lunedì 22 settembre 2008

Bagnoli: il PS e la sinistra italiana

Dal sito de L'Avvenire dei Lavoratori
Il dibattito a sinistra

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Il PS e la sinistra italiana

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Per chi si professa di sinistra e socialista in modo particolare, il problema è quello di salvare l’idea stessa di sinistra. Come si può altrimenti parlare di socialismo?

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di Paolo Bagnoli

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A qualche mese dalla ricostituzione del partito socialista, in un congresso pieno di speranza e di emozionante attesa, non abbiamo visto quello che avremmo desiderato: vale a dire collegare strettamente la questione socialista con quella della sinistra. Non ci sembra pensabile, infatti, che il partito socialista possa ritenere di risorgere, se pur attraverso un processo che non può che essere lungo e travagliato, se non assumendo in sé la questione più generale della rinascita della sinistra italiana cui deve concorrere quale soggetto protagonista. Se così non è, sarà difficile che ci sia futuro; ci sarà altro ed il socialismo italiano, al di là di ogni intenzione e ragione, dovrà rimandare a chissà quando l’appuntamento con la vicenda storica del Paese.
La sinistra italiana sta vivendo momenti oltremodo difficili. Per affrontarli si richiede uno sforzo di ragionamento che coniughi, sostanzialmente, due fattori: il senso della criticità del reale e le motivazioni dell’intenzione cui segue la scelta politica. Vogliamo dire che occorre pensare avendo il senso del tempo presente e di quelli futuri alla cui costruzione si vuole concorrere. Occorre cioè rifuggire dalla tentazione di risolvere nella “politica politicata” questioni di grande rilevanza senza che ciò, tuttavia, rimandi ad un futuro più o meno prossimo la soluzione del problema ed, in primo luogo, occorre naturalmente aver chiaro quale esso sia.
Noi crediamo che oggi, per chi si professa di sinistra e socialista in modo particolare, il problema primario e pregiudiziale sia quello di salvare l’idea stessa di sinistra – se ciò non avviene, infatti, come si può parlare di socialismo? - e su questa portare il suo contributo ed il suo impegno, all’opera di ricostruzione e riposizionamento nel panorama politico del Paese, sia definendo idealmente e culturalmente la propria posizione, il senso di essa in relazione alla rappresentanza sociale che si vuole esprimere, i modi e le forme con le quali caratterizzarsi nella lotta politica, le relazioni possibili con l’insieme dei soggetti sociali e politici con i quali si possono eventualmente realizzare intese ed alleanze. Occorre, cioè, rielaborare un’idea di sinistra che contribuisca alla definizione di un “pensiero compiuto” del Paese visto, appunto da sinistra – per chi scrive da posizioni di “sinistra socialista” - prima ancora che governato anche dalla sinistra. In altri termini, occorre recuperare una autonomia di funzione, di valori e di rappresentanza quali lievito di una ragione che discende direttamente dalla storia del movimento operaio dei due secoli che ci stanno alle spalle e che rappresenti, in sé, un’alternativa non solo e tanto alla destra, poiché ciò è nella naturalità delle cose, ma a quanto l’attuale capitalismo determina per correggerne le gravi storture sociali, civili e culturali che stanno decomponendo il tessuto profondo della società secondo derive veloci camuffate da modernizzazione.
In un mondo nel quale le ingiustizie e le differenze sociali si allargano sempre più, le libertà e la democrazia perdono di valore e sono inevitabilmente a rischio; i processi di incivilimento regrediscono e le logiche del profitto e della disumanizzazione dei rapporti e delle condizioni sociali rischiano di essere accettate come un qualcosa di inevitabile; come un prezzo obbligatorio da pagare.
A cosa, però? Purtroppo all’acuirsi delle differenze di classe, all’instabilità del lavoro, all’allargamento delle sfere concernenti i diritti dell’individuo in quanto persona, a ritenere che la vita degli uomini sia regolata solo dal profitto per cui tra “vivere” e “sopravvivere” alla fine non c’è differenza alcuna, a ritenere che le tutele sociali conquistate nel corso di lunghi anni, talora a prezzo di aspre lotte, siano un qualcosa che non solo le società attuali non possono permettersi, ma che sia addirittura antistorico porsi il problema rispetto al presente, alla rinuncia ad essere protagonisti della propria esistenza e ad avere un futuro.
Oggi, per salvare la sinistra, le sue ragioni e quelle del socialismo, è dalla consapevolezza di tutto ciò che occorre ripartire; certo che esiste anche altro, ma questi ci sembrano i fondamentali. E’ chiaro che rispetto a tale quadro vi possono essere e ci sono proposte diverse dovute alle diverse riconosciute culture della sinistra, ma prima delle diversificazioni è necessario fissare il presidio di valore dei problemi che, chi si colloca a sinistra, deve affrontare in un fase della vita italiana che sconta la ventata dell’inutilità dell’essere di sinistra; una ventata che ha permesso alla destra di possedere una forza senza pari anche perché senza contrasti e vera opposizione parlamentare. La consapevolezza di tutto ciò sembra, tuttavia, un problema che a sinistra non è condiviso; la smania governista della “politica politicata” vive in ampi settori di essa; il problema sembra essere solo quello di ricomporre una relazione di centro-sinistra con il partito democratico come se i tempi ulivisti od unionisti fornissero ancora modelli validi non solo per battere la destra, ma per assicurare processi riformatori acuti capaci di rompere le concatenazioni perverse indotte dal capitalismo globalizzato e da una democrazia concepita senza la gente.
Se si ritiene che la sinistra – e, ripetiamo, con essa il socialismo - possa rinascere con capacità autonoma e profilo alternativo solo sul modulo della rivincita del governo, si fa un grande errore e si dimostra di non aver compreso la gelida replica della realtà che ci viene dal voto: quel modello di governo di centro-sinistra è stata cancellato e sepolto; offrire al partito democratico la disponibilità per rimetterlo in piedi per sconfiggere Berlusconi non solo è illusorio, ma nega il presupposto stesso della lezione che alla sinistra tutta, socialisti e comunisti, viene dal voto: mancanza di consapevolezza di se stessa e dei propri valori, sostanziale subalternità non solo a logiche che sembravano avere il profilo del realismo.
Pensiamo che il partito democratico non disdegnerà le profferte per una colleganza esterna, ma il tutto finirà per vivere dentro l’angusta logica di un governismo per di più senza governo. Oggi un processo serio di ricostruzione della sinistra non può che esprimersi nell’opposizione; se necessaria anche al partito democratico. Infatti, anche le scelte per gli enti locali per il cui rinnovo si voterà l’anno prossimo non avrebbero senso per le forze di una sinistra autonoma e larga, qualora vi fossero condizioni politiche e programmatiche per farle, se profilate nella logica dei vecchi centro-sinistra: vorrebbe dire non aver compreso quello che è successo e non voler essere se stessi.
Ricostruire una sinistra italiana all’altezza del compito significa pensarla in termini larghi nei quali ognuno dei singoli componenti faccia la sua parte, rifuggendo dalla suggestione delle formule secondo le quali si è, volta a volta, uniti e plurali, radicali, movimentisti o riformisti e chi più ne ha più ne metta; significa pensarla secondo canoni di autonomia culturale e di proposta politica; attenti alle questioni di governo secondo il principio di responsabilità verso la comunità nazionale che non viene meno stando all’opposizione; non assillati dalla necessità del governo, ma pronti a non tirarsi indietro, ad ogni livello, non perché si deve fare blocco contro la destra, ma perché le condizioni delle alleanze sono possibili.
Non è facile costruire una sinistra larga, ma occorre partire da quello che c’è e da chi ci sta senza pensare a ricette già pronte; queste non ci sono, ma solo l’intenzione comune di rinascere per essere una soggettività politica che si ponga di coniugare democrazia, libertà e giustizia sociale permetterà di trovare pure le forme che concretizzino l’avvio del processo. A Montecatini abbiamo sperato che questo fosse il primo campo di applicazione per il rinato partito socialista. Continuiamo a pensarlo, ma il tempo corre e la speranza non basta.

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*) Ordinario Dottrine Politiche all'Università di Firenze, direttore ISRT

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