lunedì 18 giugno 2012

Franco Astengo: Democrazia

DEMOCRAZIA DI COMPETENZA, POPULISMO, DE MOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
“… La Grande Crisi confermò negli intellettuali, in chi era impegnato nell’attività politica e nei comuni cittadini l’opinione che nella realtà sociale in cui vivevano ci fosse qualcosa di fondamentalmente sbagliato. Chi poteva conoscere il da farsi? Certo pochi tra coloro che detenevano l’autorità e nessuno tra quelli che cercavano di dirigere la rotta con gli strumenti e con le carte di navigazione tradizionali della fede liberista ottocentesca, sui quali ormai non si poteva più fare affidamento. Che fiducia si poteva dare a economisti, per quanto brillanti, che dimostravano con grande lucidità che la crisi nella quale essi stessi vivevano non sarebbe potuta accadere in una società condotta correttamente secondo le regole del libero mercato..”
Così, con involontari quanto evidenti accenni alla realtà della crisi attuale, Eric J. Hobsbawn nel suo fondamentale “Il secolo breve, 1914-1991” (sesta edizione Bur exploit, Rizzoli 2010) introduce il capitolo riguardante la crisi del 1929.
Un tema affrontato, sia pure anche in questo caso “lateralmente”, da Luciano Canfora, nel suo articolo apparso oggi, 17 Giugno 2012, sulle colonne del “Corriere della Sera”, laddove tratta del “moderno lessico politico forgiato sull’Acropoli”.
Scrive il filologo classico, professore a Bari, nell’epilogo di questo suo intervento: “…L’istanza ricorrente del necessario predominio della competenza era tipica della critica oligarchica della democrazia (Platone, Crizia, ecc.). Di fatto, però, competenza era un modo eufemistico per dire ricchezza. In tempi a noi più vicini quell’istanza divenne l’architrave della critica di parte liberale alla democrazia (per tutto il secolo XIX questa fu la contrapposizione dominante, specie in Europa). In tempi ancor a noi più vicini la prevalenza del pensiero democratico su quello liberale, affermatosi, ad esempio, nelle codificazioni “costituzionali” del secondo dopoguerra, è venuta declinando, e ha ceduto il passo al ritorno in grande stile del predominio dei “competenti”: o di coloro che, intrinseci al mondo arduo della finanza, si pretendono tali”.
Per chi ha avuto, fin qui, la pazienza di leggere con attenzione il dato della similitudine portata, in entrambi i testi, con l’attualità della situazione politica italiana sarà apparsa in tutta evidenza, senza necessità di ulteriori spiegazioni di merito. Con in più un elemento di chiarezza che entrambi i testi portano nel dibattito attuale: è evidente la collocazione (siamo tra quelli che credono ancora alle collocazioni e alla distinzioni teoriche, etiche, politiche) di destra del “liberalismo delle competenze”.
Un “liberalismo delle competenze” all’opera oggi, nella situazione europea e italiana, con lo scopo di smantellare il residuo della democrazia rappresentativa, dei diritti sociali, della solidarietà.
Un “liberalismo delle competenze” cui va rivolto un moto sociale e politico di forte opposizione.
In Italia, in analogia con alcune parti d’Europa, lo scontro, sul piano della concezione della democrazia, che risulta oggi il fattore decisivo di riallineamento dell’intero sistema, risulta essere di tipo triangolare: da una parte – appunto – il “liberalismo delle competenze”, al centro il populismo (anch’esso di destra, anche quando raccoglie istanze popolari, in apparenza di sinistra e la raccoglie dal fango in cui le hanno fatto cadere, come bandiere perse in battaglia, i soggetti che dovrebbero esserne, invece, i naturali portatori) che ha governato il nostro Paese nella sua forma più becera nel corso degli ultimi 17 anni (con intervalli del tutto inefficaci, dal punto di vista delle coordinate di fondo, da parte del centro-sinistra) e che riappare, nuovamente, nelle vesti di un istrionismo popolaresco che nasconde insidie molto profonde dietro l’idea del ridurre il tutto alla “democrazia diretta”, e , infine, la democrazia rappresentativa che riassumiamo, per farci intendere al volo, nel modello offerto dalla Costituzione Repubblicana (non a caso Canfora ricorda le “codificazioni costituzionali del secondo dopoguerra”).
E’ questo, al di là delle specificazioni di merito pur importanti sui temi dell’economia, dello stato sociale, della giustizia, il vero punto di riferimento della contesa in atto.
La sinistra ha la necessità di raccogliere le proprie forze attorno all’idea di fondo della “democrazia rappresentativa”, al di là delle specificazioni di dettaglio e chiedere che, nei tempi più rapidi possibile, su questa discriminante si pronunci il popolo sovrano (torna qui il tema della necessità di una presentazione elettorale rappresentativa delle istanze del “liberalismo delle competenze” cui fa capo questo governo).
Raccogliersi attorno all’idea di fondo della democrazia rappresentativa, dell’equilibrio tra diritti e doveri rappresentato dalla Costituzione Repubblicana, deve significare per la sinistra le cui origini stanno nei grandi movimenti politici e sociali che hanno contrassegnato in Italia la seconda metà del ’900,aprire una “Costituente per l’alternativa”, capace di rappresentare una nuova soggettività politica capace di superare e rilanciare quelle esistenti, dimostratesi incapaci di muoversi adeguatamente sulla scena della crisi e delle risposte da fornire ai bisogni delle masse popolari.
Con un’avvertenza finale, affondante le sue ragioni nel più bieco elettoralismo (tant’è, quando ci vuole, ci vuole..): le valutazioni elettorali riportate oggi, sempre sulle colonne del “Corriere della Sera” da Renatino Mannheimer, oltre al 40% di astenuti e il 20% al Movimento 5 Stelle, indica SeL al 5,3%, Pericolosamente vicina, per la prima volta da due anni a questa parte, alla soglia dell’esclusione dal Parlamento (la FdS non è citata, probabilmente valutata al di sotto dell’1,6% che riguarda il Fli). Insomma il rischio di avviarci verso la sorte dell’Arcobaleno può risultare concretamente possibile. Certo SeL, in nome del personalismo, ha sbagliato due linee politiche in poco tempo: quella delle primarie, e quella della cosiddetta “foto di Vasto” e, quindi, è evidente che un prezzo debba essere pagato, anche sul piano elettorale.
E’ il caso quindi di aprire una riflessione di fondo: chi intende farsene carico? Soggetti in vista non se ne vedono e questo, a sinistra, appare il guaio più grosso, nel momento in cui rischiando ancora l’esiziale esclusione dal Parlamento, appaiono in gioco, oltre un ulteriore peggioramento delle condizioni materiali di vita dei lavoratori, delle donne, dei giovani, dei pensionati, anche i tratti fondamentali della qualità del nostra democrazia repubblicana.
Savona, li 17 giugno 2012 Franco Astengo

1 commento:

Anonimo ha detto...

Condivido molto la sua riflessione e l'opposizione ferma al liberalismo delle competenze degli Scalfaro che ritengono, ad esempio, che i banchieri centrali, in quanto espressione delle istituzioni e nello stesso tempo indipendenti, siano coloro che meglio riescono a rappresentare l'interesse generale. Abbiamo bisogno di opporci al liberalismo delle competenze e di ricostruire una connessione sentimentale, rifiutando quindi gli approcci moralisti ed elitisti di chi ostenta una superiorità antropologica rispetto alle masse ignoranti.