da Aprile
Voglio un PD di sinistra
Vincenzo Vita, 02 ottobre 2009, 13:39
Dibattito Doppia tessera e svecchiamento teorico. La Linke (per altri versi i Grünen e Cohn-Bendit) è un caso da studiare, perché va molto al di là dei recinti post-ideologici attuali, dal Pd alla sinistra-sinistra. Non ci dà una soluzione organizzativa immediatamente praticabile in Italia. Certo. Ci fornisce, però, un metodo
Si è chiusa la fase interna del congresso del partito democratico. Con la prevedibile vittoria del candidato Bersani. Ma ora si apre quella esterna, quella della primarie, da celebrare il prossimo (vicino) 25 ottobre. Serve uno scarto, per capire davvero cosa si vuole che diventi il Pd. Per comodità di sintesi, e pure con rispetto, è ragionevole sostenere che - esattamente all'opposto di quanto pensa Rutelli- il Pd o sarà una moderna forza riformatrice di sinistra, o non sarà. La vicenda politica del mondo, attraversato da una crisi capitalistica senza precedenti, ce lo dice. Da Obama, che scommette sulle modifiche strutturali del sistema (la sanità è magna pars dello stato sociale), alla Linke in Germania. Parliamo di quest'ultima vicenda.
Il voto tedesco ha dimostrato almeno tre questioni: il bipolarismo vacilla, la socialdemocrazia classica -ci pensi seriamente Bersani- perde per mancanza di precisa identità alternativa, una sinistra meno classica e più 'contemporanea' risorge. La Linke è verosimilmente un misto di culture e categorie differenziate: il ‘lavorismo' classico, i diritti e le libertà, un gruppo dirigente meno scontato. E' prematuro, forse, indicare nuovi modelli, anzi è bene scrollarsi di dosso la stessa ansia modellistica.
Nella ricerca che si è aperta in quella che fu la tradizione comunista - sì, soffermandosi su quella democratica - dopo la caduta del muro di Berlino, nulla è ancora risolto. ‘Cercate ancora', ammoniva nel suo ultimo felice scritto Claudio Napoleoni. Appunto. Ad un primo bilancio vent'anni dopo la svolta dobbiamo registrare che il polo comunista non ha retto e non legge la modernità, del resto trattata abbondantemente da Marx, persino prefigurata dai Grundrisse, ma rimossa da chi oggi si richiama a quella tradizione. Ma il ‘dio' socialdemocratico non ci salverà. E il caso tedesco ce lo dice, come purtroppo ce lo dirà il prossimo voto della Gran Bretagna. E ci interpellano nella loro tremenda (affascinante) parzialità gli improvvisi successi dei ‘pirati' della rete, universo rimosso a lungo dalle sinistre. Figlie e complici dei riti della vecchia televisione generalista.
La Linke (per altri versi i Grünen e Cohn-Bendit) è un caso da studiare, perché va molto al di là dei recinti post-ideologici attuali, dal Pd alla sinistra-sinistra. Per non dire dell'Italia dei valori. Non ci dà una soluzione organizzativa immediatamente praticabile in Italia. Certo. Ci fornisce, però, un metodo. La ricostruzione della sinistra richiede di uscire una volta per tutte dal Novecento: ibridando le culture liberali, libertarie, radicali, socialiste, democratiche. Serve uno svecchiamento non solo (anche) delle generazioni, quanto di riferimenti teorici, che si rintracciano per esempio negli approcci di Latouche sulla ‘decrescita serena' o di Lessig sul ‘nuovo spazio pubblico comune' , piuttosto che nella bolsa politologia degli ultimi anni. Senza offesa, ma senza soggezione.
Riscrivere i linguaggi del riformismo è l'imperativo categorico, ivi compresa la forma-partito. Il Pd può essere un riferimento almeno di un pezzo del discorso, se si apre in modo serio, non tattico, al dialogo con la sinistra? E la sinistra, nelle sue varie articolazioni, si è già arresa alla riproposizione dei soliti gruppi di partito? La Linke ha avuto un bel risultato, perché è apparsa una vera novità. Questa è la lezione che viene dal voto tedesco, da non sottovalutare, né da stiracchiare da tutte le parti.
Le primarie del partito democratico ne parleranno? La vecchia - tutta da ripensare - ala sinistra del Pd si ritroverà, al di là delle scelte congressuali, su simile problematica? Dirà qualcosa sull'Afghanistan?
‘Non c'è tempo', ammoniva un famoso matematico. E, infatti, il tempo corre con la velocità digitale. Le ‘primarie' non possono essere rovesciate rispetto alla tentazione di immaginarle come mera prosecuzione del dibattito interno, diventando davvero luogo di dibattito pubblico? E in cui il contenitore ‘democratico' si apra al dialogo anche con chi non è interessato oggi al Pd? Si può immaginare per il futuro la ‘doppia' tessera? Se ne parli, però, senza tatticismi, perché il ‘berlusconismo' è un dramma terribile e abbiamo il dovere civile, morale, di immaginare sul serio l'alternativa italiana.
Nessun commento:
Posta un commento