martedì 30 settembre 2008

Calabresi: è bolscevismo, viva la libertà

da La repubblica

Sul piano anti-crisi a nulla sono valsi gli appelli di Bush e Paulson
Da Obama e McCain un invito comune: "Troviamo insieme una soluzione"
Lo strappo dei peones repubblicani
"E' bolscevismo, viva la libertà"
dal nostro corrispondente MARIO CALABRESI

George W. Bush
NEW YORK - Sono stati tutta la mattina attaccati al telefono, a pregare i
deputati
di non tradire la "loro" Casa Bianca. George Bush, Dick Cheney, il
ministro del
Tesoro Paulson e il capo di gabinetto Josh Bolton si erano divisi le
chiamate in una
disperata lotta contro il tempo: 25 a testa per convincere i ribelli ad
approvare il
piano di salvataggio da 700miliardi di dollari.

Servivano 100 voti repubblicani, ne sono arrivati soltanto 65. Wall Street
che già
perdeva, quasi avesse presagito il disastro, è crollata senza scampo e ora
nessuno
può immaginare cosa succederà.

A 35 giorni dalle elezioni la rabbia del popolo conservatore ha pesato
molto più
delle preghiere di un presidente a fine corsa. Le aveva provate tutte
Bush, anche
l'appello televisivo - deciso all'ultimo momento domenica sera - all'alba
di lunedì.
I giornalisti avevano ricevuto un'inattesa e irrituale convocazione
urgente che
diceva di presentarsi alla Casa Bianca alle sei e mezza del mattino. "Ogni
membro
del Congresso ed ogni americano - aveva sottolineato - devono aver ben
chiaro che un
voto per questa legge è un voto per prevenire un danno economico a voi e
alla vostra
comunità. Il piano Paulson è una legge coraggiosa di cui è necessaria rapida
approvazione".

Tutto inutile. E' bastato ascoltare gli interventi dei repubblicani
conservatori nel
dibattito alla Camera per rendersi conto che la ribellione non era stata
per nulla
domata: "Nella rivoluzione bolscevica lo slogan era: pace, terra e pane.
Oggi la
scelta è tra pane e libertà. La gente della strada - ha scandito il
deputato del
Michigan Thaddeus McCotter - ci ha detto che preferisce la libertà e io
sono con
loro". Inutile anche che i capigruppo si affannassero a spiegare che
c'erano stati
dei miglioramenti.






"Il piano è una grossa merda di vacca con un dolcetto in mezzo", ha
replicato dal
suo banco Paul Broun, un rappresentante della Georgia. Adesso nessuno ha
più chiaro
cosa fare: Bush ha mandato avanti uno dei suoi portavoce il giovane Tony
Fratto per
dire che "era molto contrariato"; la presidente della Camera Nancy Pelosi
ha ammesso
che "il piano è fallito" e che ora ricominceranno le trattative; Barack
Obama, che
era a Denver, ha cercato di mostrarsi tranquillo: "Il piano non è morto:
ho fiducia
nel fatto che ci arriveremo ma sarà un percorso accidentato. E' importante
che in
questo momento gli americani e i mercati finanziari mantengano la calma".

Si pensa di riprovare, ma oggi è impossibile: dal tramonto di ieri è
cominciata la
festa di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico, e il Congresso sarà chiuso.
Impossibile anche immaginare da dove ripartire: dopo una settimana di
trattative il
piano era già "lievitato" da 3 a 106 pagine, si era riempito di clausole
volute dai
due partiti, ma non era mai abbastanza. Hanno votato contro 95 democratici
e 133
repubblicani, per i primi il piano era troppo sbilanciato verso Wall
Street e troppo
penalizzante per i cittadini comuni. Per i secondi invece era indigeribile
una legge
che si presentava come il più consistente intervento pubblico
nell'economia degli
Stati Uniti dai tempi della Grande Depressione, non si poteva approvare un
piano in
odore di "socialismo".

