sabato 20 settembre 2008

melandri: la grande fuga

La “grande fuga” da un’indifferenza agnostica che ci sta assorbendo tutti come una nuvola nera



Senza andar troppo indietro nel tempo, si può dire che aveva cominciato il laico Eugenio Scalfari su la Repubblica di domenica 05 novembre 2006, con il rilevare che, “a guardare con occhi distaccati (ma è possibile?) l’Italia di oggi viene in mente uno specchio rotto”.



Ha proseguito poi il sociologo cattolico Giuseppe De Rita sul finire del 2007, che nel 41° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese ha scritto che l’Italia è un Paese abitato da “una società mucillagine dove tutte le componenti stanno insieme perché accostate, non perché siano integrate”.



In molti si sono accodati a formulare metafore in tema, e lo stesso Scalfari il 27 aprile 2008 tornò a ribadire: “lo specchio è più rotto di prima”.



Confesso però di essere rimasto particolarmente colpito dal contenuto di una lettera pubblicata su “L’espresso” in edicola il 5 settembre 2008, e dalla risposta di Stefania Rossini, la quale, a chi le testimoniava sugli amici tutti di sinistra …. “altro che accettare il diverso, loro non sono neppure in grado di accettare qualcuno se estraneo alla propria cerchia familiare e di interessi”, appunto rispondeva: “È un’indifferenza agnostica, che ci sta assorbendo tutti come una nuvola nera”.



Giorgio Ruffolo due giorni prima, aveva denunciato fra l’altro una deriva verso il “privatismo, la riduzione di ogni aspirazione a interesse privato, l’insensibilità per valori politici che lo trascendono, l’insofferenza di ogni regola che si imponga alle pretese del –particolare-”, sotto il titolo, drammatico a voler ben vedere: “È la decomposizione il rischio per l’Italia” (la Repubblica mercoledì, 03 settembre 2008).



Ma stiamo ancora scivolando più giù. Su la Repubblica di martedì, 16 settembre Michele Serra riporta una frase della “ famiglia di lavoratori immigrati che piange il suo Abdoul, ucciso a sprangate da due baristi milanesi”, «Credevamo di essere italiani, ora sappiamo di essere neri», e subito aggiunge: “Non si vive più come persone, in questo Paese, non più come individui, ma come appartenenti a sotto-categorie nazionali e razziali”.



E per chiudere questa “rassegna stampa” davvero horror, arrivo al Corrado Augias di oggi 19 settembre, il quale lamenta con amarezza che è la società civile che, a suo parere, manca nel paese, e andando molto più indietro nel tempo di quanto abbia fatto io cita il ”Discorso” sopra i nostri costumi di Giacomo Leopardi che nel 1823 così descriveva il suo (e purtroppo anche il nostro) presente: «A differenza delle altre nazioni, ella [l’Italia] è priva ancora di quel genere di stretta società definito di sopra. Molte ragioni concorrono a privarnela, che ora non voglio cercare. Il clima che gl’inclina a vivere gran parte del dì allo scoperto, e quindi a’ passeggi e cose tali, la vivacità del carattere italiano che fa loro preferire i piaceri degli spettacoli e gli altri diletti de’ sensi a quelli più particolarmente propri dello spirito, e che gli spinge all’assoluto divertimento scompagnato da ogni fatica dell’animo e alla negligenza e pigrizia? Certo è che il passeggio, gli spettacoli, e le Chiese sono le principali occasioni di società che hanno gl’italiani, e in essi consiste, si può dir, tutta la loro società».



Per Augias, dopo 180 anni, più o meno siamo ancora lì.



Noi “cittadini semplici” possiamo davvero consolarci concludendo che quelle qui riportate sono tutte esagerazioni?, oppure, come fa ad esempio un “vanesio” G. Paolo Pansa, possiamo consolarci anche noi recandoci al Meeting di Rimini di Comunione e liberazione dove Lui è tornato dopo anni e dove è stato abbracciato da “… un popolo, ossia una folla sterminata di gente comune, però non qualunque. Spesso di condizioni modeste e a famiglie intere. E (dove) tutti avevano nel cuore il desiderio di stare insieme, ma anche di incontrare persone diverse da loro”.?



Ciascuno è ovviamente libero di “impiccarsi” con la corda che crede più robusta, in me, non credente sempre più incallito cresce sempre più la convinzione che in questo Paese, per come è, dobbiamo sperare che la Chiesa cattolica trovi il modo di “riformarsi nel cammino arduo della storia”, per dirla con le parole di Benedetto Calati, perché, per passare a quelle del Cardinal Martini “la Chiesa dovrà farsi venire qualche idea”, diversamente, se dobbiamo contare solo sulle forze politiche, continueremo ad assistere al “trionfo della stupidità e dell’egoismo”, e sarà forse impossibile una rivincita della ragione.



A livello individuale, diciamo così, privato ma nobile, in attesa di una umanità capace di seguire in massa le orme del professor Massimo Cacciari, che, ci informa Armando Torno sul Corriere del 7 settembre, “lungi dal negare l’esistenza di Dio, si chiede da dove Egli venga”, ci resta una più umana e modesta possibilità.



Utilizzare la psicanalisi, il tunnel scavato da Sigmund Freud, che ha messo in collegamento la parte razionale e quella irrazionale di ciascuno di noi, per salvarci uno per uno. Fosse segnalato in modo più adeguato il “tunnel” scavato da Freud, forse potrebbe consentire una fuga dalle religioni (anche da quelle sedicenti laiche), e sarebbe una “grande fuga” capace di far impallidire quella immortalata dal simpatico ghigno di Steve Mcqueen, perchè non penso sia un caso che se Darwin e Marx sono i preferiti nel mirino di papi, cardinali e vescovi del novecento (e nel duemila anche di segretari di partito di sinistra), questi in realtà sono solo bersagli di comodo, mentre il loro mortale nemico si chiama appunto Sigmund Freud.



Vittorio Melandri

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