domenica 1 settembre 2024

Paolo Zinna: Sui percorsi dei socialisti. In morte del compagno Del Turco

Il 23 agosto si è spento Ottaviano Del Turco, dopo anni di declino e malattia. Molti ne hanno ricordato la figura di sindacalista e politico, con accenti diversi. Io voglio ricordarlo come il più socialista dei politici che ho conosciuto, perché il più generoso, capace di mettere sempre i valori del socialismo davanti agli interessi dei socialisti e di sé stesso. In un passaggio critico (la fondazione del PD) ho fatto, con pochi altri, la sua stessa scelta, contro la maggioranza dei socialisti di allora. Mi dà ancora grande soddisfazione credere di averlo fatto con lo stesso spirito che muoveva lui. La sua vicenda nel PD è stata tristissima, segnata dalla persecuzione di un magistrato molto opaco[1], dal rancore di un’opinione pubblica di sinistra più o meno “comunista” ma certamente scervellata, dalla viltà di molti dei massimi dirigenti del PD che pur sapevano bene come stessero le cose[2]. Oggi lo ricordano in molti, soprattutto per deprecare questa vicenda / tragedia e usarla per riconfermare il dissenso dalla scelta di allora di Del Turco, attribuendogli “ingenuità” e riconducendo tutto alla malvagità antisocialista dei “comunisti”. [Curioso poi che lo facciano nomi che in quegli anni non si fecero mancare un passaggio più o meno lungo nel centrodestra di Berlusconi, prima di rinsavire…]. È un modo per evitare ancora di ragionare sul merito della scelta politica di allora. Scrivo quindi queste note, come mio omaggio ad Ottaviano. Non nego che sia una visione “di parte” ma spero che dia qualche elemento di conoscenza più oggettivo a chi (socialista o no) vorrà leggerle. La nascita del PD ed il clima di allora La politica progressista del Novecento, in Europa occidentale, si è fondata principalmente su tre grandi tradizioni: il filone socialista, quello liberaldemocratico e le forze non conservatrici di ispirazione religiosa. Eppure, alla svolta del secolo, già si avvertiva una certa stanchezza di quei filoni, un essere inadeguati a confrontarsi a nuove sfide (ecologia, globalizzazione, questione di genere) usando gli strumenti del passato, validi ma incompleti. In Italia, alcuni intellettuali (Salvati, Scoppola per primi, poi altri molti) ritennero di trovare la risposta in un progetto diverso (lo chiamarono “riformista” ma non voglio usare questa parola svalutata): una politica nuova, elaborata già all’origine per rispondere alle nuove sfide che ho citato. Non un nuovo partito, dunque, ma un pensiero nuovo. Esso si sarebbe espresso anche in una forza politica (il Partito Democratico) ma la radice stava nel nuovo pensiero. Sarebbe stata davvero una svolta storica. Non è andata così – ma era giusto provarci, Del Turco ed altri vollero esserne parte. Io seguii la scelta di Ottaviano, partecipai alla fondazione del PD e non me ne sono mai pentito. Cosa doveva guidarci? La volontà di inverare i valori del pensiero socialista, o le gelosie e i rancori maturati dall’una e dall’altra parte, negli anni fra il 1978 e il 2007? O peggio, il calcolo meschino di come meglio tutelare le proprie piccole rendite di posizione? Ottaviano Del Turco non ebbe dubbi. Nel PD non eravamo apprezzati, è importante capire perché. C’era a sinistra (e c’è ancora) una opinione pubblica grossolana, che vede la cattiva politica e la riconduce comunque alla disonestà – che non capisce la complessità dei temi e le ragioni degli altri – che confonde la legalità formale con la giustizia sostanziale – che crede che un qualunque Di Pietro (o Civati o Di Battista) possa riportare il paradiso in terra. Per questi, allora, la storia socialista si riconduceva agli anni di Craxi, anzi del craxismo peggiore, e socialista voleva dire disonesto. Il “comunismo”, cari compagni socialisti, non c’entra nulla, c’entravano semmai le stupide pulsioni populiste (che non sono “né di destra né di sinistra”). Infettavano allora anche i cattolici di sinistra, Rosy Bindi si distingueva in questo. Questo stato d’animo è vivo anche oggi, anche se noi non ne siamo più l’oggetto specifico. C’era poi anche, sì, un’ostilità “comunista” davvero, anzi direi meglio “berlingueriana”, dei vecchi militanti PCI che avevano vissuto gli anni dello scontro fra il PCI tardo e Craxi. Semplifichiamo le ragioni dello scontro: c’entrava lo spirito austero, un po’ cattolico pauperista, di Berlinguer stesso, c’entrava l’onesta confusione di chi aveva perso negli anni ’70 la fiducia nel proprio riferimento sovietico e si trovava smarrito, c’entrava l’attardarsi in una visione “industrialista” che non capiva la nuova società del terziario, dei servizi e dei consumi. In sostanza, noi socialisti eravamo antipatici, perché eravamo più moderni, perché eravamo più in sintonia con i tempi nuovi, anche perché avevamo “sdoganato” una certa voglia di vivere e il piacere di consumare. [Sorvolo invece sulle nostre esagerazioni, colpe ed errori che qui non rilevano]. Questa posizione “berlingueriana” invece, si è presto sciolta fino a scomparire, anche per scomparsa fisica di chi la incarnava. I post democristiani, invece, poco si facevano notare, acquattati in attesa di ereditare il futuro (come di fatto è successo). Ovviamente, noi socialisti fondatori del PD