mercoledì 6 gennaio 2016

Franco Astengo: La Costituzione materiale

LA COSTITUZIONE MATERIALE di Franco Astengo Negli anni scorsi si era molto discusso circa l’affermarsi di una “Costituzione Materiale” che, attraverso l’adozione del sistema elettorale maggioritario, il propagarsi della personalizzazione della politica suffragata dall’elezione diretta di Sindaci e Presidenti di Provincia e di Regione, la centralità del governo intesa quale unico obiettivo dell’azione politica, stava modificando – in senso autoritario – il dettato della Costituzione repubblicana, laddove questa afferma la supremazia del concetto di rappresentanza politica e di centralità del Parlamento e dell’insieme delle Assemblee elettive. In contemporanea con questi elementi si è notato il modificarsi nel ruolo e nella definizione di sostanza politica dei partiti passati dal modello duvergeriano dell’integrazione di massa a quello catalogato da Katz e Mair come “all catch party” poi via via modificatosi nel partito personale così come teorizzato da Mauro Calise e, ancora, nella versione italianissima del “partito azienda” fino agli attuali comitati elettorali permanenti, fondati sull’individualismo competitivo e le cordate fondate sul segno del trasformismo, attraverso il modello delle cosiddette “primarie”. Adesso si sta cercando di codificare questo sostanziale mutamento di paradigma attraverso una legge elettorale che finisce con il codificare questa situazione di fatto realizzando – ancora una volta – un’operazione del tutto surrettizia di elezione diretta del Premier che sarebbe sostenuto da una maggioranza artificiosa basata su di un partito che potrebbe avere il 55% dei seggi pur partendo da una percentuale sui voti validi collocata attorno al 30%. Voti validi, è bene ricordarlo, che alla fine, potrebbero rappresentare – più o meno – il 60% scarso dell’elettorato. Un partito con circa 8 milioni di voti validi conseguirebbe così la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, per la quale sarebbe necessari – senza premio – almeno 15 milioni di voti (50 milioni di elettrici ed elettori iscritti nelle liste per 30 milioni circa di voti validi). Il tutto in presenza della modifica del Senato, reso rappresentativo di Consigli Regionali e Sindaci e privato della potestà di votare la fiducia al governo. Nei fatti una prospettiva di profondo squilibrio istituzionale, un vero e proprio mutamento di paradigma rispetto allo spirito e alla lettera di una Costituzione come quella del ’48 mai pienamente applicata e mandata da tempo in crisi. Del resto sono i numeri che confermano questa tesi, in particolare rispetto alla capacità delle Camere di esprimere la propria potestà legislativa. I dati che emergono da uno studio di Openpolis, pubblicato da Repubblica. it sotto il titolo “Premierato all’Italiana” ci dicono che la percentuale di leggi di iniziativa parlamentare che arrivano all’approvazione è dello 0,88% e che il rapporto tra leggi di iniziativa governativa e leggi di iniziativa parlamentare è di 80 -20. Le proposte di legge depositate nelle ultime due legislature sono state circa 15 mila, delle quali ne sono state approvate 565: 440 delle quali di iniziativa governativa. Si tratta di dati che, in previsione della campagna referendarie sulle riforme costituzionali (al riguardo della quale oggi Napolitano annuncia il suo Sì: una ragione di più per esprimere un forte No) andrebbe meditati attentamente al fine di essere capaci di proporre, assieme al NO, un nuovo rapporto tra rappresentanza politica e iniziativa parlamentare. Un nesso , quello tra rappresentanza politica e iniziativa parlamentare, da recuperare, rinnovare, valorizzare al massimo.

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