venerdì 13 giugno 2008

Pescati nella Rete: Claudio Treves

Difesa dei principi? Solo sulla carta
Il Consiglio dei ministri del Lavoro ha scelto una via ipocrita e grave per risolvere i nodi dell’Europea sociale: sulla carta i principi, nella realtà la loro asfissia.Solo così si spiega la scelta operata dalla presidenza slovena riguardo alle due direttive, sui diritti dei lavoratori temporanei e sull’orario di lavoro. Erano chiare le scelte sul tappeto, che bloccavano da anni, con il costruttivo apporto del governo italiano della passata legislatura, l’iter delle due direttive. Si dibatteva, infatti, se i lavoratori temporanei potessero avere riconosciuta la parità salariale con il lavoratore dipendente comparabile, e se la pratica dell’opting out, ossia la facoltà riconosciuta in particolare alla Gran Bretagna di poter derogare tramite accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro al limite vigente delle 48 ore settimanali, dovesse essere abrogato in virtù di un plafond di diritti riconosciuti a tutti i lavoratori europei in tema di salvaguardia della propria salute e sicurezza.
L’UE ha scelto: il principio della parità di trattamento per gli interinali è scritto nella direttiva, ma è ugualmente scritto che a livello nazionale può essere derogato da accordi tra le parti sociali. Ugualmente, è scritto che il limite orario è di 48 ore, comprensivo dello straordinario, ma si riconosce il diritto di ogni Stato membro a procedere, per legge o tramite accordo tra le parti sociali, a derogare alla previsione tramite il riconoscimento del diritto individuale al lavoratore di poter lavorare fino a 60 o addirittura 65 ore!
Lo sblocco, e la qualità di esso, è stato possibile perché due Stati rilevanti per dimensione e peso politico, ossia la Francia e l’Italia, hanno cambiato campo, scegliendo l’accordo con la Gran Bretagna e i nuovi Paesi, con l’eccezione dell’Ungheria, che con Spagna, Belgio, Grecia e Cipro ha votato contro il cosiddetto compromesso. La giustificazione espressa dal rappresentante del governo italiano è emblematica della miopia e della sciatteria con cui il nuovo governo ha gestito la vicenda: a noi non cambia nulla, la nostra legislazione è più avanzata, così abbiamo imposto regole a chi non ne voleva.
Ho parlato di miopia, in quanto non v’è chi non veda che la scelta compiuta determina un cambiamento di qualità della costruzione europea, che fa il paio con le ultime sentenze della Corte di Giustizia sulle distacco, sullo sciopero e sugli appalti: anziché indicare un percorso di armonizzazione dei diritti in una logica inclusiva bilanciando tutele sociali e concorrenza mercantile, si è scelto di incentivare la competitività tra i Paesi facendo leva sui minori costi e le minori tutele come arma competitiva tra gli stati membri.
Ne discenderà, in breve tempo, una pressione fortissima sui Paesi che hanno una legislazione ed una pratica contrattuale più favorevole ad adeguarsi alla crescente competitività delle merci dei Paesi più “liberali”, in base alla nota legge economica (detta di Gresham dal suo formulatore) in base alla quale la moneta cattiva scaccia quella buona.
La sottosegretaria Martini, che ha così validamente rappresentato il governo italiano alla sua prima prova in contesto europeo, forse la ignora. Il ministro Sacconi certamente no, e non a caso, solo due giorni prima dell’exploit del suo sottosegretario, a Santa Margherita si era espresso a favore di una “potente de-regolazione” del lavoro, in particolare sull’orario di lavoro e sul part-time. Viene a questo punto il sospetto che alla miopia anzi descritta si accompagni un calcolo furbesco, ossia di sfruttare, a suo tempo, la pressione derivante dalle minori regole vigenti in altri Paesi per imprimere una bella botte deregolativa a quanto resta di tutela nel nostro Paese.
Da questo punto di vista, Cgil-Cisl-Uil avevano chiesto in previsione del Consiglio europeo di Lubiana un incontro al Ministro, per chiedere che si confermasse la posizione assunta dal precedente governo: si sappia che non potrà, quello attuale, tentare ulteriori manovre divisorie tra le organizzazioni sindacali confederali, che sui punti in discussione, come su molte altre questioni, hanno da tempo ricostruito una tenuta salda e forte.
Adesso la battaglia si sposta al parlamento Europeo, dove approderanno le direttive per essere approvate, e lì si vedrà, anche tra i parlamentari europei di elezione italiana, il grado di condivisione per l’idea che la difesa delle persone che lavorano è qualità intrinseca del modello sociale europeo.
Dipertimento Politiche attive del lavoro Cgil Nazionale

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