domenica 14 aprile 2013

Claudio Bellavita: Il contenitore PD

Dopo questa drole d'èlection, per riempire le pagine si strologa spesso sul futuro del PD: resterà unito, si dividerà,cosa succederà a Bersani, chi viene dopo. Forse sarebbe meglio fare un passo indietro per parlare di come è fatto il PD, cosa che non viene molto approfondita. Partiamo dal passaggio dal PC al PDS, una fase in cui c'è stata la massima apertura alla democrazia interna: correnti garantite a livello nazionale, voto segreto sui nomi anche all'interno delle correnti, unica pecca il tentativo di creare dentro al PDS gli stessi raggruppamenti politici che si aggregavano nell'Ulivo: come dire a tutti che l'Ulivo era una fase transitoria, il cui destino era l'egemonia da parte del gruppo dirigente proveniente dal PCI, che intanto sfoggiava un grande esempio di partecipazione democratica. Come rileva oggi Battista parlando di Bersani, è il complesso del comunista emiliano: si dialoga con tutti, si fanno anche ampie concessioni, purchè si riconosca che il pallino in mano ce lo hanno loro. Con queste premesse l'Ulivo è durato poco. Intanto, in questo nuovo contenitore del PDS si affermavano le fedeltà correntizie e personali, approfondite poi nei DS, che poi erano quelli del PDS la cui fedeltà ai capi nazionali aveva retto alla constatazione che erano degli incapaci. Da allora, il PD ha un gruppo dirigente nazionale, dove quelli che arrivano dalla Margherita sono sovrarappresentati perchè hanno riconosciuto chi ha il pallino in mano. Un gruppo dirigente che non accetta di essere discusso politicamente (vedi il trattamento a Renzi, e il povero Barca non sa cosa l'aspetta, diranno che è un agente della trilaterale in versione Obama) ma in cambio garantisce il cursus honorum negli enti locali e poi in parlamento ai suoi fiduciari sul territorio. Come avveniva nel PC, ma con la non lieve differenza che il cursus honorum non viene deciso collettivamente dal gruppo dirigente, e l'influenza della base è azzerata dall'organizzazione correntizia, basata sul porcellum interno e molto frammentata in sede locale, anche se con gli stessi riferimenti nazionali. Una situazione in cui nessuno comanda a niente, ma se vuoi accedere a qualunque gradino devi dire a quale dei sottopancia locali di quale dirigente nazionale dai la tua fedeltà. Un sistema perfettamente feudale: il valvassino deve giurare nelle mani del valvassore, che ha giurato nelle mani del grande vassallo. E l'iscritto che vuole crescere deve scegliersi il valvassino, non certo in base a cosa dice, perchè son sempre frasi fatte in serie. Per esempio vuoi mica che Alberto Monaci scriva nella sua mozione che lui garantisce la carriera dei dirigenti silenti del Monte Paschi: ma è così, e lui a sua volta ha giurato nelle mani di chi? E' chiaro che in questo sistema qualunque nuovo ingresso al vertice disturba moltissimo, quindi prima si contiene ( nel caso di Marino è bastato), poi si denigra, poi si ostacola, poi si ignora e infine si fa dire perentoriamente dai giornalisti amici: "questi sono qui per fare una scissione". Che in effetti sarebbe una catastrofe. Già oggi il PD nazionalmente conta poco, come certificato in modo notarile da un presidente che ha la stessa origine. Scisso si ridurrebbe da un lato a quel che fu Saragat quando c'erano i governi centristi, dall'altro a una petulante minoranza che si sente in diritto di misurare il tasso di sinistra di tutto il mondo, ma che è scaersa di aggiornamento culturale e soprattutto priva di base sociale, che sa cercare solo con la mediazione della CGIL, che sotto la retorica si ferma ai dipendenti pubblici e ai sempre minori occupati dell'industria medio grande, i quali ultimi peraltro votano poco per il pd.. Precari , disoccupati e studenti senza futuro, nel lessico del PD sono l'equivalente della solita conclusione dei grandi comizi del PC di una volta, quando si riempivano le piazze, l'appello generico e escatologico "ai giovani, alle donne, ai disoccupati, ai contadini del Sud, ai terremotati" e via aggiungendo (salvo gli immigrati che non votano e disturbano la coesione) C'è qualcuno che ha voglia e tempo di adeguare gli obiettivi del partito alla concreta situazione del paese e dei potenziali elettori? bisogna studiare e ricercare, meglio prendersi una borsa di studio per farlo all'estero, piuttosto che farlo per consentire un bel discorso a un gran vassallo. C'è solo da unirsi ai 200.000 giovani italiani che se ne vanno ogni anno, certo non i peggiori della loro generazione, e che non sempre tornano per votare.: han già votato coi piedi

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