Dal sito www.sinistra-democratica.it
Precarietà e incidenti sul lavoro, due facce di una stessa medaglia
Il 5 giugno è stato presentato il terzo rapporto Nidil-Cgil in collaborazione con l’Ires e la facoltà di Scienza della comunicazione de La Sapienza. I dati riferiti ai lavoratori parasubordinati afferenti alla Gestione separata Inps nel 2007, tra uomini e donne in tutto 1.566.978, ci raccontano una situazione italiana che, al confronto con l’Europa, è un’anomalia.Se il numero dei lavoratori a rischio precarietà è diminuito, passando dalle 855.388 unità del 2006 alle 836.493 dell’anno scorso, non ne è conseguito un miglioramento della loro condizione economica. Per i collaboratori a progetto, infatti, i redditi passano, negli anni 2005-2006-2007, da 8.400 a 8.800 euro annui, incremento che però non basta a recuperare l’inflazione reale.Eppure l’inversione di tendenza, riguardo ai lavoratori a rischio precarietà, quei lavoratori, cioè, che sono in possesso di contratto atipico con reddito esclusivo proveniente dal lavoro subordinato, c’è stata. Il rapporto è chiaro in tal senso: questo risultato è stato possibile grazie “all’attenzione che il Ministero del Lavoro ha attribuito nel 2006-2007 alla lotta alla precarietà e alle false collaborazioni; l’aumento del contributo pensionistico di ben 5 punti percentuali rispetto al reddito, che ha reso meno conveniente per le aziende il ricorso alle collaborazioni; gli incentivi alla stabilizzazione, che hanno introdotto una legislazione premiante per le aziende che trasformano le collaborazioni in lavoro dipendente”.La fotografia scattata dal rapporto evidenzia come il lavoro parasubordinato è destinato in media ai “giovani” quarantenni, mentre i collaboratori hanno un’età media intorno ai 34 anni. Lo studio poi affronta quella che viene definita condizione di “intrappolamento” nel lavoro flessibile: 6 lavoratori su 10 rimangono nell’impiego atipico per due anni di seguito e oltre il 37% per l’intero triennio preso in esame.La segretaria generale della Nidil, Filomena Trizio, ha affermato che il rapporto “conferma quanto siano necessarie, per affrontare il tema della precarietà, politiche adeguate, che sappiano contrastare i fenomeni degenerativi basati su mere convenienze di costo del lavoro e tenere la flessibilità su livelli fisiologici. Da qui la necessità e la responsabilità per il nuovo governo di mantenere e rafforzare l’indirizzo intrapreso dal precedente governo”.Parole importanti che si spera siano ascoltate. Una speranza questa che, però, rischia di rimanere disattesa, basti pensare al clima di sostanziale stallo che sta caratterizzando la discussione sulla sicurezza sul lavoro, con Confindustria che si dichiara fermamente contraria al decreto Damiano e al Testo Unico, e col Ministro del lavoro che tarda ad agire. O ancora la volontà più volte declamata, del ministro del Welfare Sacconi di abolire la legge 188, quella pensata da Sinistra Democratica e approvata quasi all’unanimità dallo scorso Parlamento che combatte la piaga dei falsi licenziamenti (chi volesse può sottoscrivere la petizione in difesa di quella legge che si trova sul nostro sito).Precarietà del lavoro e sicurezza sul posto di lavoro sono due facce della stessa medaglia, due esiti di una concezione del lavoro ormai considerato come merce. Proiettati in epoche che pensavamo superate grazie all’impegno e alle lotte di tante lavoratrici e lavoratori, per uno strano scherzo del destino ci troviamo di nuovo al punto di partenza, con la messa in discussione di diritti che, ormai, davamo per scontati, sbagliando di grosso. Il livello di guardia deve restare alto, non c’è altro atteggiamento da tenere, visti gli ultimi avvenimenti. Un motivetto vecchio di anni e di sangue ci torna alla mente alla notizia che l’Ue ha approvato la direttiva che prevede la possibilità di aumentare le ore lavorative fino a 60 settimanali. Se otto ore vi sembran poche…Come non incastrare tutto in un macabro puzzle. Le tessere combaciano alla perfezione. Quindi il pensiero va alle stragi sul lavoro. A quella avvenuta alla dodicesima ora, durante gli straordinari. Alla più recente tragedia che fa riflettere, ancora una volta, sulla completa mancanza di una cultura della sicurezza, di un totale disinteresse per la fase della formazione dei lavoratori, unico modo per prevenire quegli errori fatali, commessi il più delle volte da lavoratori tenuti ostaggio dalla paura di perdere il posto. Si arriva, poi, alle finte collaborazioni che stanno trasformando i giovani precari in uno stuolo di vecchi. Il lavoro interinale che non permetterà mai una reale crescita del lavoratore, perché bisogna sempre ripartire da capo, e dal livello più basso.Primo Levi scriveva: “Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro, che purtroppo è privilegio di pochi, costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra. Ma questa è una verità che non molti conoscono”.
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Rapporto Nidil-Ires sui lavoratori precari.doc
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