Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
lunedì 1 aprile 2013
Antonio Caputo: Nel frattempo legiferare
Il momento e' molto critico e occorre far funzionare le Istituzioni nell'interesse dei cittadini.
En attendant Godot (il nuovo capo dello Stato, anche il nuovo Governo?), a maggior ragione dopo avere sentito Napolitano prorogare di fatto Monti.
Il Parlamento puo' e anzi e' tenuto in forza del mandato popolare a legiferare anche senza l'insediamento di un nuovo Governo.
Sostenere il contrario significa paralizzare l'istituzione parlamentare che puo' e deve urgentemente e tra l'altro legiferare su : riforma del porcellum, misure economiche e fiscali anticrisi, nuova normativa su falso in bilancio e anticorruzione, sui crediti delle imprese verso la Pubblica Amministrazione, riforma del bicameralismo perfetto, costi diretti e indiretti della "non politica", autonomie locali, sistema sanitario e welfare , livelli essenziali di assistenza (Lea) .
Cose urgentissime tanto piu' urgenti a seguito della decisione odierna di napolitano di prorogfare di fatto il Governo Monti, non potendo sciogliere la Camere.
E' destituita di fondamento la tesi di alcuni costituzionalisti tra cui il Prof. Ainis secondo cui "i governi esistono perche' hanno un cordone ombelicale che li lega al Parlamento e non si puo', da un abuso che e' giusto denunciare, quello per cui troppo spesso le leggi le fa il Governo, finire nell'abuso opposto, di un Parlamento che pretende di sostituirsi al governo".
Non puo' esserci e non vi s' abuso, e' sufficiente leggere l'art.70 della Costituzione: " La funzione legiuslativa e' esercitata collettivamente dalle due Camere".
In claris non fit interpretatio!
Abuso sarebbe impedire al Parlamento di legiferare.
L'art.71 della Carta lo conferma attribuendo il potere di iniziativa delle leggi a ciascun membro delle Camere, oltre che al Governo, competendo sempre al Parlamento il potere di approvare le leggi , prima della loro promulgazione e pubblicazione.
Il Belgio e la Francia del 1799 evocati da chi non conosce la Costituzione non c'entrano nulla e casomai il cordone ombelicale parte dal popolo sovrano (art.1: "la sovranita' appartiene al popolo") che elegge il Parlamento da cui nasce il Governo se , dopo la nomina del Pesidente della Repubblica del suo Presidente (del Consiglio dei Ministri) e quando le Camere diano la fiducia (art.94: "Il Governo deve avere la fiducia del Parlamento").
In linea di principio dunque l'esercizio della funzione legislativa non solo non può essere precluso in assenza di un governo nella pienezza delle sue funzioni in quanto investito dalla fiducia,. ma e' un dovere dei Parlamentari eletti dal popolo.
Prima del Governo, in sostanza, viene sempre la maggioranza parlamentare che si forma in Parlamento.
La “solidificazione” della volontà popolare per un tempo definito avviene in altri sistemi di governo nei quali gli elettori sono chiamati ascegliere – non a caso esplicitamente – organi monocratici titolari di funzioni proprie di indirizzo politico (si pensi al Presidente nordamericano o a quello francese), “sganciati da un raccordo “esistenziale” con gli organi parlamentari.
Si tratta, in questi casi, di sistemi di governo più rigidi e più geometricamente stabili, certamente meno aperti alla dialettica politica rispetto a quello parlamentare ed esposti a cambiamenti strutturali dell’organo esecutivo che supporta il Presidente per ragioni collegate alla mera convenienza di quest’ultimo.
Se restiamo nel contesto parlamentare, viceversa, come e' stato detto, il corpo elettorale, una volta proceduto alla individuazione degli organi parlamentari, si dissolve come accade alla crisalide che lascia il bozzolo e diviene farfalla.
Sciolto il corpo elettorale si apre la strada alla rappresentatività del Parlamento ed all’esercizio della funzione parlamentare da parte dei soggetti ai quali essa viene demandata (i gruppi e i singoli parlamentari); tale funzione, nella sua massima estensione ipotizzabile, si spinge sino a consentire la formazione dell’Esecutivo come pure la conclusione di una esperienza di governo e pertanto alla fiducia iniziale ricevuta dall’organo potrà sempre seguire la sfiducia e la nascita di altro Esecutivo, sia pure a condizioni che possono variare rendendo talvolta più difficile il “rovescio” del Governo in carica (come accade con la c. d. sfiducia costruttiva).
La maggioranza parlamentare ha perciò una sua mutevole soggettività istituzionale; da questa maggioranza – non già dal pronunciamento del corpo elettorale – dipendono la sorte dei Governi e la stessa durata della legislatura che in effetti può concludersi anticipatamente rispetto alla sua naturale scadenza ove quel soggetto istituzionale non sia disponibile a sostenere un (non già il) Governo.
In questo “modello” non è richiesto al Governo di esaurire una volta per tutte il problema della sua legittimazione democratica e che la sua stessa ragion d’essere deriva dalla capacità di tale organo di sapersi raccordare alla maggioranza espressa dai rappresentanti del corpo elettorale, ai quali si demanda nell’arco temporale della legislatura la responsabilità delle fondamentali scelte politiche nazionali, presupponendo non solo capacità di lettura politica della realtà in costante divenire, ma anche autonoma cultura della progettazione degli indirizzi (insomma qualcosa di diverso dal prono, opportunistico adeguamento a quel che chiede il Governo o a quanto sembra emergere dai “sondaggi” in questa o quella materia).
Ci sarebbe, peraltro, persino di più: accettare l’idea di partenza che nell’ordinamento la maggioranza parlamentare ed il corrispondente Governo possono sempre cambiare così da perseguire indirizzi diversi da quelli che non incontrano più il consenso sufficiente per l’organo rappresentativo del corpo elettorale, può voler dire non sottovalutare le implicazioni connesse al vincolo solidaristico che lega la Comunità politica alla Istituzione parlamentare e che potrebbe richiedere a quest’ultima di assecondare non già operazioni di trasformismo parlamentare ma reclamate, ‘dal basso’, esigenze di cambiamento di indirizzo politico.
Tutto cio' non esclude in alcun modo il potere del Presidente della Repubblica , non Napolitano in semestre bianco, capo dello Stato e rappresentante dell'unita' nazionale, di sciogliere le Camere o l'una di esse, sempre dopo avere sentito i loro Presidenti, e a riprova della "sovranita'" del Parlamento.
Ma questo e' un altro discorso che riguarda il futuro che e' da costruire salvaguardando la centralita' del Parlamento. e la sua credibilita' a tutela dei cittadini e non gia' della partitocrazia semimpotente ma devastante di partiti spuntati..
.
Antonio Caputo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento