Il Belpaese stuprato dagli speculatori
Data di pubblicazione: 03.10.2009
Autore: Emiliani, Vittorio
E mentre l’Italia crolla, il governo rilancia il ponte di Messina: cronache di ordinaria follia. Da l’Unità, 3 ottobre 2009 (m.p.g.)
Il Belpaese stuprato. Stuprato da chi lo abita e continua a costruire dove non si può e non si deve. Stuprato da Comuni e Province che chiudono gli occhi su abusi edilizi di massa che scempiano il paesaggio e pongono le premesse per disgrazie a non finire. Stuprato da Regioni che, a cominciare dalla disastrata Sicilia, assolvono tutti quanti. Stuprato da governi che tagliano i fondi (a metà quest’anno quelli già magri per il Ministero dell’Ambiente) e varano un condono edilizio dopo l’altro (due a distanza di dieci anni il governo Berlusconi, 1994 e 2004) incoraggiando altro cemento e altro asfalto abusivo su pendii scoscesi, impermeabilizzando i terreni, accelerando la velocità dell’acqua, preparando, con lo sfascio del territorio, lutti e sciagure inesorabili. Con la tropicalizzazione del clima e piogge più violente e improvvise tutto è destinato a complicarsi.
La frazione messinese di Giampilieri, nelle immagini televisive girate dall’alto, appare come un tragico “caso di scuola”: costa alta, aggredita da costruzioni tanto intensive quanto insensate, persino dentro la fiumara che, quando piove forte, si apre a forza la strada verso il mare, sormontata da un costone di roccia che nessuno ha messo in sicurezza. Giampilieri di Messina come Ischia, come tanti abitati costieri. Il Comune di Messina era stato già colpito nel 1998 con 4 morti. Ma l’amministrazione locale non ha fatto praticamente nulla. “La mancanza di fondi non ci ha consentito di intervenire”, si giustifica il sindaco Giuseppe Buzzanca.
Lo stesso dirà la Regione Sicilia che però continua a gonfiarsi di personale e ad aumentare le indennità dei consiglieri invece di destinare risorse al suo sfasciato territorio. Per giunta sismico, a partire dal Messinese, per cui ogni scossa, anche modesta, aggrava ed estende i movimenti franosi su colline dove un tempo c’erano boschi o colture agricole a filtrare le piogge, e magari non ci sono più perché “cotti” da incendi estivi appiccati da speculatori criminali. Anche il governo Berlusconi si nasconderà dietro la crisi generale dell’economia e quindi delle risorse pubbliche. Ma è lo stesso governo, è lo stesso premier che ha deciso di “passare alla storia” col costosissimo, inutile e dannosissimo, sul piano idrogeologico, Ponte sullo Stretto fra Messina e Reggio Calabria. Eppure il 10 per cento del Belpaese è “ad altra criticità idrogeologica”.
In un documento del 26 settembre scorso il Wwf denunciava: “Ruspe, lottizzazioni impressionanti su pendii fragili, coperture di impluvi naturali, sbancamenti enormi, sono continuati imperterriti, accelerando la fragilità intrinseca dei Monti Peloritani, geologicamente giovani e pertanto soggetti più di altri a fenomeni franosi, che la mano dell’uomo ha aggravato e reso pressoché costanti. Messina ha scelto, come economia unica e sola, il cemento e le opere faraoniche”. Mentre l’intera Sicilia, l’intero nostro antico, consumato, cementificato, asfaltato e quindi fragile Paese – che, dal Polesine in qua, ha visto morire nelle alluvioni circa 1.500 persone - ha bisogno di tornare ad investire seriamente, costantemente nel restauro strutturale del suo corpo. Come aveva cominciato a fare dopo le buone leggi sui piani paesaggistici (1985), sulle autorità di bacino e sulla difesa del suolo (1989), sui parchi di ogni livello (1991). Devitalizzate dall’idea che “ognuno è padrone a casa propria” (Berlusconi) e che pianificare paesaggio e territorio è inutile, anzi dannoso. Non dà ritorno di immagine. Al di là di “escort”, festini privati, ridicole esibizioni internazionali, questo è uno dei più diffusi, devastanti, cronici guasti dei governi Berlusconi.
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