALDE; tra loro non ci saranno italiani. Pazienza, l'ideale europeo ed il liberalismo critico, prima o poi, riusciranno ad affermarsi anche in Italia. Palermo, 26 maggio 2014 Livio Ghersi

5 commenti:

lanfranco ha detto...

Proviamo a confrontare gli argomenti del voto a Renzi da parte dei centristi liberaldemocratici così come riassunti da Ghersi, con quelli addotti da Franco D'Alfonso per il voto suo e dell'area arancione e vedremo quante diverse motivazioni confluiscono in quel voto. Ho l'impressione che Franco si sia fatto prendere dalla allure populista del Nostro e dal fatto che per la prima volta poteva votare Pd senza votare un ex comunista. Perchè queste sono le uniche novità di Renzi, che per il resto è il frutto naturale del Pd, non di una improvvisa svolta. Semmai era il timido tentativo di Bersani una prova di svolta!
C'è poco da fare: ognuno si tira dietro la sua storia !

sergio ha detto...


Lanfranco, da quando in politica e nel voto non confluiscono diverse motivazioni oltre che di interessi?

lanfranco ha detto...

ma io non rivendico affatto la necessità di una convergenza assoluta di interessi o di punti di vista nel voto. Ho solo voluto segnalare a Franco come ci siano ben altre e divergenti motivazioni nel voto in cui egli invece intravvede la buona novella.Più che la speranza contro la rabbia io ci vedo la paura contro la rabbia. Trascrivo qui il mio intervento su Facebook


SPERANZA CONTRO RABBIA O PAURA CONTRO RABBIA?

Raccomando la lettura di questo articolo di Prospero che spiega bene come le ultime elezioni si sono ridotte alla scelta fra l'avventura grillina e il
" partito-stato" PD. Il vero rammarico è che invece della dialettica destra-sinistra come bene o male si è espressa nella maggioranza degli altri paesi europei ( vedi il ruolo di Syriza in Grecia o del variegato spettro delle sinistre in Spagna, in Germania e altrove) qui si è votato di fronte all'alternativa fra il salto nel buio del comico e la governabilità spogliata di ogni colorazione di sinistra e in sintonia sostanziale ( al di là delle sigle) con il mainstream europeo, rappresentata da Renzi. E' evidente che in queste condizioni una lista inventata all'ultimo momento come quella di Tsipras poteva solo giocare un ruolo di testimonianza. E anch'io l'ho votata con questa consapevolezza.
Il vero problema non sta dunque nell'esito elettorale, ma nella scomparsa progressiva della sinistra politica attraverso la evoluzione del Pd verso un partito neocentrista , sancita dalla sconfitta dell'ultimo tentativo di Bersani, e dalla incapacità di radicamento dei vari tentativi ( da ultimo Sel) di nuovi partiti a sinistra. Qui siamo, mentre la crisi sociale continua a mietere il suo raccolto quotidiano sul terreno economico e sociale. Finito l'incanto del 40% qualcuno ricomincerà a farci i conti. Con questa consapevolezza bisogna guardare anche alla partita che si sta giocando in Europa, per capire se dopo queste elezioni in cui gli unici a farsi sentire sono stati gli euroscettici e le destre populiste, ci sarà un avvio vero di cambiamento o continuerà la marcia funebre dell'austerity.

http://laboratoriodipolitica.com.unita.it/politica/2014/05/27/grillo-e-il-vaffa-scelte-suicide/

angelo ha detto...

