domenica 29 novembre 2009

Felice Besostri: Un nouveau debut per la sinistra?

da leragioni.it
[dibattito] Un nouveau debut per la sinistra?
venerdì 27 novembre 2009, 5.45.30 | Contributi
di Felice Besostri
(Direzione Nazionale del PSI)

La crisi politico-istituzionale del nostro Paese si coniuga con quella economico-sociale. Gli attori politici di governo e di opposizione non sono in grado di governare questi tempi difficili nell’interesse dell’Italia e del suo popolo, cioè di tutti quelli che ci vivono e lavorano a qualsivoglia nazionalità appartengano.



Nelle istituzioni parlamentari non sono rappresentate forze politiche significative a livello europeo, come i Socialisti, i Verdi e la Sinistra alternativa per scelte miopi di leggi elettorali, frutto dell’egoismo partitico. Soglie di accesso, anche più elevate del 4% sono accettabili, ma nell’ambito di un sistema elettorale proporzionale, con partiti regolamentati per legge come soggetti pubblici e con norme sul finanziamento della politica, che non impediscano il sorgere di nuovi soggetti, in ipotesi con programmi ed idee migliori di quelli esistenti. Il premio di maggioranza, con liste bloccate e surrettizia indicazione del Primo Ministro ha stravolto la forma di governo delineata dalla nostra Costituzione senza un’assunzione di responsabilità nei confronti dei cittadini, con chiari e coerenti progetti di riforma istituzionale.


Nel dibattito pubblico italiano mancano le proposte di una sinistra, come in Europa, socialista, autonoma, democratica, ambientalista, libertaria e laica, perché manca il soggetto politico che la rappresenti. In un paese dove la comunicazione di massa, televisiva e stampata, ha un assetto oligopolistico dominato da interessi industriali e finanziari, intrecciati con il sistema politico, clamorosamente nel caso del Presidente del Consiglio, non c’è speranza di raggiungere l’opinione pubblica con la sola forza delle idee e la qualità delle proposte. L’opposizione parlamentare non ha alcun interesse a rovesciare il sistema informativo, perché si è ricavata una sua nicchia partecipando alle pratiche spartitorie e lottizzatrici in RAI e nel settore della stampa sussidiata con fondi pubblici.

Con le liste bloccate e procedure non trasparenti di selezione delle candidature si è di fatto abrogato l’art. 67 della Costituzione, per il quale i parlamentari rappresentano gli interessi della Nazione senza vincoli di mandato. Il degrado delle istituzioni è ben rappresentato dalle loro presidenze, quella del Senato addirittura gioca a sostegno delle campagne di stampa del Direttore del Giornale, e l’altra mantiene una tensione con il Governo per ragioni tutte interne al PdL.

Nel frattempo la crisi continua ad aggravarsi con l’aumento della disoccupazione, prima pagata dai precari e che, esauriti i fondi delle varie Casse Integrazioni Guadagni, si estenderà ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Le banche tolgono le aperture di credito, le grandi imprese taglieggiano i loro fornitori, le pubbliche amministrazioni continuano a pagare con ritardi ingiustificabili ovvero a trattare in modo discriminatorio gli imprenditori amici e quelli fuori dal giro. La pressione fiscale non è diminuita e piccole e medie imprese, lavoratori autonomi e liberi professionisti, pagano il prezzo dell’evasione fiscale di massa e della loro sotto dimensione per sopportare il costo di pratiche elusive, mentre si premiano gli esportatori illegali di capitali.

Se esistesse una forza di sinistra riformatrice ed innovativa, questa potrebbe intercettare il disagio sociali e lo sgretolamento del blocco sociale leghista berlusconiano. Questa forza non c’è per calcoli miopi dei gruppi dirigenti delle residuali formazioni politiche sedicenti di sinistra: soltanto grazie all’esistenza di clausole di sbarramento si sono tentate aggregazioni, che però non reggono alle sconfitte elettorali. Se le aggregazioni non garantiscono la sopravvivenza del ceto politico, unica ragione del momentaneo collante, è logico che ciascuno si riprenda la sua libertà d’azione, per quanto puramente tattica e senza prospettive. I soggetti, che avevano dato vita a Sinistra e Libertà, individualmente considerati non vanno da nessuna parte, perché non ne hanno la forza materiale, il consenso elettorale, e le capacità progettuali e, last but not least, la spinta ideale.

Rappresenta una totale assurdità che nelle formazioni originarie di SeL, anche dopo il fatto politico dell’abbandono della Federazione dei Verdi, si discuta e ci si divida sulle questioni procedurali e sull’esegesi dei documenti concordati, invece di discutere delle questioni di fondo:

1) Serve una nuova formazione della sinistra, per uscire dalla sua crisi di rappresentanza e di rappresentatività, oltre che di radicamento sociale e territoriale?

2) Se sì, che tipo di sinistra deve essere? Quali i programmi, le basi ideologiche ed i riferimenti internazionali?

3) Questa nuova sinistra ha un suo progetto di società? Se sì quali sono i valori e gli obiettivi, a medio e lungo termine? Ha un senso parlare di socialismo nel XXI° secolo ovvero è stato seppellito nel XX° insieme con le divisioni tra socialisti e comunisti? Una società che garantisca l’eguaglianza economica e sociale, oltre che giuridica, è stata archiviata dal nostro orizzonte politico-ideale?

4) La preservazione dell’ambiente, le nuove sensibilità introdotte dal femminismo e dai diritti civili individuali hanno modificato l’impianto ideologico tradizionale della sinistra anche nella pratica della gestione del potere e nelle scelte di sviluppo, ad ogni costo, delle forze produttive?

