sabato 20 settembre 2008

ricolfi: berlusconi tra fascismo e qualunquismo

dal sito de La stampa

18/9/2008

Berlusconi tra fascisti
e qualunquisti





LUCA RICOLFI

Riassunto delle ultime puntate: da alcune settimane, fra una gaffe e l’altra, fra una provocazione e una replica indignata, fra una dichiarazione e una smentita, è risuscitato in Italia un surreale dibattito su fascismo e antifascismo. Le gaffe principali sono di Alemanno e La Russa: il primo ha provato a sottilizzare, distinguendo fra leggi razziali (cattive) e fascismo (fenomeno «più complesso»), il secondo ha improvvisato una difesa dei ragazzi della Repubblica Sociale che «combatterono credendo nella difesa della patria». La provocazione è del presidente di Azione Giovani che nei giorni scorsi ha pubblicato una lettera in cui, dopo una rassegna delle violenze che i giovani di destra hanno subito per mano di «antifascisti», concludeva sconsolato: «Ce l’ho messa tutta per trovare un motivo valido per essere antifascista, ma non l’ho proprio trovato, anzi ne ho trovati molti per non esserlo».

Altri esponenti della destra, come Gianfranco Fini (An), Altero Matteoli (An), Claudio Scajola (Forza Italia), sono intervenuti per ristabilire risolutamente la scelta di campo, democratica e antifascista, dei rispettivi partiti nonché del nuovo partito - il Popolo della libertà - che sta sorgendo dalla loro confluenza.

Nel frattempo il povero Giuliano Amato, impressionato dalle gaffe del neo-sindaco di Roma Alemanno (prima sull’imprudenza dei turisti olandesi, poi sulla «complessità» del fenomeno fascista), ha rinunciato a presiedere la commissione Attali, che avrebbe dovuto favorire una discussione aperta e serena sul futuro di Roma. In mezzo a questa piccola tempesta mediatica non poteva mancare la voce di Silvio Berlusconi, che ha sostanzialmente snobbato la questione con un paio di dichiarazioni: «Se qualcuno è nostalgico verso i propri padri credo che non abbia importanza» e «Io penso solo a lavorare e a risolvere i problemi degli italiani».

Devo confessare che, lì per lì, l’atteggiamento di Berlusconi non mi è dispiaciuto. Intanto perché la maggior parte dei cittadini italiani ha ben altri problemi, e trova poco utili questo genere di diatribe. Poi perché troppe volte lo schermo dell’antifascismo è stato usato per azioni nefande o per campagne di disinformazione e di odio. E infine perché le parole stesse antifascismo e antifascista sono ambigue, dal momento che designano sia la ferma volontà di impedire qualsiasi ritorno di una dittatura fascista, sia la faziosità, l’intolleranza e la chiusura mentale di una parte dell’antifascismo militante (non per nulla, nella cultura politica italiana, ci sono anche gli anti-antifascisti).

Né si può negare a Berlusconi di aver spiegato bene il suo pensiero, almeno a Porta a Porta, quando ha aggiunto: «Non voglio dire che è una cosa di poco conto, ma è una cosa scontata e non vedo come ci possano esser dubbi su questo. (...) È importante che qualcuno si senta pienamente democratico e legato ai principi che sono alla base dello Stato e della democrazia e contenuti nella Costituzione e che in questi si riconoscano. Lascio la discussione sul passato ad altri».

E tuttavia, ripensandoci, mi resta il dubbio che avrebbe potuto (dovuto?) essere ancora più chiaro e più netto. Sia perché è il presidente del Consiglio, sia perché è il leader del primo partito italiano, un partito che sta nascendo proprio in questi giorni e quindi - come tutte le cose che prendono forma - ha bisogno di tracciare nettamente e nitidamente i propri confini. Berlusconi fa benissimo a dedicare il 99 per cento delle sue energie a risolvere i problemi di oggi, ma non sarebbe male che un 1 per cento fosse dedicato a dire in modo risoluto che - nel Pdl, il nuovo partito di cui sarà il fondatore e il leader - non c’è posto né per la destra nostalgica di Storace e Santanchè, né per chi la pensa come il presidente di Azione Giovani, perché il nuovo partito della destra italiana - come i suoi confratelli europei - non ha alcun dubbio su quale fosse la parte giusta ai tempi della Resistenza e della Repubblica Sociale. È chiedere troppo?

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