Cari tutti,
siamo ormai nel pieno della campagna elettorale per Milano. La partita è aperta, apertissima. Il ballottaggio fra Pisapia e Moratti dovrebbe essere molto probabile, quasi sicuro. E al ballottaggio (che si terrà il 29 maggio) diventa decisivo soprattutto il fatto che una maggioranza degli elettori che avranno votato al primo turno per candidati diversi dai due contendenti finali decida di far pesare il proprio voto e si orienti, come seconda scelta, a favore di Pisapia.
Ballottaggio decisivo
Ve ne sono tutte le premesse. Infatti:
a) gli elettori che sceglieranno il candidato “Cinque stelle” Mattia Calise dovrebbero, come ha dichiarato – ed è importante - lo stesso Calise, non astenersi nel ballottaggio ma scegliere “il meno peggio” (ovviamente dal loro punto di vista), e non v’è dubbio che questo sia Pisapia;
b) lo stesso ragionamento dovrebbero fare gli elettori che avranno votato in primo turno per Palmeri, candidato del terzo polo: anche per loro - sia elettori di centro destra delusi dalla Moratti (e ne hanno ben donde!), sia elettori di centro che non si riconoscono nei due poli attuali – il ballottaggio dovrebbe essere l’occasione per far pesare la loro seconda scelta. Non v’è dubbio che dal loro punto di vista il Sindaco Pisapia appaia molto più aperto alle loro istanze, mentre il Sindaco Moratti, sempre più prigioniera nel suo fortilizio berlusconiano e leghista (finchè la Lega ci starà), a loro potrebbe offrire solo, forse, qualche moneta di scambio in termini di potere (che magari può interessare a qualche aspirante assessore, ma non certo agli elettori di centro), non una prospettiva politicamente attraente;
c) idem per gli elettori che al primo turno sceglieranno altri candidati, come Giancarlo Pagliarini.
Insomma, il ballottaggio dovrebbe essere la sede in cui la maggioranza dei milanesi può convergere in una scelta positiva diretta a dare finalmente un’alternativa a questa città. E’ questo anche il senso del documento “51 per cento” promosso da Piero Bassetti. E del resto il profilo personale di Giuliano Pisapia (“forza gentile”), non certo persona chiusa negli esclusivismi e nelle faziosità che certe volte affliggono settori della sinistra, è quanto mai idoneo a raccogliere e ad esprimere questa istanza.
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Combattere l’indifferentismo
In queste ultime settimane di campagna, a tutti voi, che certamente siete convinti di dover fare qualcosa per dare a Milano una migliore amministrazione, si richiede essenzialmente questo: non tanto partecipare a incontri dove ci si trova con chi ha gli stessi nostri orientamenti, ma parlare (o scrivere) a elettori che potrebbero essere di diverso orientamento, e che un pacato “ragionamento” sulla città e dintorni può contribuire a persuadere e a motivare. Le diffuse propensioni al non voto vanno contrastate, e non è difficile dimostrare che il non voto finisce per essere, oltre che un atteggiamento di colpevole “indifferentismo”, un modo per favorire la prevalenza dell’alternativa peggiore.
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Un centrodestra poco credibile
Taluni, pur convinti che Milano abbia bisogno di una nuova amministrazione e che quella uscente non abbia affatto bene meritato, sono sfiduciati nella possibilità che l’attuale Sindaco – che si dice stia spendendo ingentissimi mezzi economici nella campagna elettorale – possa uscire sconfitta dalla competizione. Non vedo ragioni per condividere questo pessimismo. La partita è davvero aperta.
La candidatura di Letizia Moratti e della sua coalizione mostra molti aspetti di debolezza, resi palesi ad esempio anche in occasione delle polemiche sui famosi manifesti dell’avvocato Lassini sulle “BR via dalle Procure”. Prigioniera della Lega con i suoi furori ideologici anti-immigrati (“Prima i residenti”: ma che vuol dire? Se uno viene a risiedere a Milano provenendo non solo dalla Tunisia o dall’Albania, ma da Bari o da Verona, non ha gli stessi diritti degli altri residenti, o deve aspettare che passi un periodo di “ambientamento”?); prigioniera del partito berlusconiano, completamente asservito agli interessi sempre meno difendibili del suo capo; incapace di esprimere una autonoma leadership o autonome posizioni di ragione, sia che si tratti di Expo, o di progetti sulla città, o dell’apertura di moschee, o di altro; costretta, in mancanza di visibili realizzazioni da vanta re dopo cinque anni di governo (e quasi venti della sua coalizione), a fondare la sua campagna solo su poco credibili promesse per il futuro (più posti di lavoro, più assistenza agli anziani, più pattuglie di vigili….); costretta a promuovere o ad accettare il paradosso di una lista – quella del PDL, la principale lista a suo sostegno – in cui si candida come capolista, per essere eletto consigliere comunale (!), niente meno che il Presidente del Consiglio (così trattando gli elettori come degli sprovveduti che ignorano il senso del voto di preferenza, o come dei fanatici pronti a scrivere il nome di Berlusconi anche sulle schede per l’elezione del consiglio di classe dei loro figli). Questa è la candidata del centrodestra. I soldi non sono tutto, neanche in politica.
