giovedì 27 febbraio 2014

mondiepolitiche: Inizio Preoccupante

mondiepolitiche: Inizio Preoccupante

12 commenti:

alberto ha detto...

la “ lettura combinata dei vari articoli purtroppo non aiuta l'ottimismo” perchè non sono articoli scritti da chi dovrebbe leggere ciò che sta avvenendo con gli occhi di una sinistra riformatrice. Non sono un estimatore di Renzi, ma sono indubbie alcune cose che ho già scritto:
Letta andava dalla Merkel (PPE dove va anche Alfano), Renzi va da Schulz ( anzi a sentire la Repubblica di oggi, potrebbe presto diventarne il vice a livello di Pes europeo). Neppure Bersani e Letta hanno avuto il coraggio di scegliere se PPE o Pse, lasciando i loro simpatizzanti in un perenne dubbio su dove si collocano in Europa. Renzi non ha avuto dubbi e questa è una decisione centrale perchè fa si che gli elettori del PD si sentano a tutti gli effetti parte della cultura riformista europea.
Letta è bravo, ma come capo del governo non sapeva fare squadra tant’è che gira il mondo come un indiavolato mentre il governo litigava e nulla faceva se non errori su errori ( IMU docet). Così il PD rischiava di perdere ogni consenso in vista delle elezioni del prossimo anno previste da Letta.
Tra due giorni ci sarà il congresso del Pes a Roma. Che avrebbe fatto Letta?? Poi il semestre europeo. Con chi avrebbe dialogato Letta?? con il PPE o con il Pse. Con Merkel o con Schulz??
Ce ne era abbastanza per indurre Renzi a muoversi per non portare il PD definitivamente nel limbo e nelle successive sconfitte.

Se partiamo da qui tutte le considerazioni degli articoli riportati andrebbero riletti in altro modo e con altro animo.
Infine l’ultima "primato della politica". Sembra solo uno slogan ma è la destra che cerca di denigrarlo, cosa che non dovrebbe fare la sinistra. Ogni scelta parte da una cultura politica. Keynes era prima di tutto un grande teorico delle scienze economiche. Ma se non si era accodato al pensiero economico allora dominante, il liberismo conservatore, è perchè aveva un’idea politica che lo guidava. L’idea che una società prospera e si sviluppa solo se è solidale, se ridistribuisce parte delle ricchezze e se lo Stato non serve solo a reprimere i poveri operai, ma a garantire diritti eguaglianza ed interventi in economia quando il mercato va in tilt. Solo una società coesa, pensava, può affrontare le sfide globali ( già allora!).

francesco ha detto...

Caro Alberto, caro Lorenzo,


vi ringrazio delle risposte.


Per Alberto Ferrari. Sinceramente capisco che possiamo essere felici dell'ingresso del Pd nel Pse, ma questo non risolve minimamente - e in un certo senso non "c'entra" nulla - con le mie critiche alla debolezze delle posizioni del governo. Può anche essere bello il congresso di Roma del Pse, ma francamente non mi sembra significativo per i nostri destini.


E' per questo forse che il Presidente del Consiglio non ha difficoltà a fare una scelta, perché in realtà non molto impegnativa.


francesco ha detto...

Ci aspettiamo molto dal Pse? non mi faccio incantare dalla candidatura Schultz, anche se comunque è un passo importante per dare importanza alle elezioni europee. La Spd quando poi fa politica concreta, la fa a livello nazionale, tanto che con Merkel ha combattuto per "portarsi a casa" alcuen cose tutte tedesche, ma non ha molto premuto per un cambio di direzione nella guida dell'Europa


(su questo consiglio la lettura di questo brano di un articolo di Rusconi:"(...)L’adesione incondizionata della socialdemocrazia alla linea Merkel e lo scambio politico che la sottende preannunciano che non ci sarà spazio per una incisiva politica europea che sia sotto il segno della solidarietà. Ma oggi in Germania chi parla di «solidarietà per l’Europa» viene zittito e rimproverato di difendere «l’Europa dei debiti».

francesco ha detto...

L’Europa degli altri. Gli elettori tedeschi - socialdemocratici compresi - sono convinti di dover stare in guardia da popoli europei spendaccioni, inefficienti, inaffidabili. Non so se la classe dirigente socialdemocratica la pensa davvero così. Qualche tenue voce discorde si sente. Ma certamente il gruppo dirigente non ha fatto molto per spiegare al suo elettorato che le cose in Europa non stanno esattamente così. I tedeschi non sono semplicemente i più bravi. Ma alla fine l’unica preoccupazione della Spd ora è quella di riguadagnare il consenso interno perduto - evitando di pensare ad una politica europea più impegnativa e lungimirante. Una politica dello struzzo. (...)" (laStampa, 5 ottobre 2013)


francesco ha detto...

Il sindaco di Firenze - e spero così di rispondere anche a Lorenzo Borla, che ringrazio per la sua nota - è da un po' che battaglia per arrivare alla posizione in cui è; ci sarà stato tempo per pensare a qualcosa di più "brillante" della tassazione dei Bot, fra una Leopolda e l'altra?


Possibile che proprio un (sedicente) "riformista" come il Sindaco di Firenze non si premuri di tenere in mano con un po' più di dimestichezza le parole del risparmio e della finanza? A riprova che la presenza di tanti economisti era probabilmente un'altra delle tante operazioni di marketing di cui è contornata la storia politica del nostro prode. Poi, certo, Lorenzo, aspettiamo i fatti. Spero di essere smentito


francesco ha detto...

Ritorno a quanto mi diceva Alberto sul "primato della politica".
Ovviamente non sono molto d'accordo.
"Ogni scelta parte da una cultura politica", dice Alberto.


Quando i soldi non arrivano più o non ci sono più, c'è poco da fare sul lato della "cultura politica". Puoi bombardare i cittadini di discorsi e retorica, ma la nazione fallisce. E noi ci siamo andati molto vicini, non solo nel 2011.


Capisco la necessità di ricostruire e far percepire l'importanza della mano pubblica dopo gli anni in cui si è troppo puntato sulla leggerezza / dissoluzione dello stato; ma illudersi di ritornare ad anni in cui la politica "conduceva le danze" (o era un'apparenza legata a un preciso sistema politico mondiale costruito sui blocchi? era "anche" la ricaduta - peraltro limitata ad alcune aree del mondo - di un equilibrio geopolitico? e che con la fine di quell'equilibrio non poteva che entrare in crisi perché non più "protetto"?); illudersi di ritornare - dicevo - a una situazione tipo anni '60-'70 è illusorio e sarebbe dannoso.


francesco ha detto...

Inoltre, alcune leve del potere pubblico - per esempio il legame fra governo e emissione di moneta - per fortuna sono state dismesse, rescisse. E tornare indietro - come a volte si vagheggia a sinistra (in aree isolate, per la verità, mi pare) - sarebbe pericoloso.


E' un problema di naturale tendenza del "potere" a estendersi oltre i limiti: se il Principe torna a battere moneta, non c'è più una politica monetaria trasparente e efficace, i problemi vengono "silenziati" con la liquidità, ma in realtà poi tornano irrisolti (come probabilmente sta accadendo in Giappone).


Il nostro Paese non può pensare di risolvere alcuni dei suoi problemi solo sul lato della domanda, tornando semplicemente a Keynes (le cui soluzioni forse non erano adatte a un paese con il 120-130% di debito pubblico). Se non vengono risolti alcuni problemi strutturali, la crescita non potrà rendersi stabile, ma sarà fiammata effimera.


Perché la politica torni a fare cose, e cose concrete, deve essere "sotto pressione", e in questo momento la dinamica - insormontabile - che fa sì che la politica sia sempre sotto tensione è quello che potremmo definire il "braccio di ferro" fra mercati e politica.


E' una cosa positiva questa tensione? per il momento oserei dire di sì, purtroppo; e dico purtroppo perché capisco tutte le controindicazioni della situazione. L'alternativa di un "primato della politica" significa - almeno tradotta nelle dinamiche del nostro paese - o spesa pubblica fuori controllo, o protezionismo, o cose simili. Niente affatto allegre.
E purtroppo può anche essere peggio.


Certo, dobbiamo trovare un nuovo "compromesso" fra mercati, economia, e politica; ma - di nuovo - le scorciatoie non servono. Sarà una marcia lunga; e - forse -mai risolta del tutto.


Scusate la lunghezza del ragionamento, che spero di continuare con voi.


