da Metro
Il neosindaco di Roma, Alemanno, ha proposto di intitolare una strada a Giorgio Almirante, defunto leader missino, ai tempi alto funzionario della Repubblica di Salò. Ma ha precisato: solo se la comunità ebraica sarà d’accordo.
Antefatto: al momento della scarcerazione di Erich Priebke, detenuto per il massacro delle Fosse Ardeatine, l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella disse: “Se fossi un membro della comunità ebraica sarei indignato”.
Sembra, quasi, che il problema del fascismo abbia riguardato solo gli ebrei. Alle Fosse Ardeatine furono uccise 335 persone, gli ebrei erano 75: gli altri erano oppositori politici, detenuti comuni, gente che passava per caso. E anche Almirante, era un problema ebraico? Certo la repubblica di Salò si accanì in modo particolare sulla popolazione israelita, ma le fucilazioni di partigiani, la caccia ai disertori, le razzie non risparmiarono nessuno.
E allora perché queste dichiarazioni? Siamo in molti a non vederle come un riguardo verso gli ebrei italiani, ma come un tentativo – purtroppo riuscito – di banalizzare la storia in nome di una fantomatica “riconciliazione” di memorie. L’idea che passa, in questo modo, è che l’unica macchia del fascismo furono le leggi razziali (che certo ne furono il prodotto più abietto, ma non l’unico: ed erano scritte nel suo Dna) mentre tutto il resto erano peccati veniali: le leggi liberticide, le bastonature, il confino, le sconsiderate avventure africane.
Se Alemanno mi chiede il permesso, io gli dico un “no” secco. Ma glielo dico da cittadina della repubblica italiana, prima che da ebrea.
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