Violenze alla lingua italiana
Se definissimo il Papa “Cattolicista” ?
di Alessandro Litta Modignani
Ha ragione Mario Monti quando fa notare sul Corriere della Sera che la parola “mercatista” non sta scritta in nessun vocabolario della lingua italiana. E’ un recente neologismo, inventato di sana pianta da coloro che, nell’epoca della globalizzazione, temono gli eccessi del libero mercato e auspicano un maggiore intervento dello Stato nell’economia e nel commercio internazionale. Giulio Tremonti, il cui ultimo libro riscuote grande successo, è il principale artefice di questa linea di politica economica, che i liberisti - ribattezzati appunto “mercatisti” - giudicano sbagliata e pericolosa.
Analogamente, durante gli anni del craxismo, andava di moda il termine “decisionista”, che altrettanto non significa nulla. Solo in un paese dalla vita pubblica inconcludente, bloccato dalla paralisi politica e amministrativa e incapace di riforme modernizzatici, l’aggettivo “decisionista” poteva incontrare tanta fortuna, quasi che il fatto in sé di prendere una decisione - non importa quale - fosse più importante del merito della decisione stessa.
Anche la Chiesa e il mondo cattolico non sfuggono a questa tentazione, forse non demoniaca ma certo mistificatoria. Il termine “laicista” è entrato di prepotenza nel linguaggio pubblico di questo decennio e viene ripetuto in modo martellante e ossessivo. Certo esiste una laicità liberale – fondata sul principio “libera Chiesa in libero Stato” – e una laicità illiberale, la cui massima espressione è stato il comunismo (che poi, a ben vedere, altro non è che una scimmiottatura del cristianesimo). Anche il nazionalismo è una forma di fanatismo laico e illiberale, da combattere al pari di tutte le ideologie totalitarie. Ma “laicista”, per favore, cosa vuol dire ?
Per rispondere a questa domanda, venne in soccorso un paio d’anni fa l’allora presidente della Camera Pierferdinando Casini. Lo Stato è laico se riconosce il valore positivo della religione, sostiene Casini, altrimenti è laicista. Ma questa è una definizione di comodo, assolutamente falsa e arbitraria. Per essere autenticamente laico, lo Stato liberale deve essere rigorosamente neutro rispetto al fenomeno religioso: né favorevole, né contrario. Solo così esso tutela la libertà di credenti, non credenti e diversamente credenti. Se lo Stato è contrario alla religione, non è liberale; se è favorevole, non è laico, altrimenti i non credenti verrebbero automaticamente declassati a cittadini di serie B, almeno sotto il profilo culturale e valoriale.
Quando lo stesso Papa Ratzinger parla di “sana laicità”, tenta di nascondere, sotto l’ambiguità del linguaggio, la pericolosità del suo disegno politico. La laicità non può essere giudicata sana o non sana sulla base del giudizio espresso dal capo di una confessione religiosa, perché altrimenti si verifica una contraddizione in termini – fra “laico” e “religioso” - che infatti pesa come un macigno sulla vita pubblica italiana.
Chi difende il libero mercato, è un mercatista ? Chi difende la laicità, è un laicista ? Tutto ciò è ridicolo. Forse un modo di reagire potrebbe essere quello di definire il capo della Chiesa cattolica… un “cattolicista”. E’ una provocazione, certo, ma magari potrebbe servire a svelare l’inganno che si cela dietro l’uso distorsivo delle parole e delle idee.
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