Sulla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo se ne sono sentite -e lette- di cotte e di crude: purtroppo anche da settori dell'opposizione. Si capisce che i partiti di governo si appiattiscano sule gerarchie cattoliche, ma il PD non dovrebbe.
Le sentenze si commentano e, se del caso, si criticano, per le argomentazioni poste a suffragio della decisione: da alcuni commenti si può dubitare che la decisione sia stata letta nella sua integrità.
Persino il Corriere della Sera ha pubblicato un fondo del prof. Lepri, che attacca la decisione emessa da 47 giudici, cioè dal Plenum della Corte, quando è stata emessa da una Camera della Corte, cioè da un collegio ristretto. Per questa ragione la decisione non è definitiva, perché si può ricorrere alla Gran Camera, come il Governo italiano ha deciso di fare.
I giudici di Strasburgo non dovevano dare un giudizio sulle tradizioni del popolo italiano e del loro nesso, pur essendo in popolo di peccatori, a cominciare dai vertici istituzionali nazionali e regionali, con il cristianesimo e, quindi con il crocifisso. I giudici avevano un compito più limitato, cioè stabilire se l'esposizione del crocifisso in un'aula di una scuola pubblica fosse o meno rispettosa della Convenzione europea dei Diritti e Libertà fondamentali. La Convenzione è stata adottata dal Consiglio d'Europa e ratificata con legge della Repubblica Italiana e quindi è vincolante per tutti, Pubbliche Autorità e cittadini. Già si tratta di intendersi tra i critici della sentenza, perché per alcuni (Gelmini in testa) è un simbolo dei valori e delle tradizioni del popolo italiano, mentre per la Chiesa Cattolica il crocifisso è un simbolo universale dell'umanità sofferente: simbolo nazionale o universale? Non è la stessa cosa.
Tra le corbellerie si è letto che per coerenza un cattolico dovrebbe far rimuovere la statua della dea pagana Athena, che sorge davanti ad un'Università romana ovvero che si dovrebbe far togliere la croce dalle bandiere nazionali di molti stati, tra cui la Finlandia (croce azzurra in campo bianco), patria di origine della, ora italianissima, ricorrente, madre di due studenti. Prima di giungere a Strasburgo aveva chiesto, invano, che fosse tolto il crocifisso dalle aule frequentate dai propri figli.
Questo era l'oggetto del giudizio, non quello di rimuovere i crocifissi da tutte le scuole ovvero la rimozione dei crocefissi agli incroci o le Vie Crucis dai nostri Sacri Monti.
Si può accedere alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, soltanto dopo aver esaurito i rimedi giurisdizionali nazionali. Questo, semmai, è lo scandalo, aver costretto una cittadina ad andare a Strasburgo, perché nessun giudice italiano ha avuto il coraggio di applicare in Italia la Costituzione italiana. Il crocifisso od il solo Cristo esposto in pubblico non viola il principio di laicità, ma la sua esposizione nelle aule di giustizia e scolastiche pubbliche sì.
Il buon senso doveva essere esercitato dalle autorità scolastiche di fronte ad una richiesta motivata ed individuale. Si è preferito reagire con arroganza e in nome del principio della maggioranza, che no si applica al godimento dei diritti individuali. La libertà, come ci ricordava Rosa Luxemburg, è sempre quella di chi la pensa diversamente, ma Lei era ebrea e rivoluzionaria e non una cristiana conservatrice.
Pende innanzi alla Corte di Strasburgo un'altra questione importante per l'Italia, cioè che in Italia, in violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione europea non c'è un giudice competente ad esaminare, prima delle elezioni, i ricorsi volti contro le leggi elettorali incostituzionali. Giudici amministrativi ed ordinari ritengono, infatti, che la costituzionalità di una legge elettorale debba essere esaminata dalle Giunte delle Elezioni delle Camere elette con la legge di sospetta costituzionalità. Se l'Italia fosse condannata cosa si dirà? Che i giudici di Strasburgo vogliono rovesciare le maggioranze decise dal popolo italiano? Quindi che sono giudici nemici della democrazia e delle libertà della maggioranza dei cittadini?
Povera Italia? Quando si cade così in basso non si riesce più a vedere l'orizzonte della Civiltà e dello Stato di Diritto.
Felice Besostri
3 commenti:
Caro Giovanni
ho letto con molto piacere l'intervento di Besostri sulla "Crocifissione del Buonsenso".
Quando divenni presidente della Commissione Industria della Camera, non trovai il crocifisso alla parete e non trovai nemmeno la bandiera nazionale dietro la mia scrivania.
Non feci appendere il crocifisso, ma andai personalmente a prendere il tricolore in un altro ufficio e, sempre personalmente, lo misi dietro la mia scrivania.
Quando divenni Ministro dei Lavori Pubblici non trovai il crocifisso alla parete del mio studio, ma trovai il ritratto di Ciampi.
Feci una sola modificazione: portai da casa un ritratto di Cavour e lo feci collocare sopra il ritratto del Presidente della Repubblica.
Questa è la mia concezione dello Stato laico.
Ma se avessi trovato nel mio ufficio alla Camera e nel mio studio al Ministero un crocifisso e qualcuno mi avesse ordinato di toglierlo, l'avrei cacciato dalla mia stanza.
E' certamente, la mia, una posizione contraddittoria. Ma io vedo nel crocifisso tutti i dolori e tutte le ingiustizie del mondo e per questo ne tengo uno nel mio studio privato a casa (me l'ha regalato Mario Ceroli).
Un abbraccio con stima e affetto.
Nerio Nesi
Il punto non è la nostra individuale propensione a mettere o non mettere crocifissi nelle stanze dove lavoriamo, ma se sia giusto che per legge ci sia (o non ci sia) un simbolo confessionale in locali pubblici.
Ritengo giusto (e coerente con lo spirito della nostra Costituzione) che qualsiasi simbolo confessionale debba per legge essere escluso in tali locali.
Soprattutto in quelli adibiti all'istruzione.
I bambini, per esempio, sono già sufficientemente ed ingiustamente plagiati e manipolati con credenze religiose (sia in ambito privato, sia in ambito pubblico).
Togliere il crocifisso è solo un microscopico passo rispetto a ciò che rimane ancora da fare per difendere, ad esempio, l'infanzia dalla manipolazione mentale.
Non per questo è un passo meno necessario.
Per quanto riguarda poi ciò che rappresenta il crocifisso per ciascuno di noi, i casi sono due: o è un simbolo religioso e come tale va tolto perché contrastante con la laicità dello Stato, o è un simbolo di altro tipo (es.storico - culturale). In questo secondo caso può anche rappresentare un simbolo alquanto negativo. Fra i molti esempi storici che autorizzano una tale posizione ne cito solo uno (volutamente tutto europeo): Béziers 22 luglio 1209.
800 anni forse sono tanti, ma anche ventimila morti massacrati, compresi i bambini, lo sono. C'è forse un "termine di prescrizione" etico-culturale per gli olocausti?
Fra quanti sacoli saremo autorizzati a dimenticare (o a giustificare mediante pseudo-contestualizzazioni) quelli delle SS o quelli di Pol Pot?
E' vero: in Europa abbiamo anche (non solo, per fortuna) radici cristiane, ma alcune di esse sono terribili e, nello scegliere i simboli, è troppo comodo scegliere solo quelle buone.
Il crocifisso (inteso come simbolo storico-culturale e non di fede) rappresenta anche Beziérs.
Stefano Bazzoli
Come si voleva dimostrare è una questione anche di buon senso e Nerio Nesi ne è un esempio.
Resta il fatto che se uno si sente urtato nella sensibilità bisogna rimuovere.
Gli uffici di cui parla Neri non sono né un'aula scolastica né un'aula di tribunale.
Felice Besostri
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