Il voto per il consiglio comunale
Il 15 e il 16 maggio si vota, oltre che per eleggere il Sindaco, per eleggere il consiglio comunale, l’assemblea che ci rappresenta. Non è un dettaglio secondario. Il Consiglio è l’organo cui la legge demanda le scelte di indirizzo generale, il compito di approvare i regolamenti, e quello di controllare l’operato della Giunta. Negli ultimi anni, in particolare, si è assistito ad una tendenziale emarginazione del consiglio comunale, assai poco “frequentato” dal Sindaco, a favore dell’esecutivo. E’ un errore, anche dal punto di vista del rapporto fra cittadini e istituzioni: non si tratta di moltiplicare le sedute fiume di un “parlamentino” comunale in cui trionfi una verbosa o polemica inconcludenza, ma di dare il giusto valore al confronto e alle deliberazioni assembleari, non riservate alla sola maggioranza.
Non è indifferente chi siano i componenti del Consiglio; e non conta soltanto a che partito o gruppo essi appartengono. Conta anche la loro personalità, la loro capacità, il loro impegno di seguire la vita dell’amministrazione, di conoscerne i problemi, di valutare il contenuto dei provvedimenti. Conta anche la capacità che essi hanno di apprezzare autonomamente il merito dei problemi e delle soluzioni, di essere cioè non semplici “macchine da voto” nelle mani delle segreterie dei partiti o dei capigruppo, ma attivi e partecipi alle scelte. Il consigliere comunale “ideale” non è, naturalmente, un battitore libero solipsista: l’azione collettiva e anche una certa disciplina di gruppo sono necessarie in un’assemblea politica, come il consiglio comunale di una grande città. Ma non al punto di “vendere” la propria autonomia di giudizio, la propria capacit&agr ave; di portare un contributo personale, e anche la disponibilità a dissentire, quando è necessario, da scelte della propria parte che si rivelino contrarie a principi e a regole di fondo (come il rispetto della legalità) o a criteri essenziali dell’azione politico-amministrativa che si ritengano in gioco.
Ecco perché è importante non solo la scelta elettorale a favore di una lista, ma anche il voto di preferenza che ogni elettore può esprimere a favore di uno (uno o una soltanto) dei candidati della lista prescelta.
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Alcuni aspetti “tecnici”
Approfitto, incidentalmente, per ricordare alcuni aspetti particolari del sistema elettorale che è bene tener presenti.
L’elettore dispone di un voto per il Sindaco, di un voto per una delle liste che concorrono all’elezione del consiglio, e di un voto di preferenza per uno dei candidati della lista votata. Si può anche votare solo per il Sindaco, e in questo caso non si influirà sulla composizione del consiglio (se non nel senso che si concorre a determinare l’attribuzione del premio di maggioranza a favore delle liste collegate al Sindaco vincente) ma solo sulla scelta del Sindaco. Non si può invece votare solo per il consiglio, perché la scelta di una lista comporta automaticamente l’attribuzione del voto anche al candidato sindaco cui la lista votata è collegata (ogni lista è collegata necessariamente a un candidato sindaco). Si può, inoltre, ricorrere al cosiddetto “voto disgiunto”: cioè si può votare per un candidato sindaco e contemporaneamente per una lista c he non sia collegata a lui ma ad un altro candidato sindaco. In questo caso i due voti conteranno separatamente, rispettivamente per l’elezione del sindaco e per l’elezione del consiglio comunale. Quindi è possibile, ad esempio, che un elettore il quale ci tiene a votare per un certo partito o per un certo candidato al consiglio comunale, collegati (poniamo) al candidato sindaco Moratti, voti egualmente per Pisapia come sindaco. Il suo voto contribuirà a determinare la rappresentanza di quel partito nel consiglio, e insieme a far vincere Pisapia come sindaco.
Il voto di preferenza è invece facoltativo. Ma gli elettori che non esprimono alcun voto di preferenza (ma votano una lista) semplicemente rinunciano a scegliere fra i candidati della stessa lista: l’ordine di elezione di questi sarà determinato non dall’ordine in cui sono inseriti nella lista (e dunque dal fatto che ad esempio una persona sia capolista), ma dalle preferenze espresse dagli altri elettori. Allora, perché rinunciare?
Ricordo che i consiglieri da eleggere quest’anno sono solo 48, e non più 60 com’era prima. Il 60% di essi (29 consiglieri) sono assegnati, in base al premio di maggioranza, alle liste collegate al sindaco eletto (ovvero alle liste fra loro collegate che hanno ottenuto più del 50% dei voti), il 40% sono distribuiti fra le altre liste.
L’elezione dei consigli di zona
Il 15 e 16 maggio eleggeremo anche i consigli delle nove zone in cui tuttora Milano è suddivisa. I consiglieri sono 41 per ogni zona, salvo che nella zona 1 (più piccola) il cui consiglio è formato da 31 componenti. Sulla relativa scheda l’elettore potrà esprimere solo il voto di lista e potrà altresì esprimere un voto di preferenza ad uno o ad una soltanto dei candidati della lista votata.
Anche questo voto avrà significato, in quanto i consiglieri di zona, benché oggi i consigli esercitino scarsi poteri, avranno la possibilità di fungere da tramiti verso i consiglieri comunali e l’amministrazione sui problemi della zona e di attivarsi per sollecitare e organizzare la partecipazione dei cittadini alla vita del Comune.
Buon voto!
Valerio Onida
Milano, 1° maggio 2011
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