5) Ha ancora un senso l’orizzonte statuale nazionale per la conquista delle libertà democratiche e della legislazione sociale? Se no come evitare che con la perdita di influenza dello stato nazionale si degradino proprio quelle conquiste democratiche, economiche e sociali, che nel suo ambito hanno raggiunto i migliori risultati?

6) Come conciliare la difesa del lavoro nei paesi sviluppati con il diritto a uno sviluppo equo e solidale del resto del mondo, dove vive la stragrande maggioranza della popolazione del pianeta? Un resto del mondo che ha contribuito per secoli al nostro benessere e sviluppo con i suoi schiavi e lavoratori forzati, lo sfruttamento delle sue risorse naturali, agricole e minerali, e come mercato di sbocco della potenza coloniale. In nome di un generico multiculturalismo non possiamo dimenticare lo sfruttamento imperialista, coloniale e capitalistico delle aree meno sviluppate del mondo e mettere soltanto in conto della nostra sicurezza le emigrazioni di massa, economiche e politiche e i problemi, che ne derivano.

Non ci sono risposte, se neppure si ha il coraggio di porre domande, per quanto scomode siano.

I socialisti con le loro proposte, a partire dalla Costituente Socialista, hanno posto un problema alla sinistra italiana nel suo complesso e, come spesso è accaduto, la loro gestione non è stata all’altezza delle ambizioni, si pensi alla grande riforma o ai meriti e bisogni, ovvero all’analisi delle implicazioni delle nuove povertà e della società dell’esclusione di un terzo dei suoi componenti. Prendiamo atto dei nostri limiti oggettivi e soggettivi, non solo dei gruppi dirigenti, ma individuali e collettivi dei socialisti italiani, ma tuttavia con la consapevolezza che la questione socialista in Italia, non è la questione dei socialisti, bensì dell’intera sinistra.

I risultati elettorali del PCI e del PSI di una volta hanno nascosto il fatto, che in Italia, a differenza che nel resto d’Europa, non c’è mai stata una sinistra con vocazione maggioritaria, cioè in grado di proporsi alla guida del Paese con propri uomini e programmi.

Questi sono i problemi che dobbiamo porre ai nostri alleati nell’impresa di Sinistra e Libertà. Pur con tutti gli equivoci, quella alleanza, aveva un segno diverso di quelle sperimentate nel passato con Segni, Dini o i Verdi, più altre aggregazioni dell’allora diaspora socialista, altrimenti non aveva senso costruire un percorso condiviso e costituire un Comitato di Coordinamento Nazionale.

Quel progetto non si può esaurire in controversie esegetiche sui documenti approvati per individuare, chi per primo li ha traditi: questo può interessare al massimo i loro estensori non le persone, che in carne ed ossa a quel progetto dovevano dar vita e radicare nel sociale e nei territori.

Se un progetto politico esiste dobbiamo partire da punti fermi:SeL, come aggregazione politico-elettorale,con il ritiro dei Verdi,non esiste più, o almeno nelle forme che le avevano dato vita.

Senza una riconosciuta ed accettata componente socialista SeL esiste ancor meno, non tanto in numero di militanti, ma in senso politico: di una nuova, ennesima, formazione di sinistra antagonista non c’è alcun bisogno. Se si deve sopravvivere tanto vale aderire alla Federazione della Sinistra ,proposta da Rifondazione e PdCI e dalle formazioni loro satelliti ovvero tornare al luogo di origine a quel PD, che con forti discontinuità, rappresenta tuttavia il filone PCI, PDS, DS: cari compagni la ricreazione è finita!

Per la loro storia e tradizione e per il fatto, politicamente non secondario, che rappresenta l’unico legame con il socialismo europeo il PSI deve riprendere l’iniziativa nel senso di garantire il proprio impegno per la ricostituzione ed il rinnovamento della sinistra italiana, nella quale dovrebbe essere naturalmente collocato Una divisione del PSI in filo SeL e anti SeL sarebbe comunque il segno di una subordinazione ideologica e politica a disegni altrui. Il problema della costruzione di una frazioncina di sinistra in un partitino alla deriva non deve interessare nessuno, che abbia a cuore la causa del socialismo democratico nel nostro Paese e nel resto d’Europa. Il Congresso del PSE è alle porte, 7 e 8 dicembre 2009 a Praga: dovrebbe essere un’occasione di spietata riflessione sugli insuccessi elettorali in molti paesi dell’Unione Europea, ma anche per ripensare la propria organizzazione ed i rapporti con la sinistra fuori dal PSE. Per il rafforzamento di un europeismo socialista e di sinistra sono indispensabili soggetti politici europei ed il PSE non lo è: non è un Partito, cui si possa aderire individualmente, e non è europeo, perché è un semplice coordinamento di gruppi dirigenti di partiti socialisti nazionali, come la vicenda della nomina dei vertici istituzionali dell’Unione Europea ha mostrato urbi et orbi.

Il compito dei socialisti è quello di dare un nuovo inizio alla ricostituzione ed al rinnovamento della sinistra italiana per farla uscire dalla marginalità politica e dall’esclusione dalle istituzioni con una leale cooperazione con tutti, individui, gruppi, movimenti ed associazioni, che si pongano lo stesso obiettivo, senza preclusione a priori, che non sia quella del nesso indissolubile tra socialismo, democrazia e libertà e nel rispetto dei tempi dettati dall’agenda politica ed elettorale, a cominciare dal rinnovo dei consigli regionali.

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