conoscevamo benissimo colpe e meschinità degli “altri”, ex comunisti in cerca di ragion d’essere e ex democristiani più o meno “di sinistra” - i primi lo avrebbero pagato duramente, e non immeritatamente, negli anni successivi, tanto che il PD successivo è stato poi profondamente improntato dai peggiori difetti dei secondi. Non c’era proprio nessuna “ingenuità”, c’era invece in Del Turco la generosità di voler contribuire alla riuscita di un grande progetto. Nel PD, la sostanziale assenza dei socialisti ha pesato: è mancato proprio lo spirito aperto, europeo, tollerante e inclusivo dei socialisti e anche da questa mancanza vengono i risultati deludenti di quel progetto. Le scelte dei socialisti nel 2007 Boselli non volle aderire al PD in formazione, e si trascinò dietro quasi tutto lo SDI. Ciò a causa di un suo doppio grave errore di valutazione, che giustamente lo portò poi a scomparire dalla politica. Già negli anni precedenti aveva puntato sull’ipotesi “Rosa nel pugno”, progetto di fusione coi Radicali su tesi libertarie con focus su diritti civili e un certo anticlericalismo. Sono posizioni legittime, che hanno radici nella nostra storia – ma possono esserne una parte, non sono “il pensiero socialista” che non può non avere al centro la tensione verso la giustizia sociale. Come è possibile pensare di confondersi coi Radicali, liberisti in economia, atlantisti in politica estera, formalisti in tema di legalità? Questo ircocervo venne subito punito dagli elettori e strattonato dall’arroganza prepotente dei radicali e dalla sorda resistenza del nostro “partito degli assessori”. Ma nel 2007 si fece anche un secondo errore (che persiste ancor oggi nelle torpide convinzioni di alcuni onesti vecchi compagni): ritenere che il PD sarebbe stato un “compromesso storico bonsai” tra due grandi forze, post comunisti e post democristiani, che avrebbero stritolato la pattuglia socialista. I promotori del PD dicevano di escluderlo ma, allora, era lecito non dare loro fiducia (fidarsi di Prodi? di D’Alema?). Non si fidò nemmeno la sinistra DS (Mussi, Angius). Ma i fatti hanno dimostrato che, in effetti, i due grandi blocchi si sono sciolti in pochissimo tempo. I cattolici alla Ruini hanno fatto danni per qualche anno, ora non più – restano invece (e non è detto siano meno pericolosi) i cattolici adulti, articolati in varie posizioni ma mai lontani dal potere. I “post comunisti” erano già scomparsi subito (talvolta li rimpiango un po’ …). Già verso il 2010 ci si divideva e organizzava su questioni diverse e con allineamenti impensati, fatti magari di nomi dell’una e dell’altra tradizione (es. il gruppo Franceschini – Fassino). [Chi parla oggi di “compromesso storico bonsai” o concetti simili suscita tenerezza ma anche un po’ di irritazione e rammarico: quanta inconsapevolezza di ciò che è davvero il PD, visto dall’interno! Quante energie valide sprecate senza scopo!] In questo quadro variegato la “pattuglia socialista” avrebbe potuto avere influenza significativa, se non per occupare posti di potere, almeno per portare idee e progetti. In sostanza, l’”ingenua” fiducia di Ottaviano era molto più lungimirante della “accorta” sfiducia degli altri. Storia dei socialisti negli ultimi anni e prospettive Sarò sgradevole, “sed magis amica veritas”: una storia inutile, nonostante le migliori intenzioni dei protagonisti. Continua coazione a ripetere lo stesso tentativo più volte sconfitto: riunire tutti i socialisti sotto la stessa bandiera, da ripresentare al paese rivendicando la grandezza e nobiltà della nostra storia. Si riprende il vecchio nome (PSI), si cerca un accordo col PD (di Veltroni, pessimo) che preferisce Antonio Di Pietro, si corre da soli verso un inevitabile disastro elettorale nel 2008. Poi la segreteria Nencini, ondivaga negli anni secondo le opportunità: un accenno verso Sinistra e Libertà, poi verso SEL, poi rapporti più amichevoli verso il PD di Bersani (Italia Bene Comune), poi Nencini viceministro con Renzi nonostante l’incompatibilità, l’uscita di Di Lello, la rottura interna sul referendum Renzi, la controversia sul quarto congresso, eccetera. Non voglio farla troppo lunga, pare noioso perfino a me, che continuo ad avere affetto per tutti i compagni socialisti e ad augurarmi ad ogni elezione che ottengano un improbabile successo. Tralascio anche le vicende della ormai lunga segreteria Maraio, compreso il bizzarro avvicinamento ad Italia Viva. Non sono né meglio né peggio dei dieci anni precedenti e non sfuggono alla stessa logica di sopravvivenza, sulla linea “avevamo ragione noi ed il paese prima o poi ci capirà”. E per il futuro? Non vedo come uscirne: i socialisti hanno subito un’ingiustizia storica – ma al paese poco interessa e non ha alcuna intenzione di risarcirci nelle urne. Forse sarebbe meglio abbandonare la speranza di rinascere come organizzazione e orientare il lavoro a trasmettere il nostro pensiero e il nostro spirito all’area vasta della sinistra italiana, verso il PD o qualunque altra organizzazione futura che la rappresenti. Mi si obbietta: ma tu, entro il PD non hai ottenuto nulla! È certamente vero, ma, nel mio piccolo, posso dire di aver sempre lavorato per le idee socialiste. Forse qualcosa rimane, almeno in una parte del partito a Milano e in Lombardia.

1 commento:

Roberto Biscardini ha detto...




Da anni mi interessa poco parlare del passato, anche perché da tempo penso che il problema non sia più quello che ci attribuisce Zinna, il problema non è rinascere (dalle ceneri) ma riaffermare la necessità di un progetto nuovo e coraggioso: il bisogno di socialismo, come movimento politico in grado di rappresentare bisogni e interessi delle persone, con senso di giustizia, dalla parte della democrazia, della pace e della dignità del lavoro. (Cosa che per altro faccio fatica a vedere sia nel PD del 2007 come in quello del 2024). Ma si sbaglia Zinna, su un punto in particolare. Saremmo dei pazzi se pensassimo che l'unico problema sia l'unità dei socialisti del 1992. Quella prospettiva è passata. Il problema non è quello di riunire i socialisti dispersi dopo la catastrofe degli anni '90. La diaspora si perde ormai nella notte dei tempi. L'obiettivo dovrebbe essere quello di riunire in un unico movimento chi è disposto a operare concretamente perché possa essere vincente il socialismo nella società, come socialismo delle persone, nell'azione soprattutto delle politiche sociali, per fare fronte alle tante sofferenze e ingiustizie perpetrate ai danni dei cittadini. Cosa di cui oggi non c'è traccia. Perché il socialismo e stato sconfitto non solo in Italia delle politiche neoliberiste e capitaliste praticate anche con la complicità e consenso della cosiddetta sinistra. Basta vedere cosa succede anche in queste ore in Europa e nel mondo, e cosa succederà presto per effetto di politiche regressive che l'Europa ci farà ingoiare. Una cosa però non quadra proprio nel ragionamento di Zinna (pur sicuramente onesto). Il PD sarebbe quello che è del tutto insufficiente, anche per Paolo, per responsabilità di quei socialisti che non hanno aderito al PD nel 2007. Ma perché non ci fu una vostra reazione quando a pochi mesi dalla nascita del PD Veltroni negò ai socialisti alla elezioni del 2008 la partecipazione alla coalizione di centrosinistra preferendo l'alleanza con Di Pietro? Qui Zinna dice una cosa non vera...i socialisti corsero da soli (non per difendere una piccola rendita di posizione, ma quale rendita? non eleggemmo neppure un parlamentare).. i socialisti corsero da soli perché il PD di Veltroni preferì tenersi Di Pietro. Non viceversa...io c'ero. Ed eravamo in tanti a subire quello schiaffo