domenica 8 maggio 2011

Giuliana Nuvoli: Don Chisciotte al Palasharp

DON CHISCIOTTE AL PALASHARP

“Sino a quando, Berlusconi, abuserai della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora la tua pazzia si farà beffe di noi? A che limiti si spingerà una temerarietà che ha rotto i freni?” Le appassionate interrogazioni che Cicerone rivolge a Catilina sembrano scritte per il nostro capo del governo…
L’ho ascoltato per interno, il discorso di Berlusconi al Palasharp, e ne ho riportato, inizialmente, una sensazione di profondo sgomento. Il tono tribunizio era quello delle giornate più esasperate; non era un incontro con il pubblico: era un’ordalìa.
Il tono della voce era alterato, spesso urlato; le braccia si muovevano parallele, come quelle di un fantoccio e, in particolare nel finale, si alzavano verso l’alto, per ricadere nel gesto benedicente del sacerdote, anzi del pontefice. Questa gestualità meccanico-sacrale sottolineava il ruolo di “salvatore della patria” che, ripetutamente, rivendicava alla sua persona: “Abbiamo salvato il paese del comunismo!... Se non fossimo scesi in campo, il parlamento avrebbe avuto il 70% di comunisti!”.
Ma di che sta parlando? Patetico Don Chisciotte dominato da una visionaria ostinazione che lo porta a travisare la realtà. Ve lo ricordate Don Chisciotte che scambia i mulini a vento con giganti dalle braccia rotanti, i burattini con demoni, le greggi di pecore con eserciti nemici? Solo che Silvio non ha neppure un Sancio Panza, che tenti di riportarlo, ogni tanto, alla ragione!
Ha avuto bordate per tutti, dal palco, agitando un’asta diventata ormai un bastoncino: per la casta eversiva dei magistrati; per la scuola di sinistra; per i comunisti che vogliono raddoppiare le tasse e, con la patrimoniale, andare a colpire tutti i possessori di case; per la sinistra “mossa dall’invidia e dall’odio”.
Mano a mano che parlava lo sgomento, si mutava in incredulità, poi in curiosità… poi in una sonora risata! E quando si è tirato su le maniche della giacca, lasciando scoperti gli avambracci, ho visto le mezze maniche di monsù Travet e un piccolo uomo che si sforzava di apparire un gigante.
Sino a ieri avrei usato, contro di lui e i suoi accoliti, l’anatema con cui Cicerone chiude la Catilinaria: “Tu, Giove (…) difendi da questo individuo e dai suoi complici i templi tuoi e degli altri dèi, le case e le mura della città, la vita e i beni di tutti i cittadini! Punisci (…) questi uomini avversari degli onesti, nemici della patria, predoni dell'Italia, che un patto criminoso e una complicità di morte hanno legato insieme!”.
L’anatema mantiene la sua verità, ma adesso ho la certezza che la storia di Berlusconi è alla fine; che sono sempre meno coloro che hanno voglia di ascoltare deliri urlati; che solo qualche uccellino spaurito (o sparviero rapace) ha voglia di essere il suo Sancio Panza. Le piazze, i parchi, le strade di questa campagna elettorale hanno dato il potente segnale che la gente ha voglia di normalità, di sorrisi, di reciproca benevolenza. I Milanesi (gli Italiani) stanno smaltendo l’ubriacatura: a noi spetta ristabilire un tessuto dimenticato di rispetto e di dialogo, con tutti.
La patetica orazione del 7 maggio al Palasharp ha mostrato che il tribuno ha bisogno di essere attaccato, per darsi una ragione di vita. Spostiamo altrove i riflettori: morirà d’inedia.

7 maggio 2011
giuliana nuvoli

Nessun commento: