E' sorprendente la scarsa considerazione con la quale è stato accolto e raccontato, fuori d'Israele, l'attentato nel quale è rimasto ferito Zeev Sternhell, storico e studioso di scienze sociali che a quel paese - che è anche la sua patria -, e alle sue culture politiche, ha dedicato alcuni tra i migliori studi esistenti (ancorché da molti letti con legittimo spirito critico). La drammatica vicenda pare essere stata consegnata, fin da subito, all'archivio della memoria, invero assai claudicante. In Italia, a parte qualche rimando di cronaca e un affettuoso richiamo, a mo' di elzeviro, comparso su l'Europa, a firma di Janiki Cingoli, ben poco d'altro è passato. Diciamo allora che la questione ci riguarda poiché non è una vicenda privata bensì uno degli indici della crisi della politica, in quello come in altri paesi. Quando si tocca il grado zero del confronto si passa alle vie di fatto, colpendo quello che si reputa essere, nel medesimo tempo, l'anello più fragile (poiché indifeso) e più forte (poiché in possesso di argomentazioni robuste, irritanti per chi non ha nulla da controbattervi). Sternhell, infatti, è tutto fuorché un accademico geloso delle sue prerogative. Del pari a molti suoi colleghi, ha sempre pensato che all'impegno intellettuale dovesse accompagnarsi quello politico e, se così la si vuol chiamare, la testimonianza morale. Quest'ultima è essenzialmente lo sforzo per raccontare e comprendere quello che per i tedeschi è Zeitgeist, lo spirito del tempo corrente.
Il punto di congiunzione tra le diverse anime del suo lavoro è stata la pubblicistica che, in Israele più ancora che in altri paesi, implica il prendere costantemente posizione attraverso la stampa periodica e i quotidiani. Sternhell, tra i fondatori del movimento Shalom Aksciav - Peace Now - Pace adesso, è notista per il quoridiano Ha'aretz. Solo uno sguardo pregiudizialmente disattento può indurre nell'osservatore quella miopia di giudizio per la quale non si coglie quanto sia ampia in Israele la discussione su di sé e sugli altri, ovvero sulla propria identità (la cui natura artificiale, ancorché non artificiosa, ovvero il suo essere un costrutto eminentemente storico, è acclarata) come su quella degli interlocutori e degli antagonisti.
Non è un caso, quindi, se proprio lui - o per meglio dire la sua figura di intellettuale - sia stato fatto oggetto della violenza terroristica. Il fatto che non ne sia perito non attenua la gravità del gesto. Sternhell si è ripetutamente pronunciato contro la politica di costruzione di insediamenti ebraici nei Territori palestinesi. Così come non ha mai lesinato sulle ipotesi di un accordo quadro con la controparte in Cisgiordania e a Gaza. Il silenzio con il quale è stata accolta la violenza da lui subita fa il pari con la cacofonica campagna, più volte ripresa anche nei mesi scorsi, per il boicottaggio delle università israeliane. Ci si rende conto che se tale scempiaggine fosse passata ora, a essere posti nella condizione di non potere comunicare al di fuori della cerchia scientifica, intellettuale e politica del proprio paese ci sarebbero proprio uomini come Sternhell?
Claudio Vercelli
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