venerdì 15 maggio 2009

Vittorio Melandri: Il destino di un paese

Il destino “nero, razzista e xenofobo” di un Paese oggi alla deriva



Il “fascismo” che abbiamo in corpo, intendo come “popolo italiano”, a me pare essere come un virus che sottoposto a cure di antibiotici troppo blande, si è messo dapprima in sonno, per poi mutare, sino a ricomparire oggi, addirittura in forme varianti e capaci di nutrirsi di “antifascismo”.



“Antifascismo” di quello del tipo in “crisi” ovviamente, di cui alcuni anni fa ha anche scritto lo storico Sergio Luzzatto.



A me, più ancora di Berlusconi, spaventa la sua “corte”, fatta di donne e uomini, anche integerrimi, ma incapaci persino di dire che di Berlusconi potrebbe essere brutto il naso, né, tanto meno capaci, come suggerito da sua moglie Veronica Lario, di aiutare un uomo malato.



Più ancora della sua corte poi, mi spaventano quanti si ostinano a spiegarci che il “fascismo” è tutta un’altra cosa, rispetto a quanto ci circonda oggi, e mi spaventano quanti, pur impegnati a lanciare allarmi, la prendono alla larga, usano metafore, parole leggere, che scivolano via lasciando tutto come prima.



Il “fascismo” in camicia nera è durato “solo” vent’anni, ha avuto a disposizione mezzi, che rispetto a quelli oggi disponibili, ci appaiono ridicoli per quantità e qualità, ha scontato un conflitto mondiale che è stato così stupido di affrontare dalla parte per lui sbagliata, “roba” che se Mussolini avesse scommesso sull’altro fronte, americani ed inglesi non avrebbero esitato a premiarlo a tempo debito con il Nobel per la pace, e noi saremmo qui a cantare inni sabaudi.



Il “fascismo” mutato, sta oggi godendo del frutto di almeno trent’anni di amorevoli cure, che ad oggi hanno rafforzato lui e resa ogni opposizione così imbelle, da poterle lasciare ogni libertà d’azione, non servono confini e nemmeno più stragi, basta lasciarla parlare l’opposizione di oggi, e il “fascismo” made in Italy aggiornato a questo ventunesimo secolo, campa di rendita senza colpo ferire.



Oggi mi aggrappo a questa frase che ho sentito pronunciare dallo storico Bruno Cartosio e che riporto come sono capace: non si vince mai tutto e per sempre, così come non si perde mai tutto e per sempre.



Certo è che, se non si cambia al più presto registro, in quel che resta delle membra sparse della sinistra italiana che fu, ci vorranno generazioni (al plurale), per cambiare il destino “nero, razzista e xenofobo” di un Paese oggi alla deriva.



Vittorio Melandri

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