Da La Stampa
27/5/2009
La lega del Sud
e il sonno della Sinistra
EMANUELE MACALUSO
Commentando l’iniziativa del presidente della Regione siciliana, Lombardo, di licenziare gli assessori per mettere in piedi un altro governo, alcuni giornali hanno parlato di «milazzismo». Il richiamo è dovuto al fatto che il «nuovo» governo non farebbe più riferimento alla larga maggioranza che sino a ieri ha sostenuto Lombardo (Mpa, Pdl, Udc), ma a un sostegno assembleare, senza riferimenti ai partiti. E il governo non sarebbe più costituito da una coalizione di partiti. Ma l’accostamento tra quel che vediamo oggi e la «rivolta» milazziana è improprio, se c’è una continuità va ricercata nella piaga del trasformismo tradizionale che oggi però tocca punte inimmaginabili. L’operazione Milazzo maturò nel 1958 dopo una lunga battaglia sui temi dello sviluppo, dell’industrializzazione e dell’autonomia, condotta da una forte opposizione della sinistra (Pci e Psi) unita e dal sindacato, che incideva anche nel mondo influenzato dalla Dc. Non fu un caso che parte rilevante di quel movimento che scosse la Sicilia l’ebbe la Sicindustria, diretta dall’ing. La Cavera, che si contrappose alla politica nordista della Confindustria sino alla rottura: La Cavera fu espulso dalla presidenza nazionale degli industriali. La Dc si spaccò e Silvio Milazzo, vecchio popolare sturziano eletto dall’Assemblea regionale siciliana in contrapposizione al candidato ufficiale del partito sostenuto da Fanfani, formò un governo «anomalo»: composto da dc scissionisti (che diedero vita a un partito autonomista) con la partecipazione di socialisti, un indipendente eletto dal Pci e di uomini della destra, appoggiato dall’esterno dal Pci. Una coalizione che fu sostenuta da un forte movimento di massa.
Nel 1959 si svolsero le elezioni regionali e la Dc, per tornare al governo, stipulò un «patto anticomunista» con la destra, ma Milazzo col suo partito ottenne un grande successo, fece un nuovo governo «monocolore» sostenuto solo dalla sinistra. Resse meno di un anno: il governo centrale e i poteri forti si mobilitarono e acquisirono per conto della destra siciliana alcuni assessori di Milazzo. Sarebbe lungo scrivere sulle cause più profonde di quella crisi che maturò mentre a Roma incubava il centrosinistra di cui il Psi sarebbe stato una componente fondamentale. Mi preme sottolineare la diversità su cui oggi matura la crisi in Sicilia. Non c’è più un forte movimento di massa paragonabile a quello che si manifestò a fine Anni 50. Oggi la crisi sembra maturare essenzialmente come contraddizione all’interno della maggioranza. Le cronache raccontano la guerriglia di potere scatenata all’interno del partito berlusconiano, la rottura tra il vecchio presidente della Regione, Cuffaro, e il nuovo, Lombardo, che ha sradicato un sistema di potere per costruirne un altro. Lo scontro tocca anche i vertici romani dato che il Pdl in Sicilia è governato dal presidente del Senato Schifani e dal ministro della Giustizia Alfano, attraverso un «coordinatore», Giuseppe Castiglione, definito «un farabutto» dal sottosegretario Miccichè, tutti uomini del Cavaliere.
Ma attenzione. La crisi ha anche un risvolto politico e sarebbe sbagliato non vederlo. Il «sicilianista» Lombardo aveva stretto un patto con Berlusconi (per la «rinascita» dell’Isola) e si ritrova a contrastare il governo più nordista che l’Italia abbia mai avuto. È l’accusa che l’on. Adriana Poli Bortone dalla Puglia ha fatto, motivando il suo distacco da An e dal Pdl e promuovendo un movimento per il Sud. L’intreccio tra motivazioni politiche e di potere è spesso stretto, ma occorre leggerne i caratteri. Oggi sembra che sia la debolezza dell’opposizione a sollecitare una lotta politica e di potere nel partito berlusconiano. Annibale non è alle porte e le guerriglie sono all’ordine del giorno. Tuttavia, questo panorama segnala un appannamento del ruolo di Berlusconi. Il quale è in difficoltà non solo per il «caso Noemi» ma per un certo mutamento del clima politico. La crisi economica si fa sempre più stringente. E le difficoltà politiche più serie possono venire dall’ulteriore emarginazione del Sud, dal riproporsi in termini nuovi di una questione meridionale, mentre si discute solo di una «questione settentrionale» nei termini imposti dalla Lega. La risposta, però, non può essere la Lega del Sud a cui forse pensano Lombardo e altri. Ma se la sinistra non si sveglia, in questo Paese, oggi tutto è possibile.
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