Caro Lanfranco, ne abbiamo discusso spesso ed è proprio vero che ognuno alla fin fine si tira dietro la propria storia.
Con affetto, Angelo
@ mailinglist: seguo tutti i vostri dibattiti. Grazie, Angelo

Sulla vicenda delle lezioni, il mio commento è questo:

Renzi ha vinto, ed ha vinto anche il Pd! E per la prima volta, detto senza alcuna stupida vanteria come capirete a breve, ho votato anch’io Pd e quindi, ancora per la prima volta, ho vinto anch’io.
Questa mia prima, apparentemente banalissima ma semplice ed immediata riflessione considera innanzitutto il successo personale riportato dal leader di un/del partito della sinistra nazionale ed europea. E’ la prima volta che accade nella storia della Repubblica, ragione già sufficiente per cui inviterei tutti coloro che ancora aspirano nella stessa parte di campo ad un’opposizione cosiddetta di sinistra di prendere atto almeno per una volta della realtà delle cose: a sinistra dei diversi ed opposti schieramenti, c’è un partito che per la prima volta vince e convince gli italiani. Venti anni circa dopo l’impatto di Blair, si fa strada anche in Italia la possibilità, per la prima volta reale – preceduta da ipotesi politiche, che per il loro tempo non trovarono corrispondenza reale, come ad esempio l’Ulivo o ancor meno la Rosa nel Pugno o infine l’esperienza della Costituente Socialista di contrasto al Pd – di un processo di cambiamento della modernità sull’onda lunga della globalizzazione e del processo di sviluppo tecnologico. Ed inoltre, per una strana circostanza – che causale non è in quanto per l’appunto risale al mancato processo di riforme di quest’ultimo ventennio – occorre anche sottolineare il fatto ulteriore che, nell’ambito del processo di consolidamento dell’Unione Europea, il Pd con i propri eletti si trova ora anche nelle condizioni di svolgere un ruolo preminente nell’elaborazione e costruzione delle proposte future, di parte, del PSE. In Italia, quanto al governo e soprattutto alle riforme, il Pd avrà comunque bisogno di accordarsi con altre forze avverse, che siano di destra, centro o movimenti. E tuttavia, sembra possano esserci le condizioni – ritengo dovute principalmente al fatto di una forza che, almeno per ora, appare chiaramente più forte delle tante e diverse debolezze altrui – per approvare una chiara, valida ed efficace proposta di riforma costituzionale. Eventualmente da sottoporre al vaglio costituzionale del paese, ed in tal caso si tratterebbe di un giudizio rimesso democraticamente all’elettorato. In mancanza del ricorso ad un tale giudizio, significherebbe invece che il Parlamento abbia raggiunto un accordo generale di riforma delle istituzioni, supportato cioè da un’ampia maggioranza politica, e quindi pur sempre democraticamente eletta. In entrambe le risoluzioni del caso, quel che quindi serve al paese è promuovere un evidente ed ampio dibattito circa i nodi, i temi e gli argomenti di riforma da apportare all’intero sistema(paese). Ragion per cui, a sinistra dei due diversi ed opposti schieramenti di campo quel che ora serve non è una malcelata opposizione quanto piuttosto una critica costruttiva, di cui dovremo tenere conto a motivo soprattutto di un elettorato che, soprattutto in questa fase, appare essenzialmente mobile e pronto a giudicare realisticamente.


claudio ha detto...

certo che se si continua a elaborare il lutto, a dire che Renzi ha avuto troppa fortuna e “dura minga”, i più audaci a rilevare che il resto della sinistra, a parte la loro autodefinizione di “sinistra” non sanno bene cosa dire e a chi dirlo. Con “io solo questo non so, chi sono dove vado e cosa voglio, e solo questo so, con chi non voglio camminare insieme” forse si imitano mediocremente delle poesie, ma certo non si fa politica. Per esempio, ci fosse uno solo della sinistra piagnona che si sta sfogando da 3 giorni che abbia rilevato che alle europee nel collegio nord ovest, i civatiani hanno eletto due deputati europei su 7, due giovani seri, presenti nei movimenti e nel sociale, che invece di piangersi addosso sulle riviste politicamente corrette han pensato bene di scambiarsi i voti tra Piemonte e Lombardia, e han superato di molto svariati renziani gelosissimi dei loro 4 voti.
Ma,si sa, queste sono faccende di bassa bottega, che non interessano la “sinistra collinare” (così è stata ribattezzata la lista Tsipras quando si è visto che ha preso le % più alte, dal 7,2 al 10 nelle circoscrizioni “bene” di Torino)...