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Franceschini - Di Pietro e il Referendum truffa
di Fulvia Bandoli
Mar, 12/05/2009 - 07:16
I giornali sono pieni di parole pesanti a proposito del referendum e della decisione di votare SI ,assunta dal Pd ( ma pare anche dall’Italia dei Valori di Di Pietro) . Vannino Chiti esponente di primo piano del Pd chiede di ripensare la posizione assunta e di cambiarla. Un autorevole costituzionalista che aveva appoggiato il referendum a suo tempo, Michele Ainis, scrive che aveva firmato per il referendum ma che ora tutto è cambiato e che lui non voterà. Dunque non siamo solo noi di Sinistra e Libertà a ritenere la posizione del Pd e dell’Idv sbagliata e suicida, anche se nelle settimane scorse quando abbiamo cominciato a dirlo, noi per primi, ci hanno come al solito tirato stracci.
Meglio tardi che mai. E quindi noi insistiamo e tentiamo di portare altri argomenti a sostegno della nostra posizione, sperando che nel frattempo altri e altre rinsaviscano.
Non ci meraviglia che Berlusconi e il Pdl votino Si, infatti se si raggiunge il quorum e vincono i Si Berlusconi avrà, servito su di un piatto d’argento, un premio di maggioranza assoluta al suo partito (non alla sua coalizione com’è adesso) che lo porterà automaticamente al 51% della rappresentanza in parlamento.
Quel che risulta incomprensibile è come mai si siano schierati per il Si i due principali partiti di quella che dovrebbe essere l’“opposizione”. Proviamo ad analizzarne le motivazioni. Noi dicono Franceschini e Di Pietro siamo contro questa legge elettorale (il tristemente famoso Porcellum) e dunque siccome vogliamo cambiarla votiamo Si al referendum perché se vincono i Si la legge sarà troppo sbilanciata e così disordinata che dopo sarà per forza necessario cambiare tutta la legge. Più contorto e autoreferenziale di così il ragionamento non potrebbe essere, non importa nulla che i quesiti referendari mantengano invariate le due cose peggiori della legge (le liste bloccate e un premio di maggioranza esagerato…talmente esagerato che non esiste in nessun paese d’Europa), non importa nulla che Berlusconi abbia detto che se vincono i Si lui sarà ben contento di tenersi la legge così come uscirà dal referendum e che non ha nessuna intenzione di cambiarla. La verità è che l’iniziativa referendaria partita in un contesto diverso da quello attuale si trova oggi a fare i conti con il fatto che nel frattempo sono nati due “partiti” che vorrebbero ridurre al solo confronto tra loro il dibattito politico nel Paese (il cosiddetto bipartitismo forzato) , esperienza traumatica e svilente. Se 24 mesi fa si parlava in questo paese di eccessivo pluralismo di forze politiche, di troppa frammentazione adesso siamo all’opposto, siamo ai partiti unici e al tentativo chiarissimo di abolire qualsiasi pluralismo.
Come faccia il Pd a non vederlo, e a non capire che in questo modo non solo fa un favore a Berlusconi ma mina irrimediabilmente il terreno per future alleanze e per una nuova coalizione che possa sperare di battere il centro destra, resta un mistero!
O meglio un ennesimo e grande errore politico, che si colloca sulla scia della sciagurata scelta che fu chiamata “ dell’autosufficienza del Pd”. Strategia che pareva abbandonata ma che la posizione referendaria del Pd reintroduce nuovamente.
Dopo aver molto dormito, qualche esponente del Pd ha in extremis presentato, la settimana scorsa, una proposta in parlamento per abolire il premio di maggioranza dalla attuale legge elettorale….questa sarebbe una strada che eviterebbe il referendum e toglierebbe alla legge una delle sue parti peggiori. Ma temo non ci sia più il tempo materiale per farlo .
Dunque resta solo una strada chiara e semplice: l’attuale legge elettorale va cambiata ma questo referendum non la cambia, anzi la peggiora. Su questo giudizio nessuno può smentirci. E dal momento che noi vogliamo cambiare radicalmente la legge elettorale vigente -dimezzando il numero dei parlamentari, abolendo le liste bloccate e reintroducendo il voto di preferenza e assumendo come riferimento generale il sistema tedesco- non avalleremo ora , come non abbiamo promosso in passato, un referendum peggiorativo.
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