Per la base repubblicana George Bush è ormai irriconoscibile, la sua
predicazione
"conservatrice" e "liberista" appare gettata alle ortiche e anche John
McCain, dopo
il blitz a Washington della scorsa settimana ieri ha preferito defilarsi e
tornare
in campagna elettorale. Un suo portavoce aveva detto che sarebbe stato a
Washington
mercoledì e che "sperava di riuscire ad arrivare al Senato per votare, ma
che tutto
dipendeva dagli orari". Il candidato repubblicano era convinto che alla
fine la
legge sarebbe passata ma se ne voleva tenere lontano e per non farsi
infettare
dall'impopolarità del presidente è corso a fare un comizio insieme a Sarah
Palin a
Columbus in Ohio e oggi sarà in Iowa a parlare di piccole imprese. Nel
discorso dai
toni populisti che si era preparato prometteva di "ripulire Wall Street dalla
corruzione e di riformare Washington", ma dopo la bocciatura è rimasto in
silenzio e
nessuno dei suoi ha fatto commenti.

Anche tra chi aveva deciso di dare il via libera alla legge i malumori e le
incognite erano numerosissimi: nessuno sapeva davvero quanto sarebbe
costato alla
fine il piano, le cifre fornite al Congresso erano stime indicative ma era
chiaro a
tutti che il prossimo presidente si sarebbe trovato con le mani legate, un
deficit
stellare e poche possibilità di una politica di spesa.

Anche per questo McCain e Obama erano freddi e distanti. Ma ora chiunque
vinca
rischia di trovarsi di fronte ad un cumulo di macerie.

Come in ogni dramma che si rispetti alla fine della giornata è cominciato lo
scaricabarile: i leader repubblicani della Camera hanno accusato Nancy
Pelosi per il
voto negativo: "Gli americani sono arrabbiati e anche noi - ha detto il
capogruppo
dei deputati John Boehrer - perché ha fatto un discorso di parte e ha
avvelenato i
repubblicani: per colpa sua abbiamo perso almeno una dozzina di voti". La
leader dei
democratici aveva detto di aver vinto "concessioni importanti" dal governo
ma poi
aveva aggiunto: "Quando è stata l'ultima volta che qualcuno ti ha chiesto
di dargli
700 miliardi di dollari? E' una cifra pazzesca che ci dice qual è il costo
della
politica fallimentare dell'Amministrazione Bush costruita su bilanci
spericolati, su
una mentalità in cui tutto è permesso e su un sistema senza regole e
controlli. Il
nostro messaggio a Wall Street - aveva concluso - è che la festa è finita".

Boehrer, che è lo storico rappresentante dell'Ohio, ora cerca di liberarsi
dall'accusa di essere lui il grande sabotatore, ma è difficile dimenticare
come
proprio la scorsa settimana si fosse messo alla guida dei ribelli: aveva
osando
opporsi al suo presidente e bocciare il piano andando a dirglielo
direttamente alla
Casa Bianca. E ieri prima di votare a favore (non poteva fare altro) aveva
detto:
"E' il voto più difficile: nessuno vuole farlo, nessuno vuole starci vicino e
anch'io non voglio che il mio nome sia associato a questo piano".

Mentre il Dow Jones crollava di oltre 700 punti, battendo il record negativo
stabilito dopo l'11 settembre, i centralini della Camera sono stati
intasati dalle
telefonate. I contatti e le mail hanno mandato in tilt il sito internet del
Congresso, dove i cittadini possono scrivere direttamente ai loro
rappresentanti. A
guardare i sondaggi si potrebbe immaginare che la maggioranza volessero
complimentarsi per la bocciatura del piano, ma da questa mattina forse tutta
l'America si renderà conto che il fallimento di Wall Street trascinerà
tutto il
Paese al fondo dell'abisso.

(30 settembre 2008)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Siamo oramai al mondo virtuale dei baccelloni de L'invasione degli
ultracorpi. Nella
notte un clone comunista di Bush ne ha preso il posto, cercando di imporre
drastiche
misure volte alla nazionalizzazione del debito e alla sua socializzazione.
Siamo
effettivamente al "socialismo dei banchieri" (Lord Keynes, nevvero?), alla
faccia di
anni ed anni di prediche su "libero mercato". Una delle palle piu'
colossali che la
modernità ci abbia regalato...
cv