da www.leragioni.it
Scandalo: le cluster bombs parlano (anche) italiano
domenica 15 novembre 2009, 6.25.29 | Redazione
Quelle bombe non arrivano a terra. Hanno il ventre gravido di tante altre piccole bombe, le famigerate bomblets. Sono migliaia e di diverso tipo: anticarro, antiuomo, a ricerca calorica. Alcune sono pensate per esplodere subito, altre sono dotate di sofisticati sistemi per rallentarne la caduta, piccoli paracadute. Queste ultime rimangono in attesa che qualcuno, magari anni dopo il conflitto, le attivi urtandole, calpestandole. Poi lo scoppio e un’altra vita recisa o, nella migliore delle ipotesi, costretta a dolori insostenibili, a mutilazioni gravi e invalidità.
Se tutte le vittime sono, per definizione, innocenti, le vittime delle cluster bombs molto spesso sono le più ignare della violenza che stanno per subire. Per questo poco meno di un anno fa a Oslo si è deciso di dire basta. 103 Paesi hanno siglato un trattato per bandire l’uso delle cluster bombs e per bloccarne il finanziamento. Per rendere vincolante la convenzione devono arrivare 30 ratifiche e ad oggi, 11 mesi dopo, le ratifiche sono in tutto 24. Dopo la trentesima ratifica passeranno ulteriori sei mesi e la convenzione potrà avere effetti non solo formali.
Il recentissimo rapporto Worldwide investments in cluster munitions producers. A shared responsibility presentato da due ONG olandesi rivela però una realtà inquietante. Sono ancora numerose le società che sviluppano e producono bombe a grappolo e notevolmente di più sono le banche e le finanziarie che sostengono, direttamente o indirettamente, queste società.
Nel rapporto c’è una tabella comparativa. Di qui la sorpresa che lascia esterrefatti: una banca italiana, in particolare il gruppo Intesa-San Paolo, contribuisce con più di 50 milioni di euro, a un fondo di credito a favore di Lockheed Martin. Credito rinnovato nel 2007 fino al 2012.
Certo si potrebbe obiettare che il prestito non è diretto tra Intesa-San Paolo e Lockheed Martin (Intesa-San Paolo partecipa infatti a un cartello di prestito di 31 banche internazionali) e che in nessuno modo si potrebbe definire il prestito finalizzato alle cluster bombs. Lockheed Martin produce infatti anche altro. Ma sembra un distinguo troppo sottile, a fronte anche delle dichiarazioni di intenti confortanti fatte da Intesa-San Paolo nella policy settori armamenti, datate luglio 2007, dove si legge “Con decorrenza immediata, le strutture territoriali e centrali del Gruppo Intesa Sanpaolo devono operare in linea con il divieto di porre in atto nuovi finanziamenti alla clientela per operazioni aventi a oggetto commercio e produzione di armi o sistemi di arma“.
Già, ma intanto il rapporto olandese parla chiaro e, fino ad oggi, non ha avuto smentite. Sarebbe interesse di Intesa-San Paolo (e degli italiani) che il gruppo bancario chiarisse la sua posizione nei confronti di Lockheed Martin. Intanto l’Italia è tra le 103 nazioni firmatarie del trattato una di quelle che ancora non lo ha ratificato. Vogliamo sperare che si tratti solo di coincidenze.
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