Francesco Maria




Il governo Renzi potrà anche andare a Bruxelles a chiedere, e magari ottenere, più tempo per rientrare dal debito pubblico, ma se non prenderà provvedimenti efficaci e credibili dovrà fare i conti con i mercati, ai quali ogni anno l’Italia è costretta a chiedere di sottoscrivere 400 miliardi di euro in titoli di Stato. E credibilità significa innanzitutto prendere misure che abbiano una copertura finanziaria certa . Va benissimo promettere un taglio del cuneo fiscale per alleggerire di 10 miliardi le tasse su imprese e lavoratori, ma se si dice che questo sconto verrà coperto con il taglio della spesa pubblica per 3-4 miliardi, bisogna spiegare come. Perché si può avere la massima fiducia nel lavoro del commissario Carlo Cottarelli, ma è un dato di fatto che altre valide persone prima di lui, da Piero Giarda a Enrico Bondi, ci hanno provato, ma con scarsi risultati.

Che cosa è cambiato davvero per farci credere che nei 7-8 mesi dell’anno che restano si potranno risparmiare diversi miliardi? Così come, se si dice che una parte della copertura del taglio del cuneo verrà dall’aumento del prelievo sulle rendite finanziarie per allinearlo alla media europea, bisogna che il governo non lasci i mercati nell’incertezza e chiarisca subito che cosa si appresta a fare. Pensa di partire aumentando le tasse? Farebbe meglio a guadagnarsi prima la credibilità tagliando la spesa. Così come non ci si può limitare, nell’annunciata riforma del lavoro, a prefigurare l’introduzione di un sussidio universale di disoccupazione senza dire almeno su che ordine di grandezza di spesa si ragiona e dove si prendono le risorse necessarie, perché un conto è potenziare l’Aspi, cioè l’indennità introdotta dalla Fornero, e tutt’altra cosa è dare 500 euro al mese a 3 milioni di disoccupati, per un costo annuo di 18 miliardi. Se Renzi non darà presto una risposta a questi interrogativi, che del resto lui stesso ha suscitato mettendo così tanta carne al fuoco, l’entusiasmo col quale sembra essere stato accolto dai cittadini, dalla maggioranza e dai mercati lascerà il posto a tensioni crescenti. E a danni rilevanti

Pierpaolo ha detto...

Concordo con te. Dovessi riassumere la mia posizione, direi: giudizio interlocutorio sul programma di governo e sulla sua attuabilità; giudizio complessivamente negativo sulla compagine ministeriale; estrema diffidenza verso alcune posizioni espresse da Renzi, che mi paiono non solo confuse, ma anche confusionarie.

Penso, ad esempio, ad affermazioni come questa: "“Dimostreremo che non è vero che l’Italia e l’Europa sono state distrutte dal liberismo, ma che al contrario il liberismo è un concetto di sinistra, e che le idee degli Zingales, degli Ichino e dei Blair non possono essere dei tratti marginali dell’identità del nostro partito, ma ne devono essere il cuore".
Oppure alla stravagante idea secondo cui, a sinistra, dovremmo considerare superata l'idea per cui la caratterizzazione di una forza politica sta nel diverso atteggiamento rispetto alle diseguaglianze sociali, per privilegiare invece il posizionamento su un'asse "innovazione-conservazione", ovviamente sul lato "innovazione"
Se il segno dell'innovazione è dato da un frullato misto delle posizioni di Blair, Ichino e Zingales, quello che ne viene fuori è un aggressivo e dinamico partito liberale, non certo un moderno partito socialista; per di più con un programma politico centrato su una sorta di "rivoluzione thatcheriana permanente". Insomma: un autentico incubo.

A parte la confusione sul versante ideologico, o politico-culturale - tema che, mi rendo conto, ormai può interessare solo pochi cultori della materia, trovo - e questo mi pare molto più grave - che il governo sia particolarmente debole sul versante delle politiche industriali e per la crescita.
Il Paese sconta i difetti di un modello di specializzazione industriale non più adatto ai tempi e incentrato su imprese di dimensioni troppo piccole per affrontare una competizione globale. L'idea che il settore manufatturiero possa ripartire tagliando il cuneo fiscale e abbattendo il costo del lavoro è un'idea superficiale, che può far scattare gli applausi di Confindustria, ma che si rivelerà, temo, del tutto errata. Le risorse di Cassa Depositi e Prestiti saranno utilizzate per dare ossigeno a un moribondo. Sarebbe stato molto più auspicabile utilizzarle per innescare ambiziosi programmi di investimento, volti all'ammodernamento delle grandi reti infrastrutturali (trasporti, energia, telecom) e alla conversione del nostro modello di specializzazione industriale (più "green economy", più economia della conoscenza).

Credo che il programma di governo - ammesso che possa essere definita così la serie di annunci roboanti che abbiamo sentito in questi giorni - in realtà finirà per aumentare la spesa pubblica, come abbiamo già visto sotto i precedenti governi Berlusconi.
A qualcuno, poi, resteranno i cocci da sistemare. ma questo è un film già visto.

Pierpaolo Pecchiari

alberto ha detto...

Caro Francesco, grazie per il tuo intervento al quale cercherò di rispondere per punti:
1) su Pse e Schulz credo sarebbe utile leggere il recente suo libro uscito in questi giorni dal titolo “Il gigante Incatenato, ultima opportunità per l’Europa”. Vi troverai molte risposte alle tue, giuste, diffidenze.
2) l’ingresso del PD nel Pes significa che da oggi milioni di elettori del PD usciranno del limbo nel quale per anni li aveva confinati lo stesso PD e o si sentiranno , o incominceranno a sentirsi parte di quella grande cultura che tra gli anno 50 e 70 ha costruito il più grande modello di welfare a livello globale. Anche se formatisi nella cultura cristiana, come è stato per Delors e molti altri. E’ per essi finito il limbo della loro collocazione in Europa. A maggio potranno fare una grande campagna elettorale a favore del Pes e di Schulz con la convinzione di fare parte di una grande famiglia aperta plurale ma con comuni fondamentali di liberta di eguaglianza , di solidarietà. E credo che questo sia un grandissimo risultato.
3)sul primato della politica, vorrei solo ricordarti che se oggi abbiamo una sanità pubblica, una scuola pubblica sistema pensionistico diffuso lo dobbiamo alla cultura socialista, perché la cultura liberista pensava e pensa esattamente all’opposto: non esiste la società, esistono gli individui, come diceva la Thatcher. Se hai un po' di tempo da perdere leggiti quanto scrivevo alcuni anni fa sulla crisi economica, che non è crisi che ha origini “tecniche”, ma essenzialmente politiche.

giovanni ha detto...

Caro Ferrari, dopo aver letto le citazioni contenute nell’ultimo intervento di Pecchiari, non può apparire un acquisto poco felice quello del PD da parte del PES? Ho l’impressione che il movimento socialista in Europa stia veleggiando verso una crescente confusione e verso lidi lontani dalle finalità che gli sono state proprie nel corso della storia. E’ possibile che non si debba più usare la parola socialismo per indicare entità politiche votate alla difesa dei ceti meno fortunati e alla diminuì<ione delle disuguaglianze? O si deve dar credito alla tesi secondo la quale rientrino nel liberismo economico tali finalità? Cari saluti. Giovanni Baccalini

Felice ha detto...


QUANDO IL PRIMATO DELL POLITICA PREVALE SULLO STATO DI DIRITTO, SULLA DIVISIONE DEI POTERI E SULLA COSTITUZIONE NON C'E' SINISTRA CHE TENGA E L'ADESIONE AL PSE NON COMPENSA L'ITALICUM. SI PARVA LICET: QUANDO LA DIFESA DELLE CONQUISTE DEL SOCIALISMO HA GIUSTIFICATI GULAG E GHEPEU O I PROCESSI STALINIANI SIAMO DI FRONTE A PROCESSI QUANTITAVIENTE E QUALITATIVAMENTE DIVERSI A FRUTTO DELLA STESSA PREVALENZA DELLA POLITICA COME LA GIUSTIFICAZIONE IMPLICITA DELLA CORRUZIONE PER FINAZIARE IL PARTITO. PARAFRASANDO MADAME ROLAND "PRIMATO DELLA POLITICA QUANTI DELITTI IN TUO NOME!"






Felice C. Besostri


alberto ha detto...

Caro Felice, parlavo del primato della “politica” non dei partiti. E lo facevo proprio per ribadire che ciò che sta avvenendo nel sistema economico mondiale da alcuni anni non è espressione di errori tecnici, di tecnocrati incapaci o altro. Quei tecnici quei tecnocrati, non sono incapaci e/o incompetenti, sono fedeli interpreti di un pensiero politico funzionale a precisi partiti.